Street Food chinatown Milano
Tutte le foto di Alice Gemignani per MUNCHIES Italia, dove non specificato

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Cibo

Mi sono lanciato nel cibo più hardcore della Chinatown di Milano

Un panino all'asino da buttarsi per terra, e poi meduse e ciotole di intestini di maiale fritti. Il miglior "horror food" della Chinatown milanese.

Per noi rimane il primo grande amore dopo la cucina italiana. In un ristorante cinese abbiamo cominciato a familiarizzare con i sapori asiatici e i nuovi ingredienti; qui abbiamo iniziato a giocare con le bacchette - e dopo qualche anno abbiamo anche imparato ad usarle. Sono la terza comunità straniera più presente sul suolo italiano, ma forse non li conosciamo davvero abbastanza. Qui a MUNCHIES, allora, abbiamo pensato di dedicare alla cultura gastronomica cinese una settimana a tema in occasione del Capodanno Cinese.

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Benvenuti alla Chinese Week di MUNCHIES Italia.


Quando Munchies mi dice: “Senti, ti va di andare a testare una roba di street food cinese, tipo un Panino con la carne d’asino? Eh? E poi, vedi tu cosa trovi in giro”, quel “vedi tu cosa trovi in giro” si traduce dentro la mia calotta cranica in “Prova Ad Ammazzarti Mangiando”, in una sorta di harakiri che mescola castigo e voluttà.

Tra l’altro, la situazione stavolta calza a pennello dato che i cinesi, in questo 2018, passeranno dall’anno del Gallo a quello del Cane e io, essendo un segugio gastronomico, non mi sarei mai potuto limitare a un semplice panino. C’è da far festa, serve di più.

Così adesso vi racconto cos’è successo in meno di ventiquattrore in via Paolo Sarpi a Milano, cuore della Chinatown meneghina e che sarà l’epicentro dei festeggiamenti per il Capodanno Cinese il prossimo 16 febbraio.

Medusa e Lingue d'anatra

La sera di un piovoso lunedì acchiappo i miei genitori-da-Caltanissetta-con-furgone in Visita di Stato per tre settimane nelle lande lombarde e li conduco senza l’uso della forza in un ristorante cinese. Per la prima volta nella loro vita. Il luogo designato è Jin Yong, il cui ingresso stretto è immerso in una luce da corsia d’ospedale. Madre e Padre sono inizialmente un po’ diffidenti.

I genitori di UomoSenzaTonno. Foto Marco Giarratana

Dopo un breve tutorial sull’uso delle bacchette, Madre si lancia spericolata su tutte le portate, anche quelle su cui prima aveva sentenziato “No, che schifo, te le mangi tu”, mentre Padre, dopo un tentativo privo di convinzione, abdica in favore delle più comprensibili posate occidentali. Sorvolo sui vari gnocchi cinesi e gyoza e involtini vietnamiti e dim sum, roba che conoscerete a menadito, il focus del test sono due cose: l’insalata di medusa e le lingue d’anatra.

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Immaginate di masticare del silicone croccante: vi presento la medusa.

Medusa Milano Paolo Sarpi

La medusa. Foto Marco Giarratana

Come il tofu è quasi-insapore, quindi dipende molto da condimento che l’accompagna, in questo caso un sughetto acidulo con julienne – un po’ grossa – di cetriolo e carote e del peperoncino per stuzzicare le papille. Invero tutto molto buono, niente di disgustoso se non il concetto di star mangiando qualcosa che in vita, se ti accarezza sottacqua, ti fa smadonnare ai quattro venti. L’assenza di pane con cui far fuori il brodino mi manda però in depressione.

Il vassoietto delle lingue d’anatra sembra un cespuglietto di calamaretti color ocra. Sono servite fredde e, non lo nego, ciò mi disgusta: detesto la carne fredda.

Chinatown Milano

Le lingue di anatra. Foto Marco Giarratana

Ciononostante si fanno rosicchiare con piacere, le lingue, con quel sapore avicolo piuttosto forte che, di primo acchito, non me le rende gradevolissime. Sono cotte al vapore, quindi perfette per chi inorridisce di fronte ai grassi saturi.

Le cameriere, di cui una con un simpatico strato di nero sotto le unghie non riconducibile a un creativo french, portano via i piatti vuoti con viva soddisfazione in volto. E Madre e Padre, inaspettatamente, giubilano per “le cose nuove che ci hai fatto mangiare”. Ah, che figlio che sono! Passo una notte da digestione pacifica ma il giorno dopo la pioggia non ha smesso di cadere.

Panino all'asino made in Paolo Sarpi

Prevedendo un discreto tour de force, il giorno dopo, arrivo a mezzogiorno con un solo caffè in corpo e una sequela di brontolii intestinali che mi fanno capire che è giunto finalmente il momento di sto benedetto Panino con l’Asino.

Panino all'asino Paolo Sarpi Milano

Panino all'Asino e Lingua di asino croccante. Foto Alice Gemignani

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DonHot è in una traversa di via Paolo Sarpi e avrà sì e no una decina di posti a sedere su sgabelli che costeggiano due lunghe mensole d’appoggio, una con vista cassa, l’altra con vista cucina. La comunicazione con la ragazza dietro il bancone non è agevole e quando le chiedo da quale zona della Cina proviene questo meraviglioso costrutto dello street food, devo costringerla a scrivere il nome su un tovagliolo perché non capisco un cazzo: Baoding, nella provincia di Hebei a nord di Pechino. Non riesco a estorcerle altre informazioni.

Passo quindi all’indagine sul campo: erroneamente definito “hamburger”, il “Donhot hamburger” consiste in una sorta di “pulled donkey” stracotto per più di dodici ore e arricchito da non so quante (e quali) spezie che farcisce un paninetto un po’ unto il cui impasto ricorda alla lontana il pane schiocco.

Mi si conceda l’immagine impudica ma il coefficiente erettile di questo panino è altissimo. Ogni morso è un flusso d’eccitazione, l’unione delle unzioni di carne e pane è una sinfonia che promette sincopi cardiache nel lungo termine, l’asinello è morbidissimo e dal sapore diverso dal cavallo, la cui carne è più dolciastra e ferrosa. Delle due misure disponibili, piccola e grande, prendo quella grande che è comunque piccola.

Don Hot

Lingua di asino piccante da DonHot. Foto Alice Gemignani.

Non contento, però, voglio un altro sfizio: la lingua d’asino piccante. Anch’essa fredda ma è un’autentica e sopraffina poesia palatale: ridotta in sottili e tenere fettine e immersa in una salsina ricca di umami è condita con peperoncino, aglio e coriandolo, il quale non prevarica mai nonostante il suo peculiare sapore di saponetta.

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Ne gradirei un'altra porzione ma il senso del dovere mi suggerisce di rimettermi in marcia per vedere cos’altro posso ingurgitare.

Intestini di maiale fritti

La risposta la trovo entrando alla Rosticceria di via Rosmini. Mi investe un forte odore, di quelli facilmente riconoscibili. Mi volto e davanti l’ingresso della cucina, su un tavolo, campeggiano due enormi ciotole con intestini di maiale fritti. Da un’altra ciotolona si leva una colonna di fumo, mi sporgo e scorgo qualcosa che somiglia a una prateria di buchi di culo sbollentati.

Via Rosmini rosticceria cinese Milano

Intestini di Maiale fritti. Foto Alice Gemignani

Nonostante la Rosticceria offra altro nella sua vetrinetta – pesce cotto ma non meglio identificato, zampe d’anatra dal simpatico colore scuro, altre portate di cui non voglio conoscere i successivi effetti sulla mia flora intestinale – ho già deciso cosa mangerò.

Tre donne cinesi servono la clientela, altrettanto cinese, a volumi di voce da inquinamento acustico.

Rosticceria Via Rosmini Milano

Foto Alice Gemignani.

Quando la tipa a cui ordino una vaschetta di intestini starnutisce con sputazzo dritto sulle sue mani e dopo due secondi prende la suddetta vaschetta d’alluminio in cui dovrà deporre il mio cibo, una glaciale scarica di orrore e ipocondria mi percorre la schiena. Ma, molto furbescamente, la tipa starnutente prende gli intestini con la pinza e poi si infila un guanto monouso, estratto da una scatola tutt’altro che a portata di mano a sua volta estratta da una pila di scatole. Taglia queste leccornie di fecal-food e me le porge.

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Uomosenzatonno chinatown

Foto Alice Gemignani.

Le mangio con le mani perché il Dio Del Metal mi ha insegnato così e constato che per lo meno l’intestino è pulito bene anche se il fritto non è croccante. Chi ha mangiato una Stigliola Palermitana Originale – non quelle cose ripulite per fighetti con il cipollotto avvolto in un piccolo budellino, ma l’intestino nudo e puro grigliato, ogni tanto con cremina d’accompagnamento come inaspettato ripieno – non si lascerà intimorire da questo attacco alle papille. L’odore è quasi nauseabondo e dal vago sentore di merda ma io vado fino in fondo e spazzolo tutto. Gli amici della Rosticceria fanno anche i bao al modico prezzo di un euro a pezzo.

Il Bao della Rosticceria di via Rosmin. Foto Alice Gemignani.

Ne prendo uno per sgrassare ma non intuisco di che razza sia l’animale protagonista del ripieno.

Chips di Porco (Orecchie di Maiale) e teste d'anatra

Chiedo al mio stomaco se c’è ancora spazio per qualcosa. La risposta è affermativa. Sono quasi le 14 e direi che un salto da Yue Bin, ristorante al numero 42 di via Paolo Sarpi, posso concedermelo. Ci sono già stato una volta e il battesimo con uovo centenario fu bellissimo. Oggi però voglio andare un po’ oltre. Così, dopo che la gentile cameriera mi abbia chiesto se fossi sicuro di voler mangiare tutta sta roba, riaccendo i recettori e parto dal primo piatto.

Foto Alice Gemignani

Orecchie di maiale. Sempre fredde, te pareva, e croccantine, sono condite con cetriolo e salsa di soia acidulata. Il sapore del maiale è quasi inselvatichito sebbene non sia nulla di così irruento. Sembrano delle chips un po’ collagenose. Chips di porco.

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Zampe d'anatra. Foto Alice Gemignani.

Ma il meglio deve arrivare. Se le zampette d’anatra sono simili a cazzettini di cui c’è poco da mangiare, a meno che non si succhi la salsa di soia in cui le si immerge, le teste di anatra sono un po’ più impegnative.

Teste d'anatra

Foto Alice Gemignani.

Immagino lo chef, in cucina, che solleva il suo cai dao e con tre colpi secchi squarta le testoline dell’ex-pennuto in tre parti. Molto Metal, devo ammetterlo. Vengono prima arrostite fino a bruciacchiarsi e poi servite. Fredde. È vizio, eh. Il sapore è quello dell’anatra arrosto, niente che faccia gridare al miracolo ma resta comunque un piatto sconsigliato agli impressionabili dato che, tra un pezzetto di faccia d’anatra e l’altro, potreste imbattervi in un rimasuglio molle di cervello o in un più tonico occhio cotto. Se la cosa non vi inorridisce, accomodatevi pure.

Zampette d'anatra via Paolo Sarpi Milano

Foto Alice Gemignani

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