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Cibo

Sono andata da Camilla a Bologna, il primo supermercato autogestito di Italia

Per poter acquistare all'emporio dovete versare una quota e fare i turni. I soci del primo supermercato autogestito in Italia ci hanno spiegato perché ne vale la pena
Giorgia Cannarella
Bologna, IT

"Ti modifica lo stile di vita. Stai bene, di corpo e di testa."

Da fuori Camilla sembra un negozio qualunque. Due vetrine che affacciano su via Casciarolo, a San Donato, uno dei pochi quartieri ancora definibili come realmente popolari, e non in aria di gentrificazione, di Bologna. Alcuni scaffali ancora vuoti, a segnalare un'attività commerciale nella prima fase di avviamento. All'interno un viavai di gente di diverse età.

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Solo che Camilla non è un negozio qualunque. E me ne accorgo appena entrata, quando un simpatico signore con una lista in mano mi chiede se sono socia.

Camilla è un emporio di comunità. Una cooperativa la cui gestione è direttamente in mano ai soci, che quindi sono allo stesso tempo clienti, proprietari e gestori. Il nome è la crasi di Alchemilla e Campi Aperti, rispettivamente un gruppo d'acquisto solidale e un mercato contadino, le due realtà da cui nasce: "La prima riunione è stata fatta nel settembre 2017" mi spiega Susanna Cattini, presidente di Camilla. "La cooperativa si è costituita nel giugno 2018 e abbiamo aperto da poche settimane. I principi sono gli stessi dei gas e dei mercati contadini: rapporto diretto con i produttori, da cui acquistiamo senza intermediari, filiera il più possibile corta, prodotti biologici e sostenibili, dal punto di vista ambientale e da quello sociale."

Camilla-Bologna

Camilla, il primo supermercato autogestito di Bologna. Tutte le foto dell'autrice

La realtà è un unicum in Italia, ma non all'estero. "La prima esperienza è stata fatta a Brooklyn negli anni Settanta, con Park Slope, che oggi ha 17.000 soci" mi spiega Susanna "Qualche anno fa son arrivati i primi negozi in Francia, poi in Belgio. L'idea è sempre quella: un punto di vendita fisso, con criteri ben precisi di scelta dei prodotti, in un quartiere popolare."

Curioso tra gli scaffali e vedo un assortimento piuttosto vario di prodotti: spezie equosolidali, pasta in formati da diversi chili, crema spalmabile di mandorle, formaggi di produttori appenninici, detersivi bio, un amaro chiamato Parmigiano, eccetera. I prezzi mi sembrano leggermente più bassi della media bolognese, soprattutto di quella dei negozietti wannabe healthy.

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"E migliorerà ancora!" conclude Susanna "Puntiamo a un abbassamento progressivo dei prezzi di ricarico. Già ora non è alto, ma più soci avremo, più economici potranno essere i nostri prodotti." Al momento Camilla ha oltre 400 soci.

Camilla-Supermercato
Camilla-Prodotti

E con l'aumentare dei soci aumenterà anche la varietà dei prodotti: come mi spiega Stefano, il signore che mi ha accolto all'entrata. Tenere carne e pesce freschi, ad esempio, è difficile finché il numero dei 'clienti' non cresce.

Per diventare soci bisogna versare 125 euro di quota una tantum (che viene restituita in caso di uscita dalla cooperativa) e prestare 3 ore di lavoro al mese. Oltre all'acquisto dei prodotti le spese della cooperativa sono l'affitto degli spazi, le utenze, e un dipendente fisso a coordinare il tutto.

Il vantaggio economico mi appare abbastanza chiaro - ma certo non sufficiente a convincere uno che ha sempre fatto la spesa al centro commerciale a venire qui, dove l'assortimento dei prodotti è minore, deve prestare il suo lavoro gratis e non c'è nemmeno il fascino del contadino con il cappello di paglia che ti porge una mela al banchetto del mercatino.

Camilla-Frutta-e-Verdura

I principi etici di Camilla sono ben spiegati nella loro carta degli intenti e nello statuto. Ma basteranno a trasformare un consumatore inconsapevole in uno consapevole? Secondo me il vero valore aggiunto - attenzione, non contribuire allo sfruttamento dei braccianti, o all'inquinamento dei terreni, sono ottimi valori aggiunti, non metto in dubbio questo: diciamo il valore aggiunto meglio raccontabile - sta nella definizione di "emporio per comunità". Me lo conferma il socio Stefano: "Nel partecipare a un'esperienza come questa, alcuni benefici non sono facilmente quantificabili. Mangi cose buone per te e per gli altri, sane per te e sostenibili per chi le produce, tutte situazioni certificate. Cominci a mangiare più volentieri, incontri persone, vi scambiate informazioni e ricette, sei spinto a mangiare più roba di stagione, ad ampliare la tua alimentazione. Ti modifica lo stile di vita. Stai bene, di corpo e di testa."

Esco dal negozio. Da una parte della strada occhieggia un NaturaSì, dall'altra una Coop. Resisterà Camilla? Noi, a priori, facciamo il tifo.

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