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Foto sulla sinistra per gentile concessione di Mediterranea. Foto sulla destra dell'autrice

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Cibo

Come funziona l’alimentazione dei migranti in mare: lo abbiamo chiesto alla ONG Mare Jonio

Siamo stati a bordo di Mare Jonio, la nave umanitaria italiana che ha salvato 49 migranti (e che adesso non naviga in buone acque), per capire cosa mangiano i naufraghi quando vengono soccorsi

Dopo gli ormai consueti inviti di Salvini ad arrestare tutti, i controlli della Guardia di Finanza in mare aperto, l’apertura di un fascicolo della Procura di Agrigento contro ignoti per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e il sequestro della Mare Jonio, a circa 48 ore dal salvataggio in mare i 49 migranti - di cui 12 minori -, recuperati nella notte di lunedì dai volontari della nave umanitaria battente bandiera italiana, sono arrivati a Lampedusa sani e salvi e sono sbarcati nel nostro paese. Ad accoglierli molte polemiche e un paese diviso sul tema dell’immigrazione e della sicurezza. Non è il caso di scomodare il caso Diciotti, vero?

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Quando si pensa all’immigrazione e all’accoglienza, una parte assolutamente da non sottovalutare - soprattutto quando si parla di naufraghi - è quella inerente al cibo. A me, cresciuta in mezzo a figure matriarcali terrone che anche in uno scenario post apocalittico si preoccuperebbero moltissimo di conoscere i dettagli della mia ultima cena, di tutta questa complicata vicenda preme soprattutto una cosa: sapere se i naufraghi stanno bene, hanno mangiato e soprattutto cosa possono mangiare. Perché non è una cosa scontata.

Ho la fortuna di incontrare l’equipaggio di Mare Jonio, che fa parte del progetto Mediterranea, al porto di Palermo prima dei fatti che in queste ore l’hanno resa nota, e salire a bordo durante uno scalo tecnico mentre riforniscono la cambusa per l’equipaggio e preparano le scorte alimentari destinate ai migranti, quale migliore occasione per sapere cosa mangia un naufrago appena salvato dalle onde.

La prima esigenza per i migranti è quella di reidratarsi, perché spesso rimangono in mare per giorni e in questi casi più che l’assenza di cibo il problema grave è la mancanza di acqua.

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Foto dell'autrice

Mare Jonio Nave provviste

Foto dell'autrice

Essenziale senza dubbio il cibo per l’equipaggio: guardo frigoriferi, freezer e dispense riempirsi di ogni genere di alimento per sfamare i dodici membri tra marinai e volontari, mentre la cambusa ospita anche le provviste per i naufraghi qualora dovessero imbattersi in un’imbarcazione in difficoltà in mezzo al mare.

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scorte-alimentari-nave

Il medico di bordo, Guido Di Stefano, mi spiega che la prima esigenza per i migranti è quella di reidratarsi, perché spesso rimangono in mare per giorni e in questi casi più che l’assenza di cibo il problema grave è la mancanza di acqua. Quello che può salvargli la vita una bottiglietta d’acqua con l’aggiunta di sali minerali e nutrienti per favorire la reidratazione.

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Foto dell'autrice

Se invece ci sono casi evidenti di ipoglicemia (livelli di zuccheri molto bassi nel sangue causati dal digiuno forzato e prolungato) è meglio che i naufraghi bevano molta acqua e zucchero.

I naufraghi arrivano molto spesso debilitati per gli stenti e il viaggio ai limiti della sopravvivenza, senza contare che in tanti presentano chiari i segni delle violenze e le torture subite in Libia. In più quasi tutti riportano ustioni chimiche di diversa entità, provocate da un pericoloso mix di carburante e acqua di mare che si riversa sulle imbarcazioni di fortuna e a contatto con la pelle reagisce ustionandola. A uomini, donne e bambini così provati non è possibile dar da mangiare qualsiasi cosa; è in genere il medico di bordo a valutare l’alimentazione caso per caso. L’equipaggio di Mare Jonio e il capo missione Luca Casarini ci assicurano di avere scorte alimentari e medicine a sufficienza per fornire una prima assistenza durante le 48 ore successive all’operazione di salvataggio, ed effettivamente da quanto ci raccontano dalla Mare Jonio, i migranti sembrano aver toccato suolo italiano con la pancia piena.

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I liquidi vengono riscaldati in grandi boiler e in questo locale viene anche preparato il riso in bianco, non esattamente un pasto gourmet, ma in genere l’alimento più indicato in questi casi.

Boiler

A bordo ci sono anche latte in polvere, omogeneizzati e succhi di frutta per alimentare bambini e neonati, oltre a 2000 “monoporzioni survivor”, buste contenenti cous cous o riso liofilizzati conditi con legumi o verdure. Basta aggiungere acqua calda direttamente nella busta, richiudere e aspettare. Non sappiamo se è buono, ma è sicuramente pratico per sfamare in fretta tutti.

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Foto dell'autrice

Se non ci sono particolari problemi gastrointestinali o nausea anche una semplice barretta energetica con cioccolato e frutta secca può aiutare a riprendersi in fretta dagli stenti.

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Foto dell'autrice

Il progetto Mediterranea, di cui la nave Mare Jonio fa parte, opera dallo scorso Ottobre, e quella che ha effettuato lunedì è la sua prima operazione di soccorso in mare. Nel corso di questi mesi la nave ha incontrato persone in difficoltà la cui salvezza dipendeva solo dalle miglia che la dividevano dalle imbarcazioni alla deriva.

L’equipaggio è variegato: ci sono attivisti, medici, politici, associazioni e tutti fanno tutto, come sempre succede in mare. I ruoli a bordo variano a secondo delle competenze e delle necessità, così Luca Casarini, nome che a chi era solito frequentare il mondo dei movimenti sociali dei primi anni duemila suonerà noto, è stato per le due prime missioni il cuoco della nave per poi essere successivamente ‘promosso’ a capo missione. Luca Casarini, nella fattispecie, è stato il capro espiatore del Ministro dell’Interno Salvini in tutta questa vicenda: Salvini ha infatti definito la nave Mare Jonio: “la nave dei centri sociali, perché a nome della nave sta parlando Luca Casarini: vedete i precedenti penali del signore che era noto per essere leader dei centri sociali del nord est, con precedenti penali vari”.

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Cosa c’entri la militanza nei centri sociali con l’andare in mare e salvare delle vite, questo non ci è dato saperlo.

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Foto di Valerio Nicolosi, per gentile concessione di Mediterranea

Conosco Casarini qualche mese fa, prima dell’attracco della nave a Palermo e prima del loro soccorso a largo di Lampedusa di questi giorni. Mi faccio raccontare come si vive in mare, nelle navi ONG intendo.

“Ho sempre cucinato, per questo è stato naturale ritagliarmi questo ruolo a bordo – racconta l’ex leader dei Disobbedienti - anche se qui è tutto diverso. Quando sono entrato in cucina la prima volta non mi rendevo conto del motivo per cui tutto fosse ingabbiato con dei fermi in ferro, poi ho capito che quando sei in mare e la nave si muove se non blocchi tutto ti viene addosso qualsiasi cosa e ti ustioni. Nonostante sia un posto angusto, grande più o meno quanto un ascensore, la cucina di una nave è il luogo più frequentato di tutta l’imbarcazione. Trovi sempre qualcuno che mette su un caffè, che cerca qualcosa da sgranocchiare o da bere. La cucina anche in mare aperto è un luogo di conforto."

Gli chiedo come funzionano i rifornimenti, mi spiega che è una sorta di mercato di libero scambio fra le onde, e aggiunge un paio di aneddoti: “A volte possono esserci problemi con il rifornimento, come quando i tedeschi della ONG See Watch si sono occupati della fornitura della prima cambusa e hanno pensato bene di fornirci 40 chili di burro e solo qualche sparuto litro di olio d’oliva. Fortunatamente abbiamo incrociato Astral, il veliero della ONG spagnola Open Arms e abbiamo fatto uno scambio. Ho scoperto che in mare puoi barattare qualsiasi cosa.”

In mare si baratta il burro con l’olio d’oliva, ma soprattutto ci si scambia informazioni sulle condizioni delle onde, seguendo un comune istinto di sopravvivenza, soccorso e uguaglianza sancito dalle “leggi del mare” che la terraferma del grande continente Europa sembra però avere dimenticato.

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