Comincia così la chiacchierata con Andrea Pirollo, il gestore di Ca’ Mariuccia , un progetto di agricoltura etica e inclusione sociale nelle colline del Monferrato, in Piemonte. La mia prima impressione è lo stupore: stupore per il trasporto con cui racconta tutte le loro iniziative. Sarà che sono cittadina, mi dico. Quando conosco qualcuno che parla di resistenza, normalmente lo fa su Twitter e dal suo divano con aria condizionata. Se conosco qualcuno che quella resistenza la pratica ogni giorno, è più plausibile che viva fuori dalla città, in zone aspre, dove gli sforzi devono essere maggiori."Sai qual è il bello di una cascina? È che c’è un’abilità per tutti”.
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Le persone coraggiose fanno cose coraggiose, evitano la mollezza: è così che mi immagino Andrea aprire Ca’ Mariuccia due anni fa, sognando di gestire un avamposto di cultura etica, sociale e agricola nelle colline del Monferrato. E, in breve, ci sta riuscendo.“Se vedi le campagne che esistono oggi, lo devi ai migranti che venti anni fa sono venuti in Italia, quando qui in Italia tutti volevano fare i manager. Tra dieci anni, chi si prenderà cura di questi campi?”
La pizza contadina
Tre camere, un ristorante, cinque alpaca, due struzzi, un laghetto, un orto in permacultura, svariate oche e galline, una pizzeria: tutto si svolge in una cascina ristrutturata ad Albugnano, in provincia di Asti, un territorio verde non ancora esploso dal punto di vista turistico.“La pizza non deve essere un prodotto di classe”
“La pizzeria l’abbiamo aperta per avvicinare i giovani”: una pizza contadina, la chiamano, perché viene condita con ortaggi del loro orto e con verdure antiche, coltivate in casa o da piccolissimi agricoltori dei dintorni.
Chi la prepara è un pizzaiolo di Napoli che ha lavorato in diverse pizzerie del Piemonte, ma non si chiama “pizza gourmet”: “La pizza non deve essere un prodotto di classe”, conferma Andrea.
E infatti si parte dai cinque euro della margherita per arrivare agli undici della loro pizza stagionale: mozzarella fior di latte, robiola di Cocconato profumata alle erbe, misticanza di verdure dell’orto, carciofi, fiori di zucca, pomodorini confit, granella di nocciole e la riduzione del loro Albugnano, un 100% Nebbiolo prodotto in queste zone.
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Ca’ Mariuccia fa parte dei centri di rifugi diffusi per migranti, che qui finiscono per rimanere e trovare lavoro
I vini con un nome
Qui si produce anche il vino, biologico ma non (ancora) naturale. Ogni vino ha il nome di un legame: c’è Il Tato, dedicato al fratello di Andrea, scomparso due anni fa; c’è La Luna, che è la loro cana; c’è il vino dedicato alla compagna di Andrea, e chi sa a quante persone si aprirà ancora questo cuore.
Sono Freisa, Barbera, Nebbiolo: vini superiori, affinati quindi diciotto mesi in botte, e i bianchi con metodo Martinotti; vini fatti per durare, essere stabili.
Ah, sì, anche i maiali hanno un nome: si chiamano Matteo e Mattia.
Il Ristorante
Una cascina per resistere
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Il bilancio energetico
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