Mondeggi Chianti
Tutte le foto Diletta Sereni

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Cibo

La fattoria senza padroni che sta salvando una collina alle porte del Chianti

Un gruppo di ragazzi ha salvato 200 ettari in balìa del degrado e dell'abbandono in Toscana, fra mille difficoltà.
Diletta Sereni
Milan, IT

Aggiornamento 21 maggio 2021 — Negli anni che sono passati da quando è uscito questo pezzo, alla fattoria di Mondeggi sono successe altre cose. Nel 2019 la Città Metropolitana di Firenze (proprietaria dell’area) ha indetto una nuova asta pubblica per vendere terreni e poderi a privati. Come successe con l’asta del 2014, anche questa è andata deserta. Gli occupanti hanno così potuto continuare a vivere e lavorare i campi di Mondeggi: hanno costruito un nuovo forno, altri campi sono stati rimessi in produzione, principalmente di seminativi, a Mondeggi si può andare ancora a comprare pane, olio e vino.

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Proseguono i progetti (Mota e Mova) di coltivazione di ulivi e viti condivisa con i cittadini dei comuni limitrofi (Bagno a Ripoli e Firenze). E Mondeggi è entrata nel coordinamento delle comunità contadine toscane, una rete di pressione per ottenere piccole leggi che favoriscano i piccoli produttori agricoli (qui la raccolta firme su Change.org). La fattoria continua a essere illegale, ma, a detta degli occupanti, sta migliorando il dialogo col proprietario, cioè la Città Metropolitana di Firenze, che al momento non ha previsto altri tentativi di vendita.


Di chi è la terra? Me lo chiedo mentre guido in mezzo alla campagna di Bagno a Ripoli, a sud di Firenze. Sono diretta a Mondeggi, dove nel 2014 un gruppo di persone ha occupato un’antica tenuta agricola di proprietà pubblica, per opporsi alla sua privatizzazione.

Quando vi si sono stabiliti, quei 200 ettari di terra, praticamente una collina intera, erano in balìa del degrado e dell’abbandono. Epilogo della lunga malagestione da parte di una società della Provincia di Firenze (oggi Città Metropolitana) che per decenni ha accumulato debiti maltrattando i terreni e sprecando risorse, fino alla messa in liquidazione nel 2009. Non sono bastati gli appelli accademici e i tavoli con le amministrazioni, l’intenzione della Provincia era ed è tuttora di vendere tutta l’area.

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La campagna intorno a Mondeggi. Tutte le foto dell'autrice.

Io sono cresciuta qua vicino e so che questo luogo ha un valore affettivo per la popolazione della zona. Da bambini si andava a villa Mondeggi per le feste di primavera e ci si perdeva in mezzo alla limonaia. I più anziani qui ci erano venuti a sposarsi. Poi piano piano è uscita dalla vita locale, mentre i campi si riempivano di rovi e la villa si svuotava, finché di Mondeggi ti ricordavi solo quando passavi davanti al cane di pietra che apre il viale di ingresso.

L’occupazione è iniziata con una grande festa nel giugno 2014, che ha permesso a tutti di rientrare a Mondeggi dopo tanto tempo. Ed è continuata in seno alla riflessione di Genuino Clandestino e del comitato Terra Bene Comune, diventando di nome e di fatto la “fattoria senza padroni”.

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"Attenzione Fattoria senza padroni, non si morde!"

Mentre le aste di vendita andavano deserte, la terra ha ricominciato a produrre grazie agli occupanti, la maggior parte tra i 25 e i 35 anni. Così, da qualche anno a Mondeggi si va di nuovo a comprare il pane e l’olio, ma anche verdure, vino, birra, miele. Nel frattempo gli occupanti sono stati denunciati, il processo inizierà a breve, eppure continuano, per prove e tentativi, nel duro e delicato lavoro di ricordare a tutti che sembianze ha un bene pubblico.

Per vedere a che punto siamo, ho incontrato i contadini senza padrone, oggi una quindicina, che vivono e lavorano qui. E mi sono fatta guidare da loro attraverso le attività della fattoria.

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Alessio

Alessio è agronomo e si occupa di Mondeggi dal 2013, dalle prime assemblee al collettivo di Agraria di Firenze, dove è nato il progetto. Elenca alcuni dei lavori iniziali: “abbiamo rifatto i tetti, messo in sicurezza le strade, comprato gli attrezzi, creato un sistema per la raccolta dell’acqua piovana. Il nostro concetto è: vogliamo lasciare la terra in condizioni migliori di come l’abbiamo trovata.”

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Una parte dell'orto

Oggi sta raccogliendo le olive insieme agli altri: “sono più di diecimila olivi. La gestione precedente li ha usati per sperimentare tecniche di raccolta meccanizzata. Poi le piante sono diventate troppo grosse per farci un lavoro redditizio e le hanno abbandonate. Quando le abbiamo prese noi erano abbandonate da 7/8 anni, c’è voluto un po’ per sistemarle”. E precisa: “Non siamo per il ritorno alla preistoria, lo vedi, abbiamo reti da 25 metri e usiamo gli agevolatori, ma la meccanizzazione abbassa la qualità del cibo e toglie manodopera, cioè il contrario di quello che vogliamo noi.”

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L’anno scorso hanno prodotto 40 quintali di olio, venduto sul territorio o inserito nel circuito di distribuzione Rimaflow. La vendita dell’olio è uno dei tasti più delicati per via delle proteste da parte dei produttori locali: l’olio di Mondeggi è venduto a un prezzo più basso rispetto all'olio biologico della zona, anche per non dover far fronte a tasse e burocrazie. “A loro dico che i proventi dell'olio mica arricchiscono noi – dice Alessio – , servono soprattutto a sistemare le strade e i campi, a far crescere il progetto di Mondeggi Bene Comune. E anche che pagherei le tasse volentieri se ci rendessero legali. Ma soprattutto che il nemico non siamo noi, il nemico è l’olio a 3 euro venduto nei supermercati. Anziché farci la guerra tra piccoli dovremmo fare muro contro i colossi”.

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Duccio

Duccio si occupa delle api, anche lui ha studiato agraria e quando è arrivato a Mondeggi era già apicoltore da 5 anni: “tutti facciamo dei lavori fuori da qui: chi pota gli olivi, chi fa consulenze agronomiche, ci arrangiamo per mantenerci.” Le arnie sono una cinquantina, ognuna produce una media di 20 chili di miele all’anno, poi dipende dal clima. E l’apicoltura è anche una delle materie della Scuola Contadina, un’iniziativa didattica che ogni anno fa convergere a Mondeggi docenti e persone che vogliono imparare i mestieri agricoli.

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Daniele

Daniele viene dalle scienze sociali e dalla cooperazione, ed è finito a interessarsi di sviluppo rurale e agronomia. Una delle cose che fa a Mondeggi è coltivare zafferano. “Siamo partiti nel 2014 dai bulbi che ci ha portato un signore della Val Camonica. Ha attecchito bene e oggi cresce in un’area di circa 500 metri quadrati, dove convivono tre varietà, due dalla Sardegna e una toscana.” Oltre al consumo interno, lo zafferano (come gli altri prodotti) viene venduto tramite gas e mercati, in particolare un mercato della rete di Genuino Clandestino, a cui partecipano ogni venerdì a Firenze.

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Elena

Intanto in cucina si fa il pane. Elena e Valentina formano le pagnotte e preparano i cestini per l’ultima fase della lievitazione. È un impasto ad alta idratazione, fatto col grano seminato da loro nei campi della tenuta. “Abbiamo 20 ettari dedicati ai seminativi – racconta Elena – ma considerate le rotazioni ogni anno coltiviamo grani antichi in 4/5 ettari e teniamo un ettaro a orzo per fare la birra. I semi per iniziare li abbiamo presi dalla Rete Semi Rurali.”

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Il pane fatto da Elena e Valentina

Il pane si fa due volte a settimana, 30-40 chili a infornata, ma presto potrà aumentare: “stiamo lavorando alla ristrutturazione di un capannone per trasformarlo in laboratorio. È spazioso, già piastrellato e ci permetterebbe di controllare meglio la temperatura, per aiutare la lievitazione.” Per adesso usano un forno a legna costruito da loro, dove Elena ha appena acceso il fuoco e lo ravviva gettandoci dentro rami secchi.

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Valentina

Valentina studia per diventare naturopata e oltre al pane si occupa anche del laboratorio di erboristeria, che produce saponette, oleoliti e creme. “All’inizio sul nostro banco al mercato c’erano solo le erbe spontanee che raccoglievo io. Poi piano piano si è riempito e i prodotti hanno contribuito a cambiare la percezione del progetto. Chi all’inizio veniva a dirci che eravamo solo chiacchiere ora viene tutte le settimane a comprare il pane. Certo anche noi nel frattempo ci siamo organizzati e c’è stata una selezione naturale delle persone, è rimasto chi era più motivato.”

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Oltre a queste cose, c’è un grande orto e una vigna, quasi tutta a Sangiovese. E c’è anche una parte di oliveta coltivata direttamente dagli abitanti dei paesi limitrofi, dove ogni famiglia si prende cura di 35 olivi e poi l’olio ottenuto viene diviso tra chi ha lavorato, si tratta del progetto Mota. Alcuni dei volontari stanno pranzando a fianco dei campi quando passo da lì.

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Progetto Mota

Di chi è allora la terra? Del suo proprietario registrato in catasto, mi risponde la legalità della legge. Ma è una legge che spesso ignora la responsabilità verso il pianeta, e questo ci fa fare cose strane.

Ci fa ritenere innocente chi – con soldi nostri, fregiandosi dell’aggettivo “pubblico” – quella terra l’ha sprecata per decenni. E invece perseguire chi l’ha presa malconcia e oggi la trasforma in pane e olio. Pane e olio che potrò andare a comprare tutte le volte che avrò voglia di salire in collina, e passeggiare in mezzo a un terreno che per adesso è anche mio.

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