Cosa ho capito dopo una giornata passata al mercato ortofrutticolo di Milano
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Cibo

Cosa ho capito dopo una giornata passata al mercato ortofrutticolo di Milano

Il mercato che decide cosa i milanesi metteranno in tavola. La vita vera inizia a mezzanotte, e chi lavora all'Ortomercato non ha in pratica nessuna vita sociale.

Qui è come Wall Street, la borsa della frutta e della verdura

Dal terrazzo di casa mia, a Milano, vedo i tetti laminati dell' Ortomercato. Sono sempre stata curiosa di andare a vedere cosa succede dentro quella enorme struttura di ferro cemento e vetri.

Ortomercato MIlano

Ortomercato di Milano, entrata.

Ho sempre pensato che sicuramente fosse un mondo a parte, con le sue regole, i suoi protagonisti, i suoi orari.

Ortomercato. L'opera di Dante Ferretti esposta a Expo Milano 2015.

Sono le 6.30, non c'è l'ho fatta ad alzarmi prima. Arrivo all'ingresso e sono confusa. Vengo immediatamente catapultata nel 2015, durante Expo: da pochi giorni hanno installato parte della riproduzione artistica del mercato, realizzata da Dante Ferretti, che per i sei mesi della manifestazione aveva occupato il decumano. Ritiro il mio pass alla portineria e attraverso i tornelli. Inizia una danza di muletti, biciclette e furgoncini che sfrecciano tra le corsie del padiglione A e B.

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Sono l'unica donna qui, e passeggio con aria da turista, quindi la mia presenza non passa esattamente inosservata. Io fingo di non notarlo e inizio subito a fare foto. Qualcuno mi sorride, altri mi guardano con sospetto. L'atmosfera è frizzante - se non fosse un paragone un po’ tirato, direi che mi sento quasi a un rave: voci, musica alta, urla dovunque mi giri.

Ho appuntamento con Fausto Vasta, presidente dell' Associazione Grossisti , per farmi raccontare un po' la storia del mercato più grande e vecchio - aperto nel 1964 - d’Italia. Saliamo in ufficio con un montacarichi e subito mi sento teletrasportata in un loft a Brooklyn - altro che Calvairate. Fausto, che lavora qui da 35 anni, ha la faccia stanca e il perché è facile da intuire: è in piedi dalle 3. Oltre al lavoro da presidente, guida anche la sua azienda import/export. Coordina la vita del mercato dopo diciassette anni di militanza nell'associazione “Perché qualcuno se ne deve occupare, i problemi sono quotidiani e tanti” mi dice come prima cosa.

Un po' di numeri: in questa struttura lavorano in media 1.000 dipendenti tra operai/ scaricatori e impiegati, 115 aziende grossiste, 100 piccoli produttori agricoli e una decina di esportatori, più 6 aziende che si occupano delle forniture per Eureca (servizi di ristorazione).

Il flusso giornaliero è di 4.000 persone e al sabato mattina, con l'apertura al pubblico, aumenta. Il sabato è un giorno complesso per chi lavora qui perché anche i privati possono entrare e comprare senza limiti. “Le famiglie numerose, soprattutto stranieri, vengono alla ricerca del prezzo più basso” mi spiega Fausto. Nel 1958 la sua famiglia, siciliana, si trasferì a Milano e qui iniziò a vendere agrumi. La maggior parte delle realtà dei grossisti sono come la sua, a conduzione familiare. L'Ortomercato racchiude e custodisce il passato e il presente dell'immigrazione italiana; negli anni '60 le famiglie dal Sud si spostavano nell a gran Milan in cerca di un'opportunità, e oggi sono queste stesse famiglie che offrono un'opportunità agli immigrati che nell'Ortomercato trovano dignità e stabilità. Il lavoro è una lingua che unisce.

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Girando per i padiglioni si attraversa mezzo mondo con italiani, slavi, marocchini, pachistani ed egiziani, tutti giovanissimi. I musulmani pregano durante le ore di lavoro, osservano il ramadan scrupolosamente. Nessun dibattito, per quanto appassionato, può spiegare in modo altrettanto efficace la parola integrazione. Direi che l'Ortomercato é la risposta per quelli che hanno paura, o che pensano che etnie, culture e religioni diverse siano necessariamente destinate al conflitto. Ma parliamo di orari. La vita del mercato inizia a mezzanotte. Gli scaricatori fanno una media di 12 ore: arrivano i camion e preparano le piazze per l'arrivo dei venditori alle 4.45, apertura ufficiale delle aste.

“Per noi vita sociale zero” dice ridendo Fausto, “Non ci sono feste, ponti e vacanze, la campagna non si ferma mai”. Infatti i problemi sono soprattutto legati al personale. È difficilissimo trovare nuovi dipendenti per via degli orari notturni; anche se prendono dei buoni stipendi durano 2-3 mesi, poi vanno via perché la la vita gli viene completamente sconvolta. “Ci devi nascere dentro in questa macchina. Io la chiamo la malattia: ci convivi e resisti perché non hai conosciuto altro”. La struttura è estremamente affascinante - tutta in cemento e ferro, con la luce filtra dalle alte vetrate delle corsie - ma ormai è archeologia industriale. Tra 4 anni si prevede la nuova apertura, un mercato 24 h su 24. Il cantiere dovrebbe partire all'inizio del 2019, dopo una demolizione e una ricostruzione a detta di tutti necessaria perché l'impianto non é più adatto alla nuova logistica: deve esserci una catena del freddo obbligatoria per tutti, per essere in linea con le certificazioni richieste.

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“Ci devi nascere dentro in questa macchina. Io la chiamo la malattia: ci convivi e resisti perché non hai conosciuto altro”.

Arriviamo ai prodotti. Qui si decide cosa metteremo in tavola noi milanesi. C'è frutta e verdura proveniente da tutto il mondo. Ogni azienda sceglie la sua linea di fornitori: c'è chi sceglie solo italiano, chi fa un misto con Europa e mondo (circa un terzo delle aziende). I nuovi ambulanti hanno portato sulle piazze tanti prodotti spagnoli, che costano meno. “L'esportazione, che riguarda il 35% del fatturato dell'intero mercato, è solo legata a merce italiana di altissima qualità. Questo valore è rimasto invariato, da quando è qui la mia famiglia”, dice Fausto “Invece con l'abolizione dei dazi l'importazione si è stravolta, permettendo la circolazione di prodotti dal Nord Africa a basso costo, che danneggiano così le nostre eccellenze”. Pensate che fino a 20 anni fa c'era il divieto di importare agrumi per tutelare i nostri. Tutte le regioni sono ben rappresentate: ci sono prodotti da Piemonte, Lombardia, Emilia, e ovviamente Sud Italia. Scopro una cosa curiosa: ogni anno c'è un forte incremento di ortaggi cinesi coltivati da aziende agricole tra l'Emilia e il cremasco. “Molti qui pensano che arrivino dall'Oriente, invece sono contadini cinesi che lavorano bene nel nostro territorio e coltivano ortaggi strani, tipologie di zucchine, cavoli e tuberi che anche io non ho mai visto” ride Fausto. Voglio sapere quali sono i prodotti più venduti. Un presentimento ce l’ho. “Da due anni c'è stata una richiesta pazzesca della frutta esotica, papaya, mango e ovviamente avocado, che però vengono prodotti ancora in gran parte in Sicilia. Al contrario c'è stato un calo di vendita delle pesche nettarine a causa della spietata concorrenza spagnola, che spinge i contadini a tagliare le piante perché c'è una sovrapproduzione”. Per esempio in questo momento meloni e fragole sono carissimi perché la richiesta c'è, a causa del caldo scoppiato in queste settimane, ma i prodotti non sono ancora pronti. “Il consumatore è strano, non fa i conti con le condizioni climatiche. Sembra che goda a pagare di più qualcosa che ancora non potrebbe avere. I problemi climatici ci sono sempre stati, ma il consumatore un tempo era meno fesso di oggi”. Professiamo la stagionalità ma vogliamo tutto 12 mesi all'anno.

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"Il rischio di farsi male qui dentro è altissimo e la gente che lavora duramente si merita di essere tutelata. Si fanno tutti un mazzo tanto.. . "

Voglio parlare anche con gli altri lavoratori, quindi scendo e mi butto nella mischia. Mi accorgo così che i prezzi non sono esposti: c’è un linguaggio in codice che solo chi frequenta il mercato conosce e utilizza per fare l'affare migliore. Incontro un venditore da Paparella, l'azienda più vecchia del mercato. “Qui è come Wall Street, la borsa della frutta e della verdura. Tutto succede in pochi minuti: le prime due ore sono cruciali, bisogna essere attenti, veloci e pazienti”. Mentre mi racconta queste dinamiche veniamo interrotti due volte da un signore. Sono nel mezzo di una trattativa e alla fine trovano l'accordo per dieci casse di zucchine. Finalmente vedo una ragazza, avrà la mia età. Lei è una delle tante donne che lavorano come impiegate: sono tutte chiuse in ufficio a fare conti, per questo non vedevo donne in giro. Mi racconta che la vita al mercato per loro è complicata: conciliare una famiglia con questi orari è una missione quasi impossibile. Da qualche mese però esiste un'associazione nazionale, Le donne dell'Ortofrutta, nata grazie all’impegno e alla volontà di una trentina di socie, che vogliono uscire dalle singole realtà aziendali e fare rete per aiutarsi, condividendo idee e proposte innovative.

Anche in questo caso mi rendo conto di come questo mercato sia lo specchio della realtà: tema quote rosa spuntato.

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Ivan, 19 anni.

Mi giro e m'imbatto in Roberto, che lavora da 40 anni per Colasuonno, altro grossista storico. Guida il muletto in camicia e scherza con Ivan, 19 anni, di origine moldava, e Mohammed, 36enne marocchino. Sono disponibilissimi a parlare ma non si fermano un secondo, hanno troppe cose da fare e a me tocca inseguirli. Scopro, tra una battuta e una risata, che lavorano entrambi tramite una cooperativa. Mi portano da un altro ragazzo, che in passato ne ha gestita una, e parliamo del lavoro in nero. “Ovviamente tutti ti diranno che c'è solo nelle piazze di carico, ma non è così. Speriamo che con la nuova struttura cambino anche queste cose; il rischio di farsi male qui dentro è altissimo e la gente che lavora duramente si merita di essere tutelata. Si fanno tutti un mazzo tanto…”.

Inizia ad esserci più calma: qualcuno mangia un frutto, si imballano i colli invenduti da mettere nei frigoriferi e la giornata volge al termine. Ve l'ho già detto che all'ortomercato c'è racchiuso tutto il mondo? Altro che Expo… (a proposito, nel caso vi steste chiedendo se l'installazione di Ferretti piace, la risposta è no. E i lavoratori sono preoccupati anche per l'arrivo del Padiglione della Polonia).

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