Cosa ho imparato come chef italiano lavorando in Giappone
Tutte le foto per gentile concessione di Rino Duca

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Cibo

Cosa ho imparato come chef italiano lavorando in Giappone

Le lasagne con il ragù di Wagyu funzionano benissimo.
Giorgia Cannarella
Bologna, IT

Rino Duca è lo chef del ristorante Il Grano di Pepe a Ravarino, nella bassa modenese.

Io e lui siamo amici da tanti anni. Quello che mi piace di Rino - oltre al fatto che prepara i cannoli siciliani più buoni del mondo - è il suo essere diverso da qualsiasi altro cuoco conosca, a partire dalla sua storia personale: ha iniziato a cucinare molto tardi, dopo aver lavorato, tra le altre cose, nelle carceri. Questo inizio tardivo e l'esperienza nel sociale hanno avuto diverse conseguenze su di lui: il costante desiderio di viaggiare, ad esempio, visto che gli sono mancati gli stage all'estero ormai tipici del 'canonico' percorso di formazione di uno chef, oltre ad una straordinaria apertura mentale, una predisposizione ad assorbire ogni stimolo, a creare connessioni con le persone più inaspettate. Ed è così che è finito in Giappone.

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Rino Duca e lo chef Yosishiro Seno

Tutto è cominciato quando una coppiadi Hong Kong è venuta al suo ristorante. Dopo la cena si sono complimentati e hanno iniziato a parlare con Rino, scambiandosi opinioni. Lui ha espresso il desiderio, che covava da tempo, di fare un'esperienza lavorativa in Giappone. E loro l'hanno messo in contatto con la sorella di lei, che gestisce un ryokan, albergo tradizionale giapponese, nell'isola di Hokkaido, una località ancora relativamente poco turistica ma in forte espansione.

E così Rino è finito a passare qualche settimana a Zaborin, nel cuore della foresta di Hokkaido, in cucina con lo chef Yosishiro Seno. Appena è tornato, mi sono fatta raccontare tutto quello che ha riportato a casa da questa esperienza.

Prosciutto crudo nel brodo

Per loro la centralità dell’umami è tutto: se un piatto è umami è centrato, punto. La ricerca ossessiva dell’umami è un punto cardine della loro cucina, una traccia sottesa, una trama fondamentale per capirne il disegno. Spesso ci riescono con un uso sapiente delle alghe: le mettono nel dashi, nelle insalate, nel ramen, nello shabu shabu… per giungere allo stesso scopo mettono il prosciutto di Parma nel brodo. Il dashi (brodo di pesce, NdR) è un elemento fondamentale della cucina giapponese. Purezza, pulizia, essenzialità: il dashi li rappresenta tutto. Al ristorante sto aspettando che arrivi la stagione fredda per buttarmi nei brodi e nei ramen.

Stereotipi reciproci

Un giorno ero al mercato e ho notato un signore che sfilettava un pesce in modo incredibile. Mi sono fermata incantato a guardarlo… e ho visto che buttava via le uova, la bottarga. Mi sono fermato a parlargli e, con l'aiuto dei miei amici giapponesi, gli ho insegnato come conservarla. In generale non usano gli scarti del pesce, ad esempio per fare i fondi di cottura. D’altronde sono specchi di prospettive. Anche noi semplifichiamo e banalizziamo le possibilità di alcuni loro prodotti, come il mondo bellissimo della salsa di soia, o il tofu, che per loro ha la varietà dei nostri formaggi.

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Parmigiano Reggiano, olio extravergine di oliva, capperi, farine, Aceto Balsamico Tradizionale di Modena… tutto quello che ho portato è diventato il canale di comunicazione tra me e lo chef, che parlavamo entrambi poco inglese. Un canale non completo ma decisamente incisivo.

Questione di prospettiva

I giapponesi subiscono una fascinazione molto forte per la cucina europea, e per alcune preparazioni iconiche che noi snobbiamo, come il tiramisù. Sono andati in visibilio per la lasagna - abbiamo fatto la pasta con la macchinetta da soba e usato la carne di Wagyu per il ragù. Altre contaminazioni: abbiamo preparato i cannoli con lo yuzu, usato il tofu per il ripieno dei tortelloni… molto interessante.

Ingresso di un ristorante giapponese

I giapponesi non hanno l’impazienza dell’italianità, sono pronti a imparare. I momenti più belli sono stati quelli della panificazione. Vedevi i loro sguardi puri, come quelli di un bambino, davanti alla magia della cottura, alla fragranza della focaccia immersa nell’olio… non me lo dimenticherò mai.

Da qualche parte qui sotto c'è del riso

Rice first

Per loro l’elemento carboidrato è sacro, ma sotto forma di riso, fondamentale nella cucina kaiseki e e ammantato di una sorta di sincretismo shintoista. Come nell’orgiastica festa dello shabu shabu, a cui ho assistito in un ristorante di Sapporo. Lo shabu shabu è una sorta di bourgoignonne, un brodo in cui intingi funghi, cavolo, pak choi, chele di granchio. Si conclude il pasto con il riso - scotto per i nostri palati - cotto nel brodo, che ormai ha preso il sapore dei vari cibi, servito con sopra il tuorlo. Orgasmico. Lì ho davvero goduto - forse anche grazie al tenore alcolico…

Pomodori al supermercato

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Beauty for beauty's sake

La bellezza è un elemento centrale nella cucina giapponese: non c'è mai un elemento di ridondanza nelle ricette, nell'equilibrio dei sapori o nell’impiattamento. A volte però questa attenzione all'estetica, questa ricerca della perfezione, risulta fine a se stessa. Come le verdure impacchettate singolarmente che si trovano al supermercato: non si curano del buono e del giusto. Il mio collega giapponese mi diceva che si sente un po' prigioniero del menu, che da anni non cambia niente perché potrebbe sconvolgere i clienti.

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