FYI.

This story is over 5 years old.

Cibo

Cosa pensano i ristoratori degli influencer che vogliono scroccare una cena

Ci siamo chiesti davvero cosa succede nell’eterna lotta tra ristoratore e scroccone. Che sia blogger o giornalista.
Andrea Strafile
Rome, IT
Foto by rawpixel.com via Unsplash

Facendo questo mestiere da qualche anno, sarebbe stupido non ammettere che sì, anche a me è capitato di farlo.

Le ultime settimane sono state segnate da una polemica di scala mondiale sul mestiere del influencer, ovvero quello che ti dice cosa è bello, figo e ha soprattutto un sacco di seguaci sui social network.
Il caso della Youtuber e Influencer inglese Elle Darby ha fatto il giro di tutte le testate alimentando domande su un lavoro considerato ancora oggi controverso.
Se ve lo siete persi ve lo riassumo in due parole: la ragazza ha contattato un albergo di Dublino chiedendo al proprietario di essere ospitata insieme al suo ragazzo in cambio di visibilità. Il proprietario ha deciso così di sputtanarla davanti al mondo intero pubblicando la mail ricevuta e rispondendo: “Come la pago la cameriera che ti rifarà la stanza? Glielo spieghi tu che riceverà uno stipendio in post Instagram?”, seguita giorni dopo da una finta fattura di qualche milione di euro per rigirare il coltello nella piaga.

Pubblicità

A questo punto tutti ne hanno parlato, tutti sono impazziti, tutti hanno detto la loro. Gli smile che ridono a crepapelle del buon vecchio Facebook sono piovuti dal cielo virtuale come parmigiano sulla pasta. La gente si è chiesta se questo dell’influencer fosse un lavoro vero o uno mascherato per permettere a qualche ragazzina di vivere all’insegna del lusso senza mettere mano al portafogli nemmeno per un secondo. E l’ha fatto come solo su Facebook sanno fare, tirando in mezzo animali e Salvini, che c’entra sempre qualcosa.

Quello che ci siamo chiesti noi, invece, è se sappiate davvero cosa succede nell’eterna lotta tra ristoratore e scroccone.
In principio erano i finti critici, quelli che raccoglievano biglietti da visita di giornalisti autorevoli per poi mostrarli al momento del conto. Oggi c’è una costellazione di blogger improvvisati pronti a racimolare una cena in tutta la gamma di locali possibile e immaginabile.

Facendo questo mestiere da qualche anno, sarebbe stupido non ammettere che sì, anche a me è capitato di farlo, perché se devi scrivere un pezzo e non hai una lira in tasca qualcosa dovrai pure inventartelo. Ma siccome il fenomeno è ancora abbastanza oscuro agli occhi della gente, era venuto il momento di parlarne, anzi di capirlo. E non c’era modo migliore se non quello di contattare alcuni dei ristoranti più importanti d’Italia, dalla trattoria popolare al ristorante stellato, per chiedere cosa avrebbero fatto loro al posto dell’albergatore irlandese (o cosa fanno tutti i giorni).
Aspettandomi francamente una scontata palata di merda pronta ad abbattersi contro i nuovi mestieranti, in realtà sono rimasto piuttosto shockato dal capire che, sì, c’è chi li considera la feccia dell’umanità buona solo per lavare i bagni (E un sacco di altre cose decisamente impubblicabili), ma c’è anche chi, invece, non ci vede assolutamente niente di male.

Pubblicità

Ci sono stati episodi spiacevoli che riguardano più che altro i giornalisti offesi di essersi ritrovati un conto tra le mani. Addirittura uno autorevole ci ha stroncato su TripAdvisor per ripicca.

“Uno dei nostri vanti è una politica rigida riguardo a food blogger e giornalisti”, mi ha detto Fabio Tammaro de L’Officina dei Sapori a Verona, tappa da provare per il gourmet girovago.
“Siamo una realtà molto giovane, io stesso sono molto giovane per cui all’inizio è stata dura evitare di sponsorizzare il nuovo locale con qualche articoletto sul web. Questo perché siamo un posto abbastanza di nicchia, facendo una cucina di pesce altamente selezionata. Non ci interessa avere una visibilità mondiale. E poi, siamo come degli artigiani, e se vai da un artigiano non ti sogneresti mai di chiedergli se alla fine del lavoro ti regala il pezzo. Certo, se ne parlano siamo contenti e lo mostriamo, ma non compro un articolo, ecco. Ovviamente ci sono stati episodi spiacevoli che riguardano più che altro i giornalisti offesi di essersi ritrovati un conto tra le mani. Addirittura uno autorevole ci ha stroncato su TripAdvisor per ripicca. Oppure nascono delle diatribe con le guide e può capitare di non venire inseriti perché magari non hai offerto una cena. Ma non ci importa, noi andiamo avanti a sostenere la nostra politica per mostrare il lavoro che facciamo”.

Il rischio è che se offri qualcosa, si distorce il giudizio, si sentono quasi in obbligo a parlarne bene, quindi è meglio non farlo, soprattutto con i giornalisti della carta stampata.

Pubblicità

Le mail arrivano in continuazione, a decine, a volte esplicite, altre criptiche, lasciando sottointeso che non ha intenzione di pagare un centesimo a fine cena.
“La cosa in cui siamo diventati più bravi è scovare i messaggi nascosti nelle mail. La nostra idea è sempre stata quella di non offrire niente, rifiutando con gentilezza, ma fermamente. Perché poi il rischio è che se offri qualcosa, si distorce il giudizio, si sentono quasi in obbligo a parlarne bene, quindi è meglio così. Al momento l’unica foodblogger che può scroccare una cena qui è mia moglie. Non offro a nessuno, ma non demonizzo chi lo fa. Io stesso insieme alla mia compagna sono partito con un blog, e questo ha portato me ad aprire Trippa a Milano, e lei a fare ciò che ha scoperto di amare. In fondo è solo una diversa strategia di marketing: invece che investire su una sponsorizzazione sui social offri una cena e hai visibilità. L’importante è sempre che il tutto sia limpido."Me lo dice Pietro Caroli del gettonatissimo Trippa ed era una cosa a cui non avevo pensato sinceramente, preso dal vortice di cattiverie abbattuto sulla questione della ragazza.

Poi continua e specifica: "Diverso è il discorso per i giornalisti, soprattutto della carta stampata. In quel caso credo che un giornalista non debba mai permettersi di accettare una cena, è una questione deontologica. Ci perdi la faccia”.

Ci è successo eccome che ci contattassero per scroccare una cena, è ovvio. E sono più che altro stranieri, come francesi o inglesi, ma se gli rispondi che non sei interessato magari vengono lo stesso e pagano senza problemi.

Pubblicità

Ma se la stessa cosa accade a un ristorante stellato qual è la risposta? Uno chef, che ha richiesto di rimanere anonimo, mi ha detto che non esiste, quella è casa sua e se c’è da offrire qualcosa è perché lo decide lui prima. Gli altri possono anche bruciare tra le fiamme dell’Inferno.
Un altro, invece, che macina riconoscimenti da anni qui a Roma, mi ha parlato come se fosse la cosa più normale del mondo.

Roy Caceres del Metamorfosi è un imponente colombiano felice della vita, quindi appena apriva bocca non riuscivo a non sorridere. “Ci è successo eccome che ci contattassero per scroccare una cena, è ovvio. E sono più che altro stranieri, come francesi o inglesi, ma se gli rispondi che non sei interessato magari vengono lo stesso e pagano senza problemi. E non sei interessato non perché sono blogger o influencer, ma perché la maggior parte magari non parla nemmeno di cucina!
Sarò sincero: è molto raro, ma mi è capitato di offrire. Ovviamente valuto la persona. Il problema con questi influencer è che spesso non si sa bene di cosa parlino. Quindi mi informo e se capisco che sono persone professionali e che trattano di cibo, perché non dovrei fargli assaggiare i miei piatti?
Solo una volta mi sono veramente incazzato. È venuto questo giornalista arrogante di Milano che scrive su un quotidiano nazionale e mi ha fatto una scenata al momento del conto perché, secondo lui, siccome era stato bene e la cena era buona, non avrebbe dovuto pagare. Non sapevo bene cosa dire, perché dovrebbe essere il contrario, quindi mi stavo per incazzare seriamente, ma alla fine non riesco a non sorridere ed è finita lì”.

Una volta ci furono due bischeri tedeschi, che poi tedeschi non erano, che hanno provato a fregarmi dicendo di inviare loro del denaro per non mettere una recensione negativa su TripAdvisor.

Locale popolarissimo, quello gourmet, la stella e manca solo una di quelle trattorie storiche che non ci si può perdere per nessun motivo se si è in città.
Fabio Picchi della trattoria Cibrèo a Firenze, mi ha detto la sua, toccando vecchi aneddoti e nuove situazioni ed è lui che mi ha fatto capire che non stiamo parlando di nulla di nuovo.
I food blogger che vengono da me pagano. Ma non perché li obbligo eh, vengono e pagano normalmente, non mi è mai capitato che mi scrivessero esplicitamente di venire a mangiare gratis. Solo una volta ci furono due bischeri tedeschi che poi tedeschi non erano, che hanno provato a fregarmi dicendo di inviare loro del denaro per non mettere una recensione negativa su TripAdvisor. Ma ‘i che c’entra, quella è estorsione vera e propria (e ride, ride sempre in effetti).
Una volta vidi una zuffa in piazza perché due signori cercavano di mangiare gratis mostrando biglietti da visita raccolti chissà dove: puoi farlo in tutta la Toscana, ma a Firenze le prendi.
L’unica foodblogger a cui ho offerto il pasto era una ragazza indiana che aveva confuso l’orario della cena con quello dello spettacolo (hanno anche un localino dove fanno spettacoli, NdR), per cui si è ritrovata a mangiare con tutti noi gli avanzi alla fine. Il caso della ragazza inglese è molto lontano dalla cucina, perché insomma parliamo di alberghi; capita che si sbagli qualcosa ai fornelli, ma una struttura è una struttura, resta lì, non puoi attaccarti a nulla. Dal canto mio dico sempre ai miei ragazzi: se è uno del NY Times chiamatemi, se è uno della Gazzetta Delle Anguille dategli tutto, trattatelo come un re. La chiave è la gentilezza. Una signora una volta venne a mangiare da noi in estate, non c’era nessuno e l’abbiamo trattata come una principessa perché noi si fa così. Mesi dopo abbiamo avuto quattro pagine sul New York Times. I tempi corrono, ma non cambia niente”.

Mi aspettavo di trovare ristoratori furiosi, ho provato a contattarne anche altri, per creare polemica, dibattito, ma niente da fare.
Visibilità crea visibilità tanto quanto un lavoro bene fatto va pagato.
L’unica cosa certa è che internet ci sta rendendo dei veri stronzi.