Mihara Tofuten Bangkok
Foto Mihara Tofuten via Facebook

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Cibo

Ho mangiato in un ristorante che serve (quasi) solo tofu

Se pensate che il tofu sia un mattoncino insapore, dovreste andare da Mihara Tofuten a Bangkok.
Giorgia Cannarella
Bologna, IT

“Sto scrivendo un articolo sul tofu”

“Come fermaporte?” Questa è stata la risposta ricevuta da un amico quando gli ho detto mi apprestavo a scrivere un pezzo incentrato sul tofu. O meglio: su un’esperienza specifica ad esso legata. Un’esperienza fatta a Bangkok, poche settimane fa, che ha cambiato per sempre la mia concezione del tofu.

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Screenshot dell'autrice

La risposta è emblematica dell’atteggiamento nostrano legato al tofu, atteggiamento riassumibile con un: ‘Fa schifo’. Pochi italiani - almeno tra le mie conoscenze - hanno assaggiato il tofu, pochissimi lo consumano abitualmente, ancora meno lo amano. Provate a smentirmi. Se dico tofu, quali sono le parole o gli aggettivi che vi vengono subito in mente? Potrei quasi scommettere che siano mattone, insapore, gommoso o altre amenità simili. Il tofu è diventato l’epitome dell’alimento punitivo, che fa bene (è ricco di proteine, ha pochi grassi e pochissimi carboidrati) ma non è buono. Il tofu è sostanzialmente una cagliata di latte di soia. Appartiene alla cultura dell’Estremo Oriente in generale, e a quella giapponese in particolare. Infatti il ristorante dove sono stata a Bangkok è un ristorante giapponese, con la tipica struttura omakase , ovvero ‘menu degustazione a totale discrezione dello chef’, dove il protagonista è solo uno, il tofu. Proprio così: un ristorante specializzato in tofu.

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Vi suona come l’inferno? È il paradiso. E non solo per una come me, che il tofu l'ha sempre apprezzato anche a pezzettoni nell'insalata (ogni tanto ci metto pure il seitan, non giudicatemi). Ma andiamo con ordine. E per andare in ordine dobbiamo aggiungere un ulteriore tassello geografico: lo chef indiano che ha aperto un ristorante giapponese in Thailandia.

Gaggan Anand è un nome noto anche a chi non bazzica di cucina. La sua storia è stata magistralmente raccontata da Chef’s Table su Netflix: nato poverissimo a Calcutta, è arrivato a vincere quattro volte - record assoluto - il titolo di miglior ristorante dell’Asia, secondo gli Asia’s 50 Best Restaurants, con il suo ristorante Gaggan, a Bangkok. Ora in città possiede un piccolo impero: Sühring, Gaa, Meatlicious. E dallo scorso marzo Mihara Tofuten.

Tutto è cominciato nella città di Fukuoka, sull’isola di Kyushu, in Giappone. Qui Gaggan andava spesso a trovare il suo amico Takeshi ‘Goh’ Fukuyama, proprietario del ristoranteLa Maison de la Nature Goh, e dell’originale Mihara Tofuten, aperto insieme a Mihara Tofu, considerato uno dei migliori produttori giapponesi di tofu. L’idea di portare il format a Bangkok gli è venuta mangiando un piatto in particolare: i somen.

"Questo è stato il piatto più costoso della mia vita. Mi è costato tutti i soldi necessari ad aprire il ristorante! Quando ho assaggiato i somen ho detto 'Se non mi concedi il marchio ti ruberò ogni singola ricetta'" ride Gaggan mentre assaggiamo i somen. Questi noodles di farina integrale vengono serviti in un brodo dashi freddo di latte di soia e accompagnati con una tempura. Li potete assaggiare a pranzo, con un piccolo menu fisso a 46 euro, o a cena, dove le portate diventano 16 e il costo 130 euro - abbinamento di vini (ma anche sake, superalcolici giapponesi e tè) escluso. Vi sembra tanto?

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Beh, prima di tutto tenete presente che il tofu non è l’unico ingrediente. Uno dei piatti migliori assaggiati, per dire, è il riso cotto in una pentola di ceramica tradizionale giapponese e servito con funghi, strisce di tofu, edamame… e wagyu. O ancora: la millefoglie di tofu e maguro (tonno). Vincere facile? Forse. Ma il mio pranzo qui mi ha davvero aperto un intero universo di tofu, realizzando che la frase ‘Il tofu è come il formaggio per i giapponesi’, ha una base molto solida di verità.

Ci sono numerose tipologie diverse di tofu a seconda del tipo di latte utilizzato - la concentrazione di fagioli di soia può variare dal 10 al 18% - ma anche della temperatura a cui viene bollito, ed esistono anche sottoprodotti della lavorazione come lo yuba, una membrana giallognola conosciuta anche come ‘pelle di tofu’ e ottenuta dal coagulo in superficie durante la bollitura.

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I diversi tipi di tofu a Mihara Tofuten / Foto dell'autrice

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L'acqua utilizzata nel ristorante / Foto dell'autrice

Nonostante ne producano anche al ristorante, la maggior parte del loro tofu arriva fresco ogni giorno dal Giappone - ovviamente da Mihara Tofu - insieme all'acqua, 30-40 litri, utilizzata per i brodi e il resto delle preparazioni. Non scelgo la parola a caso: il tofu si può utilizzare fresco oppure conservato dopo la pressatura, come quello più comune da noi in Occidente. Ed è forse questa la differenza principale: invece che il ‘mattone’ scopri un prodotto che può essere consumato cremoso come il kinu tofu, simile a seta sul palato, di una leggerezza e morbidezza invero impressionanti, che qui viene fatto degustare in purezza come primo boccone, appena arrivati. Alcune preparazioni di Mihara Tofuten poi riprendono le tradizioni giapponesi, come nel caso del tofu gandomoki sbriciolato e fritto, servito con una crema di formaggio.

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Mapo Tofu vegano

Gaggan è cosciente di quanto sia difficile il suo ruolo di ‘educatore’, anche in un paese come la Thailandia, comunque più avvezzo al consumo del tofu. Lui non si limita a farlo mangiare alla gente: lo rende accattivante. "Make tofu sexy again" potrebbe essere lo slogan del ristorante. A fine pasto ad esempio serve cioccolatini - al pistacchio, al matcha, all’uvetta - a base tofu, la cui splendida confezione è stata realizzata da un designer di Louis Vuitton. Quando li ha messi in vendita online ha venduto tutte le confezioni in 20 minuti per 800 baht thailandesi, l’equivalente di 20 euro.

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Kinu tofu servito come boccone iniziale / Foto dell'autrice

Potremmo trarre molte morali da questa storia. Una potrebbe semplicemente essere che dovremmo mangiare più tofu, perché è una buona fonte di proteine e quindi un buon modo per ridurre il nostro consumo di carne - non a caso si è diffuso nelle culture buddiste, a tendenza prevalentemente vegetariana. Un’altra morale è che non dovreste credere a tutto quello che trovate nei supermarket biologici: il tofu non è un mattoncino sciapo, il kombucha non deve costarvi metà stipendio e l’insalata di fiori eduli in busta non è generalmente una buona idea.

L’ultima morale, la mia preferita, viene dalla storia di Gaggan. Il suo successo planetario deriva dall’essere stato il primo a proporre la cucina indiana in chiave fine dining. Ma ora - come ha annunciato l'anno scorso - chiuderà il Gaggan per aprire, nel 2020, un ristorante sull’isola di Fukuoka insieme al suo amico Goh. Nel frattempo aiuterà il suo sommelier serbo Vladimir Kojic ad aprire un wine bar di vini naturali, Wet, a Bangkok: la provenienza dei vini sarà soprattutto l'Europa centro-orientale.

I confini sono solo mentali. E non c’è niente di meglio che superarli, sporcarsi, contaminarsi, ibridarsi, mescolarsi. Anche e soprattutto a tavola.

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