Migliori arancini milano
Tutte le foto Alice Gemignani

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Cibo

Sono andato alla ricerca dei migliori arancini di Milano

Da siciliano sono andato in missione per capire se a Milano esiste un buon arancino (o arancina).

Vi dirò, l’annosa disputa sul Sesso dell’Arancino/a, per cui s’è scomodata persino l’Accademia della Crusca, mi suscita lo stesso interesse di un documentario sui rituali di accoppiamento delle scolopendre. Sbadigli coi secchielli. Da una parte Palermo rivendica la paternità della figlia fimmina, Catania, in via del tutto speculare, recrimina la genesi del cibo di strada salato più caratteristico dell’intera Sicilia in versione mascolina.

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Regà, con tutto rispetto: a me di come lo/la chiamate nun mi ni futti nenti, quel che conta è che ciò che addento sia eseguito a regola d’arte. In questa lotta tra East Coast e West Coast (e da qui dovreste continuare a leggere mettendo su qualcosa di 2pac e Notorious B.I.G. per calarvi meglio nel clima della faida) di contrapposto non c’è solo il sesso. Eh no, gioia mia. Ci sono differenze fra arancino e arancina:

  • nella forma: nella West Coast palermitana le arancine al ragù – dette accarne - sono tonde e quelle ripiene di besciamella e prosciutto o abburro (cioè, “al burro”) sono a punta. A Catania, ovvero East Coast, forme invertite.
  • nel colore del riso: a Palermo si è soliti “sporcarlo” con un po’ di zafferano, a Catania no anche se ognuno fa un po’ come cazzo gli pare in entrambe le città
  • nel ripieno: il ragù a Palermo è fatto con carne macinata e piselli, a Catania con un pezzetto di carne, tipo spezzatino. Ho detto “tipo” (e piselli opzionali).

Quindi la faccenda linguistica affonda in ben più ampie radici stilistiche.
Ora, prima di narrarvi cosa sono andato a fare per conto di Munchies, mi preme redigere un

BREVE TRATTATO SULLA CORRETTA ESECUZIONE DELL’ARANCINO/A
(scusate, deformazione da cuoco) perché è giusto mettere le cose in chiaro in anticipo.

Il riso, il grande punto debole di tanti/e arancini/e mangiati/e nella mia lunga carriera di Ingurgitatore Seriale, anche in Sicilia: va cotto moooooolto al dente prima che il tutto venga fritto, scongiurando il rischio di Merdosa Poltiglia.

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Il ripieno, appunto. Mai troppo liquido perché potrebbe spaccare l’arancino/a mentre viene fritto, meglio un ragù o sugo di carne ultraristretto, magari passato al colino.

La frittura. Rigorosamente a immersione in abbondante olio di semi di arachidi anche se i più intransigenti rivendicheranno l’uso dell’olio d’oliva. Oh, fate come minchia volete.

La pratica di riempimento. Si fa una palla di riso, la si scava con un pollice, si introduce il ripieno e si sigilla richiudendo la palla scavata, magari prendendo dell’altro riso. È importante avere sempre accanto una ciotola di acqua fredda con cui umettarsi le dita per evitare che i chicchi s’incollino alle mani.

Infine, la panatura. Dev’essere una corazza da guerriero dell’Impero Romano, una roba impenetrabile che, al momento del fatidico morso, deve croccare senza frantumarsi. Consiglio di farla con una pastella densa di acqua fredda e semola di grano duro – dosi “a sentimento” – e poi passare al pangrattato piuttosto che usare il classico metodo farina-uovo sbattuto-pangrattato. Vi viene ‘na roba a prova di incisivi rotti.

E mi preme chiudere con una nota metodologica: l’arancino/a a punta si afferra proprio dalla punta, si capovolge e si mangia a mo’ di cono. So benissimo che tantissimi di voi lo addentano partendo dall’estremità ma ora che ve l’ho detto non avete più alibi.

La Missione: trovare i migliori arancini di Milano

Fatta questa lunga premessa, siccome sento ripetermi troppo spesso che fuori dalla Sicilia non è possibile mangiare arancini/e di lusso (un po’ come: “la pizza solo a Napoli”, “la carbonara solo a Roma”. Du’ palle), vivendo a Milano, la città più vituperata e più vittima di pregiudizi d’Italia, mi sono detto: e se lo cercassi qui l’Arancìn D’Oro?

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Ho stilato un tragitto che va da sud verso nord della città e insieme alla mia cara Alice, fotografa ufficiale delle mie peripezie gastronomiche che un giorno mi condurranno dritto in cardiologia, mi sono messo in marcia e ho spalancato le porte del mio accogliente stomaco.

CRITERIO DI SELEZIONE
Ho ordinato solo arancini/e al ragù/carne e solo laddove erano terminati ho virato su quelli “al burro”. E, dimenticavo: ho evitato i ristoranti di cucina siciliana, sono stato solo in bar/rosticcerie, come si fa nell’isola: dove si sono mai visti/e arancini/e al ristorante in Sicilia? Siamo seri, dai.

COSE NOSTRE

Cose Nostre

In fondo al Naviglio Pavese, in zona Chiesa Rossa e parecchio fuori mano scovo Cose Nostre(nome discutibile, lo so). Zio Totuccio, che è il titolare, vive a Milano da trent’anni ma il suo convinto accento palermitano non è stato minimamente scalfito dalla prolungata lontananza. Ci tiene a informarmi che venerdì e sabato stanno aperti fino alle 5 del mattino. Ora però è mezzogiorno e il mio stomachino brontola. Afferro un’arancina al ragù.

Capisco subito che qui c’è il sapore della Trinacria: panatura colorita e croccante e untina il giusto, riso dalla consistenza ottimale e il ragù saporito, lievemente dolciastro e dalla nota acidula e corposa data da una generosa sfumata con vino rosso. Posso esclamare subito Minchia! con somma soddisfazione anche perché zio Totuccio, quando mi saluta, mi porge una guantiera – non vassoio: Guantiera – di cannoli che sono più simili ad avambracci ripieni di ricotta.

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Il cannolo simil avambraccio di Cose Nostre

Ospitalità come a Palermo e mi pare che il giro parta col morso giusto.

Costo dell’arancina: 3 €.

A’ VUCCIRIA

Torno quindi dentro i confini della circonvallazione esterna e sbuco come una talpa che ha scavato un tunnel sotterraneo davanti A’ Vucciria, catena di cibaglie sicule che ha diversi punti vendita a zonzo per Milano. Qui sono di fronte alla Darsena.

Siamo alla Darsena

Lo provai poco dopo l’apertura e non era poi così male. A distanza di quasi due anni, ahimè, devo constatare la Waterloo papillogustativa. Già alla vista l’esercito di arancine – tonde quelle al ragù, quindi di etimo palermitano, come suggerisce antonomasticamente il nome del locale – si presenta anemico, pallido, necessitante di una salvifica trasfusione di olio incandescente. Non presagisco nulla di buono.

E il presagio si tramuta in certezza all’assaggio: panatura moscia che si scava con la punta delle dita e in cui l’olio è penetrato generosamente, il riso è un intruglio insapore, il ragù è fin troppo acido. Dire male è un magnanimo slancio di bontà e compassione

Costo dell’arancina: 3 €.

KATE AWAY

Sfidando il gelo meneghino, trasferisco barba e apparato digerente da Kate Away, in corso San Gottardo, quindi poco distante da A’ Vucciria. Il locale mi piace molto, piccino e accogliente, pareti bianche puntellate da calde e piccole lucine. Ci sono tre tavoli.

Il claim di Kate Away è “best arancine in town”. Be’, a sto punto devo constatare se c’hanno ragione.

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A un primo colpo d’occhio le arancine sono microscopiche a dispetto di un prezzo da veri gourmet: 4.50 € cadauna. Ne prendo una, tonda e sempre al ragù. Fermo restando che l’arancina presenta un sospetto e incomprensibile buco sul fondo, il primo morso me ne svela l’essenza: riso privo di sapidità e stopposo che mi s’incolla al palato, la panatura sembra dell’altro ieri e il ragù all’interno è letteralmente ghiacciato nonostante il ripasso al microonde e costellato dal grasso rappreso e bianchiccio della carne.

Non so che dire, di certo sul “best arancine in town” non mi trovo così concorde.

BETTO

Risalgo la corrente come una trota salmonata, l’ultima doppietta m’ha un po’ smorzato l’entusiasmo. Mi intrufolo da Betto, una pasticceria dall’ambiente antico, quasi anni trenta con le luminarie che percorrono il soffitto. Mi fanno accomodare a un tavolo dopo aver ordinato un arancino alla carne: qui è a punta, alla catanese, quindi è masculu.

L'arancina a punta = masculu

La solerte e gentile cameriera apparecchia e mi porge coltello e forchetta. Solo un istinto di civiltà e di rispetto verso il suo lavoro mi impedisce di balzare dalla sedia inorridito. Va bene che a Milano c’è un po’ di unto-fobia, ma io l’arancino me lo mangio con le mani. Declino gentilmente l’offerta degli strumenti, dateli ai bisognosi che non comprendono che l’olio fritto fa bene alla pelle dei polpastrelli e combatte lo smog.

Il colore è bello imbrunito, picchetto la punta con l’indice, fa quel toc-toc che promette forza. Infatti la panatura è croccante, il riso compatto e dai chicchi uniti ma ben distinti, solo al ragù manca quello slancetto che me lo farebbe amare.

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Non male, diciamo, al costo di 3,50 €.

ROSTICCERIA LEONCINO

Mi imbarco sul tram 9 e scendo alla fermata Montenero-Bergamo perché in fondo alla via c’è Rosticceria Leoncino. Qui chiamarlo arancino o arancina non fa nessuna differenza, anche se a farmi spallucce è il banconista dall’accento ipermilanese. Potrebbe non far testo.

Ahimè non ci sono arancini/e al ragù, mi tocca quello alla mozzarella, siamo giusto a ridosso dell’ora di pranzo. Una palluzza che mi sta sul palmo di una mano, il primo morso, quello necessario per raggiungere il ripieno, mi trasmette una sibillina anaffettività.

Ci sono solo riso in bianco e un cubetto di mozzarella, l’esterno è un po’ afflosciato, causa qualche ora di frittura fa ma non me ne curo. Il problema è che il tutto lambisce il pericoloso confine del "Non Sapore". Forse lo varca, anche. Non so se quelli al ragù siano meglio, ma di questo non me ne ricorderò.

Costo dell’arancino/a: 2.30 €.

LùBAR

Ci provo sia al bar all’interno del GAM – hanno solo gli arancinetti piccini che non mi interessano – sia in Stazione Centrale dove c’è il punto con ape in bella vista. Non riesco a testarne nemmeno uno perché sono finiti.

Scorgo il prezzo sul menu, ogni pezzo sta a 4 €.

ANTICA FOCACCERIA SAN FRANCESCO

È un luogo storico di Palermo che ha ormai varcato i confini cittadini. A Milano, in zona Porta Venezia, è un ibrido tra una caffetteria/rosticceria e un ristorante, faccio quindi un piccolo strappo alla regola del No Ristoranti solo per la nomea dell’insegna.

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Proprio a Palermo ci mangiai lo scorso anno uno sfincione dall’infinita tristezza ma sono privo di pregiudizi. Vengo in pace. L’arancina che m’atterra di fronte è stata appena fritta, è incandescente e mi ustiono il palato perché sono un ingordo che non sa aspettare. Ciò non toglie che possa constatarne la buona cottura del riso, la crosta ben corazzata, il ragù dalla spiccata presenza della noce moscata.

Promuovo anche se qui i prezzi lievitano: 4 € ad arancina.

ANTICA SICILIA

Mi sposto sempre più a est sulla cartina di Milano e, come per una congiunzione astrale, mi trovo al cospetto di un arancino figlio dei paradigmi della East Coast.

A pochi metri da Piazzale Bacone c’è Antica Sicilia che mette in bella mostra arancini alla carne a 2.80 € al pezzo. L’ambiente è un po’ vecchiotto, sembra un bar degli anni Ottanta con una diffusa luce giallognola e un amore smisurato per il blu mare nelle decorazioni della sala.

E l’arancino è un disastro. Il fatto che siano le 17 – e che quindi sarà stato fritto qualche ora fa – è un alibi troppo gracile al cospetto di una panatura eseguita male ed esangue, un riso stracotto e un ripieno alla carne senza la carne, nel senso che non ne intercetto neanche una briciola col binocolo. É tutto pomodoro, ultradenso e dal forte sapore dolciastro.

Non lo finisco nemmeno, il mio umore cola a picco insieme al sole che tramonta, gettando nelle tenebre Milano e il mio cuore. Devo scrollarmi di dosso questa tristezza, devo trovare qualcosa che mi emozioni, che mi faccia sentire a casa.

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PASTICCERIA LA SICILIANA

Come un Frodo gastronomico, mi addentro in zona Lambrate/Piola e, grufolando, mi introduco da Pasticceria La Siciliana.

Qui la sala ha l’aspetto delle pompose pasticcerie sicule con un massiccio legno ben lucidato che è la materia del bancone dietro il quale un ragazzo dallo spiccato accento catanese, sotto una raffigurazione a mezzo busto di Sant’Agata, patrona di Catania, mi informa che gli arancini alla carne sono finiti. Ce n’è soltanto uno con besciamella, prosciutto e mozzarella.

Sono le 18 e il pessimismo leopardiano sta prendendo il sopravvento. E invece in bocca m’esplode un sapore genuino. Qui c’è dell’amore, qui c’è dell’impegno, qui c’è della simpatia! Il ripieno è cremoso e alterna arroganza e signorilità, la panatura resiste nonostante il solarium al microonde e il riso presenta la migliore cottura della giornata.

Bedda matri, per due minuti mi sento a casa dopo un tumultuoso esilio palatale.

Costo dell’arancino: 3 €.

L’EOLIANA

Dopo sette arancini/e mezzo potrei chiudere qui la pratica ma il dovere di cronaca mi spinge ancora più in là, in zona Ortica, per l’ultimo assaggio di questo Tentato Infarto Tour (acronimo TIT, che mi piace molto). Sono quasi le 19 e L’Eoliana è ancora aperta. Più famosa per la pasticceria e le granite, spero che sia rimasto qualche arancino al ragù. Scruto il bancone. Sì, c’è.

Quello che mi viene porto dal commesso ha un aspetto bello abbronzato, gli mancano solo gli occhiali da sole. E anche questo, nonostante il ripasso al fornetto, dà le sue soddisfazioni, ricco di ripieno proprio come si fa in Sicilia e con una bella dose di formaggio filante che, ormai fuso, copula molto maialescamente col ragù. Il proprietario, che vuol farmi assaggiare il vino che produce lui stesso, è siculo-siculo. Il vino però non mi piace.

Costo dell’arancino: 3 €.

Quindi, se la domanda è se a Milano è possibile trovare l’Arancìn D’Oro, la risposta è: in 2-3 posti sì, in un paio ci siamo quasi.

Altrimenti, se avete nostalgia, ve li/e faccio io a domicilio. Parola d’onore di Scièf.

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