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Quel caffè sospeso che nella II Guerra Mondiale aveva risollevato il morale di Napoli

Leggenda vuole che l'usanza sia nata durante uno dei momenti più difficili della città, ma non tutto è come sembra.
Foto by Bex Walton / Flickr

Questo post fa parte de La Guida di MUNCHIES al caffè, realizzato in collaborazione con Lavazza

“Una volta a Napoli, nel quartiere Sanità, quando uno era allegro perché qualcosa gli era andata bene, invece di pagare un caffè ne pagava due e lasciava il secondo caffè, quello già pagato, per il prossimo cliente. Il gesto si chiamava “il caffè sospeso”. Poi, di tanto in tanto, si affacciava un povero per chiedere se c’era un “sospeso”. Era un modo come un altro per offrire un caffè all’umanità”.

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(Luciano de Crescenzo, Il caffè sospeso, Arnoldo Mondadori Editore).

Fra le tradizioni italiane più amate e copiate anche all’estero, come raccontato dallo scrittore italiano partenopeo, c’è sicuramente quella del caffè sospeso, nato a Napoli (sembra) nel Secondo Dopoguerra.

Quella del caffè sospeso è infatti una storia avvolta nel mistero della tradizione e della leggenda, e non smette di affascinare nemmeno chi, il caffè, neppure lo beve. C’è chi sostiene l’usanza arrivi dalla disponibilità dei pizzaioli di fare credito ai propri clienti, quasi una tecnica antesignana delle strategie di marketing odierne. C’è poi chi afferma possa essere fatta risalire a ben prima della Seconda Guerra Mondiale. Nel mezzo di queste correnti di pensiero, comunque sia, persiste l’importanza storica del caffè sospeso, le cui gesta (non a caso) hanno sorpassato i confini italiani.

Ma che cosa rimane oggi del caffè sospeso? E perché si è tornati a parlarne?

Figlio del sillogismo “caffè = felicità”, il caffè sospeso è diventato, a torto o a ragione, il simbolo della solidarietà partenopea in uno dei periodi più bui della storia della Repubblica Italiana, e ha ritrovato velocemente la via del successo anche nel 2008, l’anno che tutta la popolazione mondiale ricorda come l’inizio della grande recessione del Ventunesimo secolo. Soffermiamoci però, prima, su quello che è successo esattamente durante la Seconda Guerra Mondiale.

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Il concetto base dietro al caffè sospeso, come abbiamo visto, è semplice. In un atto di generosità tanto naturale quanto efficace, chi poteva pagava due caffè anziché uno solo al bar, lasciando quindi il secondo “in sospeso” e a disposizione di chiunque lo desiderasse.

Questa, però, è solo la storia accertata dell’inizio della fama dell’usanza, che forse vi sarà giunta alle orecchie anche dai racconti di un nonno, una prozia o un genitore. In realtà, sembra proprio che il rito del caffè sospeso sia riconducibile ai primi anni del Novecento, grazie (sempre) ai napoletani che amavano esternare i propri sentimenti d’affetto, gratitudine e amicizia, al bar.

Secondo Riccardo Pazzaglia, lo scrittore, paroliere, regista, attore e gran bevitore di caffè, che a questa bevanda ha dedicato un libro (Odore di caffè, Alfredo Guida editore, 2004), l’usanza avrebbe origine dalle dispute che nascevano nei bar nell’esatto momento in cui, dopo un bel momento di relax, il conto passava dalle mani del barista al tavolo. I vari sguardi minacciosi accompagnati dal classico “oggi offro io” non si sprecavano, così come i calcoli sbagliati e le tazzine pagate in più per errore. Il risultato, di conseguenza, si traduceva in credito extra nelle casse del bar. Anziché chiedere indietro i soldi pagati in più, l'avanzo veniva spesso lasciato lì, a beneficio dei prossimi clienti, quasi a espandere ancora più letteralmente il concetto di “oggi offro io” davvero a tutti.

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Poco a poco l’orgoglio di poter condividere un gesto così accogliente a totali sconosciuti, forse un po’ per addolcire la propria coscienza, avrebbe quindi preso definitivamente piede, dando il meglio di sé negli anni delle guerre.

Non sorprende, allora, che il caffè sospeso sia stato riscoperto dopo il 2008, uscendo dai confini campani per arrivare a quelli più internazionali di New York e Brasilia.

Anche se non è stata mai una tradizione completamente morta, è con l’anno del crollo della Lehman Brothers che l’usanza di pagar due caffè anziché uno solo è tornata gloriosamente in voga, dando vita a una catena di iniziative simili su tutto il territorio italiano.

La più nota è quella dello storico Caffè Gabrinus di Napoli che, in occasione dei festeggiamenti per i suoi 150 anni di attività, ha creato nel 2010 la Rete del caffe sospeso, sostenuta persino da alcuni bar in Brasile, Belgio, Spagna, Svezia e Sud Africa. La tradizione del caffè sospeso non si è fermata però al caffè, anzi è stata declinata nel corso degli anni in diversi modi.

La pizzeria Oliva di Napoli, per esempio, ha tradotto questo momento di gioia della condivisione nella “ pizza sospesa”, mentre sempre a Napoli, nel 2016, La Fondazione Donnaregina ha reso possibile l’opzione d’acquisto dei “biglietti sospesi,” per trasformare l’istituzione in uno spazio condiviso.

Ed è proprio con il settore della cultura condivisa, però, che sono sorte le prime problematiche. Tantissimi ricorderanno la campagna “lascia anche tu un libro in sospeso” della Feltrinelli, lanciata con tanto di hashtag virale (#librosospeso) nel 2014. L’iniziativa era ed è lodevole, perché permetteva di regalare un libro a chiunque non potesse permetterselo. Come facilmente intuibile, la Feltrinelli uscì vittoriosa da questo progetto, e le fu attribuita la maternità dell’idea. Erroneamente.

I primissimi “libri in sospeso” d’Italia sono stati proposti dalla nota libreria Modus Vivendi di Palermo nel 2010, e poi rilanciati dall’Ex Libris Café di Salerno passando infine dagli scaffali de Il Mio Libro di via Sannio 18, a Milano. Quattro anni dopo, senza essere citate nel lancio pubblicitario della Feltrinelli, queste librerie hanno visto la propria iniziativa sfumata nel marasma delle campagne marketing, in quella che potremmo ironicamente definire come la similitudine perfetta del caffè sospeso.

Di quest’ultimo sappiamo infatti che sia nato a Napoli, più o meno siamo anche in grado di risalire al periodo storico della nascita, ma il bar, se ce n'è stato uno, che ha effettivamente lanciato la tradizione, risollevando il morale alla popolazione partenopea e della nostra oggi, rimarrà per sempre avvolto nel mistero.

Da una bevanda alla letteratura, il caffè sospeso è tornato, insomma, sulla bocca di tutti. Che sia tutta beneficienza, però, non siamo totalmente sicuri.

Questo post fa parte de La Guida di MUNCHIES al caffè, realizzato in collaborazione con Lavazza