Ecco perché lo chef migliore dell'Asia vuole chiudere il suo ristorante
Per gentile concessione di Gaggan Anand

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Cibo

Ecco perché lo chef migliore dell'Asia vuole chiudere il suo ristorante

"Sono stanco di quello che sto facendo al momento e sento di dover chiudere questo capitolo."

Per tre anni di fila il Gaggan (a Bangkok), è stato nominato il migliore ristorante di tutta l’Asia. Il Gaggan è quello che potremmo definire un ristorante indiano “progressista,” famoso per il suo menù mutaforme dettato dalle leggi della gastronomia molecolare. È gestito da Gaggan Anand, un nativo di Calcutta che ha fatto la gavetta al elBulli di Ferran Adrià in Catalogna prima di aprire il suo locale ormai sette anni fa. Anand, ora trentanovenne, ha già previsto la chiusura del Gaggan per la fine di questa decade, nel 2020. Sebbene manchi un ancora un po’ a questa data, sa già cosa farà dopo. Sgomberati i locali di Bangkok, si dirigerà verso Fukuoka in Giappone, dove lancerà un progetto culinario diverso insieme a Takeshi “Goh” Fukuyama de la La Maison de la Nature Goh.

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Questa decisione ha inizialmente sollevato qualche perplessità da parte dei suoi clienti. Perché mai uno chef di successo, che gestisce uno dei ristoranti più in vista di tutto il continente asiatico, dovrebbe semplicemente andarsene via, chiudendolo? Questa domanda acquista ancora più interesse soprattutto se teniamo conto di come Gaggan Anand occupi ormai quel tipo di posizione invidiata da molti chef, che gli permetterebbe di sfruttare tranquillamente il successo macinato negli ultimi anni per dar vita a un vero e proprio impero culinario.

Beh, a quanto pare le intenzioni di Anand non prevedono alcun incoraggiamento verso l’abusato concetto dello chef uomo visto in un’ottica di “brand,” soprattutto quelli costretti ad agire in nome di catene gastronomiche mondiali sempre pronte a posare i propri tentacoli ovunque. Semplicemente, queste dinamiche non fanno parte della sua natura. Abbiamo raggiungo Anand a New York per chiedergli un po’ di più della sua vita a Calcutta, della sua (breve) entrata nel mondo della musica rock, e di cosa succederà quando chiuderà i battenti del Gaggan.

L'entrata del Gaggan.

MUNCHIES: Ciao Gaggan. Come va?

Gaggan Anand: Bene, grazie. Sai, avevo un amico a Calcutta che si chiamava come te, Mayukh! Sei bengalese?

Sì, lo sono! Raccontami un po’ di te, della vita a Calcutta e di come quella città abbia influenzato la tua arte culinaria.

Calcutta ha esercitato un’influenza grandissima su di me, perché lì possiamo trovare alcune delle cucine più elaborate di tutta l’India. E non parlo solo dei classici ristoranti indiani. Il cibo, a Calcutta, è completamente diverso quello che trovi nel resto del Paese, e questo lo si vede anche da elementi singoli come l’olio o la presenza di latte nei dessert. Nella regione del Bengala, ad esempio, si usa l’olio di senape. A Calcutta un sacco di piatti sono a base di pesce, e ci sono anche tantissime verdure che rimangono verdi, non vengono stracotte fino a diventare marroncine o addirittura annerite. I metodi di cottura sono più leggeri. Quando sono a Calcutta riesco, con un solo morso, ad avere in bocca un’esplosione di sapori salati, speziati, dolci e amari tutti insieme.

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Cosa mangiavi durante gli anni della tua crescita a Calcutta?

A casa mia c’erano due regole: il pranzo era della mamma e la cena del papà. Mia mamma era nata a Delhi ma era poi cresciuta a Calcutta, e parlava fluentemente il bengalese. Cucinava sempre il riso. Mio papà invece preparava il roti. Gli alimenti principali cambiavano a seconda del pasto. Mio padre era proprio un abitante del Punjab doc. Anche mia mamma era del Punjab ma con un tocco bengalese, quindi i pranzi erano leggeri e rilassati, mentre le cene finivano con l’essere ben più elaborate. Andavamo fuori a cena molto raramente.

Ho sentito questa storia di te, di quando avevi sette anni e hai preparato il tuo primo piatto, dei noodles istantanei.

Una delle più grandi tragedie indiane sono i noodles istantanei Maggi, che non sono esattamente catalogabili come istantanei. Non sono come quelli che trovi in Giappone, dove basta aggiungere un po’ d’acqua calda e il gioco è fatto. In India li devi proprio cucinare per un po’ di minuti. La prima volta che li ho preparati avevo sei o sette anni, mia mamma era ammalata. Ricordo di aver seguito la ricetta [i passaggi segnati sulla confezione], finendo per cuocerli troppo e infastidirmi di conseguenza. Non somigliavano a quelli pubblicizzati sulla confezione.

Erano buoni, almeno?

Erano ok. Alla fine si trattava di un insieme di carboidrati cotti.

E questo non va bene. Ok, passiamo a un’altra fase della tua vita. Prima di diventare uno chef sei stato un batterista.

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Ho iniziato a suonare a 13 anni, continuando a farlo fino ai 19 o 20 anni. Ero già famoso a 17, la mia band aveva un buon seguito. Purtroppo, però, i soldi per la musica non giravano molto a Calcutta. Era una cosa abbastanza triste e lo è ancora; il mese scorso mi trovavo proprio a Calcutta e ho incontrato alcuni musicisti che faticavano ad andare avanti come lo facevo io. Erano della mia stessa zona, i loro capelli stavano iniziando a diventare grigi, un po’ come i miei. Loro sono ancora lì a fare musica. Io ho cambiato completamente la mia vita e vederli mi ha riportato alla mente i miei vent'anni, quando ho deciso di smettere con la carriera da musicista per diventare chef. Loro fanno ancora fatica a sbarcare il lunario con il rock and roll.

Parlami un po’ di questa svolta dalla musica al cibo.

Il ritmo della musica accompagnava quello della mia frustrazione adolescenziale. Fare casino con la batteria era d’aiuto. Volendo essere più specifici e pratici, mi serviva soprattutto perché la mia famiglia stava attraversando un periodo brutto. Sapevo benissimo che se avessi continuato con la batteria, ci sarebbero state delle delusioni e delle aspettative mancate. La cucina è la seconda cosa migliore che mi sia capitata durante tutta la vita.

Per me essere uno chef è un po’ come essere un musicista, in realtà, perché sembra di tenere dei concerti. Il fatto è che avevo visto questo programma, Yan Can Cook , a inizio anni Novanta. Il protagonista era questo ragazzo fantastico. Lui ballava e la gente lo cercava, era così affascinante! E il tipo di seduzione che si creava grazie al suo approccio alla cucina era spettacolare. L’arte, per me, necessita di passione, ed è così che io vivo la gastronomia. Ho trasformato la passione per la musica in quella per il cibo.

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Cambiando argomento – chiuderai il Gaggan nel 2020. Cosa ha motivato questa decisione?

Sto raggiungendo il fiore dei miei anni. Penso che verso il 2018-2019 raggiungerò quello della mia cucina. Quindi credo dovrò chiudere il capitolo Gaggan per iniziare qualcosa di nuovo. Non si tratta solo di rinnovare un ristorante e lanciare un nuovo brand, non lo farò anche perché quando ho avviato il ristorante avevo 31 o 32 anni, ora ne ho 39. Il Gaggan lo ho gestito nella decade dei trenta, il prossimo in quella dei quaranta. La mente, in dieci anni, cambia molto. Il modo di pensare che una persona ha a vent'anni non è lo stesso di quando poi ne avrà 35. Sono stanco di quello che sto facendo al momento e sento di dover chiudere questo capitolo. Non smetterò di cucinare, adotterò semplicemente una nuova filosofia per farlo.

Capito. In un’intervista al Bloomberg hai dichiarato che, dopo 10 anni d’attività, un ristorante diventa un brand. Cosa intendevi esattamente con quest’affermazione?

Per spiegartelo ti farò questo esempio. Io sono uno chef e presto diventerò un ristoratore. Però non è che aprirò il Gaggan 1, il Gaggan 2, il Gaggan 3 e il Gaggan 4. Non avvierò nemmeno ristoranti indiani. Potrei facilmente aprire un Gaggan a New York o a Londra, ma non lo farò.

Quando sei stato a Fukuoka per la prima volta?

Nel 2014.

E cosa ti ha portato lì?

Un mio caro amico mi ha portato nel ristorante di Goh, che è uno degli chef più famosi di Fukuoka. La lista d’attesa era lunga due mesi. Mi sono addentrato nella cucina del ristorante e sia io che il mio amico abbiamo potuto mangiare lì. Il cibo era fantastico, unico nel suo genere e semplice. La cucina è franco-giapponese. Goh è formidabile.

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Quando aprirete il ristorante con Goh?

Penso nell’agosto del 2021. Passerà circa un anno e mezzo dalla chiusura del Gaggan all’apertura dell’altro ristorante.

Che cosa ti ha spinto a Fukuoka?

Il mercato di Fukuoka è meno competitivo di quelli di Osaka, Tokyo o Hokkaido. È anche un po’ inaccessibile, non troppo turistico ancora. Il suo terreno, poi, è uno dei più giovani al mondo. Tutto quello che cresce lì ha un sapore diverso. Ci sono quattro stagioni a Fukuoka, quindi posso sperimentare di più con il cibo. Il clima di Bangkok è tropicale. Fukuoka sarà il paese delle meraviglie.

Wow! Grazie per aver chiacchierato con me, Gaggan.
L’intervista è stata editata e accorciata per motivi di chiarezza.