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Cibo

Il lato oscuro dei barbecue sono le feci dei maiali

Però possiamo stare tranquilli: dei ricercatori sono in procinto di trasformarle in carburante a neutralità climatica.
Foto via Getty Images.

Ci vuole un po’ prima che la puzza tremenda ti colpisca. A me ha travolto quando sono sceso dal pickup di Leon Moses, poco dopo il cartello stradale che indica “l’area di biosicurezza” all’inizio del vialetto in ghiaia. Il problema è che non si tratta di un’ondata di puzzo che arriva, t’investe e se ne va, bensì di un fetore che ti si impianta nelle narici, rimanendoci, non appena si valica la soglia del reparto dedicato alla ricerca sui maiali alla fattoria della North Carolina Agricultural & Technical State University (A&T).

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Merda di maiale.

La puzza è infinitamente più nauseabonda all’interno, lì dove ci sono i maiali. Moses, che poi è anche il custode della fattoria, mi fa sapere che chiunque decida d’entrarvi avrà poi necessariamente bisogno di correre a farsi una doccia.

Doug Jones, un ex studente della A&T cresciuto in una fattoria di maiali e ora gestore del reparto dei maiali, offre a chiunque decida d'entrare galosce bianche e tutine per proteggere i vestiti, di quelle che fanno sentire chiunque le indossi un medico pronto a operare.

Foto cortesia del College of Agriculture & Environmental Sciences alla NC A&T

Capita spesso, durante la settimana, che Jones si ritrovi a “sparare” ogni 30 minuti quasi 2000 litri d’acqua sul pavimento di cemento dell’edificio, nel tentativo di lavare via quello che scivola dalle grate presenti sotto ai maiali, e che forma delle specie di “pozze” fuori. (Giusto per rimarcare ancora una volta la potenza dell’odore nauseabondo sentito lì: il quaderno che ho portato per prendere appunti ne è ancora impregnato, e il suo odore è talmente forte da stordirmi).

I numeri delle attività alla A&T sono relativamente piccoli. Quando l’ho intervistato, poco fuori dagli edifici e durante un giorno piacevolmente temperato, Moses mi ha rivelato che, sebbene alla A&T la sezione maiali possa ospitare fino a 250 animali, la maggior parte delle attività commerciali dello Stato arriva fino a 3000. E questo può significare solo una cosa: un sacco di materiale fecale e puzza in più. Che poi alla fine non è niente, se paragonato all’impatto ambientale derivato da tutti questi rifiuti organici.

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Fortunatamente, però, i ricercatori stanno aggiungendo sempre nuove, creative e soprattutto sostenibili soluzioni al proprio repertorio, garantendo a noi una coscienza pulita dopo le infinite scorpacciate di ramen con pancetta, di bacon e, ovviamente, carne di maiale al barbecue.

La carne di maiale, nel Nord Carolina, non deve la sua fama solo all’ossessione dei suoi cittadini per i barbecue. Prima di tutto, infatti, il Paese è al secondo posto in tutti gli Stati Uniti per l’allevamento di maiali, che stando al gruppo industriale NC Pork Coucil arriva a 9 milioni di animali l’anno. La carne di maiale è la più apprezzata al mondo e, sempre stando al NC Pork Council, più di un quarto della produzione del Nord Carolina viene esportata, specialmente in Messico e Cina.

Tutti questi maiali creano, come il Guardian recentemente scritto, “un milione di tonnellate di feci unite a un puzzo insostenibile.” Come se non bastasse, tutto ciò in Nord Carolina sta anche verosimilmente contribuendo ad avvelenare i corsi d’acqua, nonché le persone, nella zona orientale del Paese, dove il settore industriale è maggiormente concentrato. C’è bisogno quindi di agire, di far qualcosa, e gli attivisti locali lo sanno bene, ma dati i costi delle soluzioni attuabili, che gravano tutte sugli allevatori anziché sui giganti dell’industria (come la Smithfield Foods, di proprietà cinese), le speranze sono piuttosto vane.

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E qui entra in gioco la A&T.

L'università ha raggiunto la fama di trampolino di lancio per il cosiddetto “sit-in movement,” soprattutto in seguito ai celebri sit-in di Greensboro (passati alla storia come uno degli episodi di “resistenza passiva” più importanti della resistenza civile degli afroamericani, N.d.T.), e a Jesse Jackson, politico e attivista che aveva trascorso gli anni di formazione universitaria proprio alla North Carolina A&T University.

Nonostante l’importanza storica della A&T, pochi sono a conoscenza delle grandiose scoperte scientifiche realizzate all’interno delle sue mura, anche se alcune di queste potrebbero trasformare significatamene il modo in cui guardiamo agli sprechi e ai rifiuti (sia di tipo culinario che animale).

Ed è a questo punto della storia che arriviamo a Debasish Kuila, un professore baffuto che, durante in nostro incontro, indossa un gilet e una chiavetta USB appesa a un cordino. All’inizio mi spiega perché si sia dimesso dal suo ruolo di capo del dipartimento di chimica dell’A&T: vuole dedicarsi maggiormente alla ricerca, con l’obiettivo di trasformare i rifiuti d’origine animale e culinaria in carburante a neutralità climatica ( carbon-neutral).

Il professor Kuila in azione nel suo laboratorio. Foto dell'autore.

Al momento, per il dottor Kuila, si tratta di studi ancora embrionali, ma una recente borsa di studio di 2 milioni di dollari, erogata dall’University of North Carolina’s Research Opportunities Initiative, potrebbe rappresentare la chiave di svolta non solo per lui e per il suo dipartimento, ma anche per un futuro mondo più ecosostenibile. Il gruppo di ricerca di Kuila è piuttosto variegato, e include ricercatori sia della UNC-Chapel Hill che della NC State University, così come altri dell’A&T stessa. Gli studi non si fermano però al campo accademico, bensì si espandono anche sul territorio aziendale, come quello C2 Energy, i cui interessi e investimenti si concentrano molto sull’utilizzo alternativo del gas metano prodotto dalle feci di maiale.

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Lijun Wang, collega di Kuila nonché professore dell’A&T, è già arrivato a testare un sistema “digestore anaerobico” sui materiali di scarto prodotti dal reparto dei suini presenti in università. Lo scopo di Wang non è solo quello di trasformare i rifiuti in energia, ma anche di riuscire a generare un sistema che produca fertilizzante e renda le acque pulite. Delle soluzioni esisterebbero già, in verità, ma coprono solo una piccola parte dei problemi creati dai rifiuti suini, ed è perciò necessario (mi dice nella sua sala conferenze adiacente al suo ufficio), andare alla ricerca di un approccio più olistico.

Idealmente, i costi necessari per l’installazione di un sistema del genere sarebbero poi ampiamente coperti e superati dai risparmi che gli agricoltori e gli allevatori otterrebbero in proporzione, spiega Wang. E non parliamo di pie illusioni. Leon Moses, che gestisce la fattoria della A&T e, durante il tempo libero, aggiusta vecchie Pontiac, m’illustra con fierezza come siano riusciti a dimezzare le bollette sull’acqua proprio grazie al riciclo degli scarti di lavorazione. Stando a quanto detto dai ricercatori dell’A&T, l’acqua era talmente pulita da essere potabile, “ma non l’abbiamo provata,” rivela ridendo Moses.

Il dipartimento di ricerca sui maiali funge anche da classe operativa per tutti quegli studenti della A&T che, nel futuro, molto probabilmente si laureeranno e vorranno gestire una propria fattoria. Ricopre anche le vesti di terreno di prova per le ricerche di facoltà. Alcuni dei lavori più stimolanti del dipartimento, tuttavia, hanno luogo “fuori sede,” in svariati laboratori del campus, dove i ricercatori prelevano campioni per i test. Uno dei più interessanti vede come protagonista la scoperta della professoressa Elle Fini, a cui va il merito di aver trasformato l’olio estratto dai materiali di scarto dei maiali in un “nuovo tipo d’asfalto” chiamato Bio-Adhesive, che potrebbe essere utilizzato persino per pavimentare le strade. Fini non è riuscita a parlarmi delle sue scoperte, ma dall’università mi hanno detto che il suo prodotto costa solo 56 centesimi per quasi 4000 litri, e può aiutare a ridurre l’attuale stato di dipendenza dal petrolio.

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Ovviamente le soluzioni sostenibili non provengono solo dalla A&T. Ci sono anche svariati ricercatori fra le mura della NC State che anni fa hanno creato una lista di usi per i materiali di scarto dei suini, i cui punti sono rimasti per la maggior parte nell’oblio per via dei costi. Però, sebbene le pozze ripiene di scarti e rifiuto possano essere coperte e così utilizzate per catturare metano da trasformare in elettricità, solo poco meno di 50 allevamenti di suini lo stanno attualmente facendo nel Paese.

Maialini da latte alla PTB farm. Foto dell'autore.

A 30 minuti a nord dalla fattoria della A&T, alla PTB Farm, le feci di maiale non sono un problema. Hillary Wilson Kimmel, comproprietaria della fattoria, mi spiega perché.

Alla PTB Farm, al momento, ci sono circa 60 maiali. Alcuni, al momento, sono intenti a grufolare nella zona boschiva della fattoria e tutti, regolarmente, vengono spostati da una parte all’altra dei terreni di proprietà dei gestori. Così facendo, il problema dei rifiuti organici non si pone, perché diventano automaticamente fertilizzanti. Non c’è bisogno di grosse pulizie, e ancor meno di pozze create ad hoc. Alla PTB Farm si può tranquillamente sostare nel bel mezzo del pendio vicino e, neppure con una brezza costante, percepire alcun odoraccio.

I maiali vengono nutriti alla PTB farm. Foto dell'autore

Questa fattoria rientra, come la chiama la A&T, nella categoria crescente di “mercati di nicchia per carne suina di alta qualità,” i cui prodotti vengono venduti nei vari mercatini degli agricoltori a prezzi più alti rispetto a quelli statali.

All’A&T sono organizzati per aiutare gli allevatori a utilizzare qualsiasi sistema. Tuttavia, come spiega Doug Jones, il controllo delle temperature in un allevamento al chiuso pieno di maialini da latte favorisce una crescita più veloce degli stessi. I maiali arrivano a pesare 113 chilogrammi in 3 mesi se cresciuti all’interno, anziché in 9 mese se cresciuti fuori, all’aperto.

Ed è per questo, sebbene adesso il modello più comune sia quello di Wilson Kimmel, che le ricerche alla A&T sono così fondamentali. Altrimenti finiremo con la merda fino al collo. Letteralmente.


Quest'articolo è originariamente apparso su Munchies US.