Rifugiati iracheni al campo di Khazir
Foto: Yunus Keles/Anadolu Agency/Getty Images

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Cibo

Uno studio dimostra come il legame tra disponibilità di cibo e terrorismo sia complesso

I paesi con più disponibilità di cibo hanno maggiori - non minori - possibilità di sperimentare il terrorismo.

Storicamente l'accesso al cibo è sempre stato importante per assicurare la soddisfazione di una popolazione: pensate ai prezzi 'gonfiati' di pane e sale che hanno giocato un ruolo fondamentale nel fomentare la Rivoluzione Francese, o la rivolta della farina a New York nel 1837, quando gli assurdi prezzi della farina hanno portato lavoratori affamati a saccheggiare i magazzini pieni di sacchi di cereali. Le 'food riots' e le rivolte cittadine portano a conseguenti, ben documentati, periodi di 'insicurezza alimentare'. Ma un recente studio ha scelto di guardare più a fondo, specificamente al terrorismo come possibile risultato di risorse alimentari inadeguate - e i risultati sono sorprendenti.

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Pubblicato quest'estate su Applied Economics Perspective and Policy (AEPP), lo studio, intitolato “Food Insecurity and Terrorism,” ha analizzato dati da 130 paesi tra il 2000 e il 2014 per vedere se la mancanza di food security ha contribuito alla crescita del terrorismo in quei paesi. La conclusione che potreste aspettarvi che lo studio arrivi è quella positiva, ma gli autori, guidati dal professore Adesoji Adelaja della Michigan State University, hanno scoperto qualcosa di diverso e più sfumato: i paesi con maggiore abbondanza alimentare in realtà hanno più - non meno - possibilità di sperimentare il terrorismo dentro i propri confini.

Come spiega Adelaja, lui e i suoi collaboratori volevano approfondire l'argomento in parte perché il governo americano spende grandi quantità di denaro ogni investendo nella food security di altri paesi, basandosi sulla teoria che una pace globale significa una diminuzione del terrorismo transnazionale e, quindi, una maggior sicurezza per gli americani. Organizzazioni governative come la USAID combattono fame, povertà e malnutrizione in paesi 'vulnerabili' intorno al mondo, più probabilmente non per la bontà d'animo del governo americano, ma per una spinta a proteggere i propri stessi cittadini.

"Il maggior problema di sicurezza globale al momento è il terrorismo; è di questo che gli americani tendono a preoccuparsi," ha detto Adelaja a MUNCHIES. "C'è questa preoccupazione che le agitazioni negli altri paesi porteranno a incidenti transnazionali. Se il motivo per cui investiamo denaro all'estero è per assicurarci che il terrorismo non ci raggiunga, ci sembrava utile vedere se questi investimenti avessero un ritorno economico."

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Nello studio, Adelaja e il suo team fanno una distinzione tra la disponibilità di cibo - sostanzialmente la quantità di cibo che un paese accumula e importa - e l'accesso al cibo, la quantità di cibo disponibile a ogni cittadino. Anche nei paesi dove c'è sufficiente disponibilità di cibo, l'accesso al cibo può essere scarso, per diverse ragione: sistemi inadeguati per il trasporto e la distribuzione, ad esempio, o prezzi di mercato troppo alti per la maggior parte della popolazione ma affrontabili per i cittadini più ricchi. In queste circostanze, hanno realizzato gli autori, un gruppo terroristico può sfruttare la situazione, dando la colpa al governo per la fame crescente e attraendo così persone disperate.

“Nonostante sembri che una grande disponibilità di cibo riduca la possibilità di una crescita del terrorismo, potrebbe anche aiutare i terroristi, facendo crescere la loro base di risorse e mantenendoli operativi," scrivono gli autori. Adelaja ha usato l'esempio di Boko Haram, l'organizzazione basata in Nigeria che ha riempito tutti i titoli di giornali nel 2014 quando ha rapito 276 ragazze con l'intenzione conclamata di ridurle in schiavitù. Una delle tattiche usate dall'organizzazione, dice Adelaja, è prendere controllo con la violenza di aree fertili di coltivazione; una volta che hanno preso controllo, usano le fattorie per coltivare cibo che poi offrono a potenziali sostenitori. Altri gruppi terroristici usano strategie simili, approfittandosene della disponibilità di cibo e acqua di un paese, e redistribuendola in base ai propri scopi.

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“Gruppi terroristici come Boko Haram, Al Shabaab e lo Stato Islamico in Iraq e Siria (ISIS) cercano di creare stati paralleli accumulando cibo e altre risorse, creando un gruppo di simpatizzanti e reclutando bambini e giovani," leggiamo nello studio. "Per guadagnarsi il supporto pubblico, questi gruppi hanno usato tattiche come la distribuzione di cibo in aree affette da siccità. spacciandolo come 'food aid' per prendersene merito e alimentare la retorica dell'anti-stato in ambienti con scarsità di cibo e acqua." Una volta che una nuova recluta è entrata in un'organizzazione terroristica, spiega Adelaja, è molto, molto difficile uscirne, ed è così che l'influenza del gruppo cresce. "Una volta che sei dentro, ti fanno il lavaggio del cervello ed è difficile uscirne," dice. "Praticamente ti controllano, e se resisti, ti uccidono."

Mentre una maggiore disponibilità di cibo - che può venire sfruttata da gruppi violenti - è correlata a un aumento del terrorismo, gli autori dello studio hanno realizzato che, per contrasto, un maggiore accesso al cibo è collegato a minori incidenze di terrorismo. Il pensiero che una popolazione ben nutrita è una popolazione felice - un'idea finanziata da governi e ONG intorno al mondo - è supportata dai dati che Adelaja e i coautori della ricerca hanno analizzato. Se i paesi e le organizzazioni hanno intenzione di continuare a investire nella 'sicurezza alimentare', dice Adelaha, dovrebbero focalizzarsi sull'accesso, non solo sulla disponibilità.

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“Dovrebbero investire molto nelle politiche legate all'accesso di cibo," dice. “Alcuni di loro hanno già istituito programmi di protezione sociale; sfortunatamente, molti paesi non possono permettersi un programma di welfare.”

“La teoria è, ‘Se non ci prendiamo cura delle persone, loro non si prendono cura di noi,’” continua. “È nel miglior interesse delle persone in questi paesi di offrire accesso al cibo alle persone povere. Se non lo fanno, nutrono il terrorismo nel loro paese.” Adelaja fa notare un'altra scoperta dello studio: la scarsità di cibo può nutrire il terrorismo locale, ma questo poi non tende a espandersi a livello transnazionale, come molti americani sembrano temere. E quindi, anche se gli Stati Uniti potrebbero non avere incentivi personali per la loro sicurezza che li spingano a continuare a finanziare programmi di alimentazione all'estero, certamente c'è un'obbligo umanitario ad aiutare l'accesso globale dei cittadini a un'alimentazione adeguata.

“È decisamente nel nostro interesse di avere una stabilità globale anche se non ci colpisce direttamente a casa nostra," dice.

Questo articolo è originariamente apparso su Munchies US.

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