Com'è la pizza di Carlo Cracco: guida all'interpretazione da chi l'ha provata
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Com'è la pizza di Carlo Cracco: guida all'interpretazione da chi l'ha provata

Sono andata al bistrot del ristorante Cracco in Galleria, a Milano, per capire perché tutti ce l'hanno con questa benedetta pizza.

I fatti: Carlo Cracco, ex chef televisivo di fama MasterChef e Hell’s Kitchen, ha aperto un mese fa il suo nuovo ristorante (lo ha definito, per la precisione, “il suo primo vero ristorante”, a testimonianza della lunga insofferenza per gli spazi inadeguati della location precedente, in via Victor Hugo) in Galleria Vittorio Emanuele II a Milano. Al primo piano si trova il ristorante gastronomico, mentre a piano terra, accessibile dalla Galleria, c’è il Bistrot, che serve un piccolo menu di specialità italiane, più il Club Sandwich (in una prima stesura: “un piccolo menu di specialità italiane e internazionali”. Ma in realtà c’è il Club Sandwich).

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C’è anche la Pizza Margherita, costa 16€. Qualche giorno fa, una foto particolarmente poco lusinghiera della suddetta è stata pubblicata su un portale dedicato alla gastronomia, e ne è seguita un’ondata di indignazione tanto virulenta quanto, vi dirò, inspiegabile (forse dovevo far precedere questo aggettivo da “le opinioni”, visto che eravate rimasti che stavo elencando “i fatti”).

Ora io lo so che a Napoli la pizza costa 3,50€, tra l’altro avete il mare e la primavera, qui a Milano è brutto tempo ormai da mesi, io ho perso il conto. Cosa vi devo dire? Beati voi.

Un breve compendio delle posizioni dei detrattori:
- bisogna difendere la tradizione della pizza
- Cracco incapace
- pizza alimento del popolo, deve costare 4€
- Cracco bagno Scavolini
- non bestemmiare il nome della pizza
- Cracco pubblicità delle patatine.

Nessuno degli argomenti aveva particolare finezza, così molti di coloro che ammirano lo chef vicentino hanno adottato una difesa d’ufficio che suonava più o meno così: se io voglio andare a mangiare una pizza della tradizione non andrò da Cracco, noto per la sua creatività senza briglie e l’originalità della sua cucina; chissà partendo dall’umile pizza quale miracolo d’ingegno e fantasia sarà stato capace di congegnare.

Bene, entrambe queste posizioni sono un po’ campate per aria - il che rende tanto più comica la portata di questo polverone.

Cominciamo dal costo: il luogo è di lusso, e questo ha, ovviamente, un impatto. La Galleria Vittorio Emanuele è uno degli spazi più esclusivi della città, e gli affitti sono astronomici. Seduti al tavolino, un caffè costa 5€.

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Ma pure senza andare fino in Galleria: ho dato un’occhiata ai miei ultimi scontrini di pizzerie, e la scorsa settimana ne ho spesi 14€ per una pizza con i pomodorini gialli da Lievità (non mi giudicate, non ho altri hobby costosi - tranne i manghi). Qui a Milano questi sono quasi i prezzi standard per una pizza con qualche ambizione. Ora io lo so che a Napoli la pizza costa 3,50€, tra l’altro avete il mare e la primavera, qui a Milano è brutto tempo ormai da mesi, io ho perso il conto. Cosa vi devo dire? Beati voi.

È un piatto semplice, ed è una vera pizza: non quella napoletana, certo, ma non esiste solo la pizza napoletana in Italia. È un impasto ben lievitato, croccante e panoso, un’eccellente salsa di pomodoro, ottima mozzarella di bufala a fette.

Accantonata questa questione, veniamo alla pizza in sé. L’ho mangiata ieri sera, fotografandola anche io alla buona così da garantirvi onestà giornalistica e un confronto adeguato (=perché non so fare le foto).

La pizza mangiata nel bistrot di Cracco in Galleria

Bene: è un piatto semplice, ed è una vera pizza: non quella napoletana, certo, ma non esiste solo la pizza napoletana in Italia. È un impasto ben lievitato, croccante e panoso, un’eccellente salsa di pomodoro, ottima mozzarella di bufala a fette.

Guizzi d’autore: uno, sul cornicione e nell’impasto ci sono semi di girasole: risultano molto punitivi in fotografia - danno un po’ l’impressione di trovarsi di fronte a quelle “pizze” proteiche dei matti negli Usa che seguono le diete low carb e mettono su Instagram “la pizza” ma la base è fatta di, non so, pollo, o cavolfiore, o semi oleosi - ma nel boccone funzionano, danno una croccantezza e pastosità nient’affatto sgradevoli; due, è servita tiepida e non calda; tre, le foglioline di basilico sono fritte. Concorderete che sia un po’ pochino per gridare alla rivoluzione.

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Mi ripeto: il bistrot di Cracco non è il suo ristorante gastronomico: il menu prevede piatti semplici, eseguiti come si deve, con un’offerta perfettamente adeguata al luogo: così gli spaghetti al pomodoro (18€) sono quello che c’è scritto, e, in ultimo, anche la pizza.

Se Cracco è sopravvissuto alla copertina di GQ con una ragazza nuda e una grossa orata ad alludere al pene, non sarà la Margherita che esula dalla tradizione a farlo scomporre.

Ieri sera fuori dal bistrot sembrava ci fosse la coda, invece era solo un capannello di curiosi. Qualcuno leggeva il menu esposto fuori, altri sbirciavano, sollevandosi un po’ sulle punte, oltre la tendina che cela parzialmente alla vista la piccola sala del bistrot.

Il bistrot non accetta prenotazioni, ma un tavolo si trova con minima attesa - per sapere se c’è la pizza, invece, ho chiamato nel pomeriggio: temevo che avessero deciso di sospendere il titolo per eccesso di ribasso o, semplicemente, per tirare un po’ il respiro da tutte le polemiche. In effetti ieri a pranzo non era disponibile: ma la ragione era che l’impasto era finito. Quando il maitre mi ha accompagnato al tavolo ne ho approfittato per chiedergli un commento sui fatti recenti, e lui ha mostrato il superiore distacco di chi ha affrontato ben altri fortunali - se Cracco è sopravvissuto alla copertina di GQ con una ragazza nuda e una grossa orata ad alludere al pene, non sarà la Margherita che esula dalla tradizione a farlo scomporre.

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“Tutte queste polemiche perché non è una pizza napoletana” mi ha detto allargando le braccia “vorrà dire che la chiameremo in un altro modo: lievitato mozzarella e pomodoro, magari”.

In ultimo, non ce n’è davvero motivo: la pizza di Cracco è esattamente una pizza.


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