In questo ristorante nella Laguna si coltiva un vigneto che dovrebbe essere estinto
Immagine per gentile concessione di Mattia Mionetto

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Cibo

In questo ristorante nella Laguna si coltiva un vigneto che dovrebbe essere estinto

Sono stata a Venissa, ristorante resort che ospita un vigneto che sembrava estinto, e che invece è sopravvissuto anche all'acqua alta di Venezia.
Giorgia Cannarella
Bologna, IT

"A Venezia si è sempre fatta viticoltura: pensa che fino al 1100 in Piazza San Marco c'era un vigneto. "

Essere bolognese implica una serie di cose. La pronuncia cacuminale della "s", ad esempio. Un'ossessione filologica per le ricette della tradizione. E un campanilismo piuttosto pronunciato. I bolognesi non amano Milano, i bolognesi non amano la Romagna, i bolognesi non amano qualsiasi città non sia Bologna. Figurarsi quindi se amano Venezia.

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Come da stereotipo cittadino, io ho sempre associato il capoluogo veneto ai versi di Guccini “Venezia che muore, Venezia appoggiata sul mare, la dolce ossessione degli ultimi suoi giorni tristi, Venezia la vende ai turisti". Per ricredermi su entrambi i punti - il campanilismo gastronomico e quello geografico - c'è voluta una gita a Venissa. La "s" no, quella ce l'ho e me la tengo.

Foto di Nevio Doz

La Venezia lagunare è formata per il 92% d'acqua e per il restante 8% da una decina di isole, a circa mezz'ora di vaporetto da Piazza San Marco, di cui la più grande è Chioggia e la più famosa Burano. A farmi da guida in questo luogo di nebbie lynchiane e paesini dormienti Matteo Bisol, ultima generazione della famiglia Bisol, uno dei nomi più famosi del mondo del Prosecco e creatrice del progetto Venissa sull'isola di Mazzorbo.

Tutto è cominciato nel 2002 quando il padre di Matteo, Gianluca, ha trovato delle uve mai viste prima davanti alla basilica di Santa Maria Assunta, la più antica Chiesa di Venezia, sull'isola di Torcello. Negli anni Duemila ci sono ancora storie che nascono così, per caso - meraviglioso, eh? Incuriosito dall'uva, l'ha fatta esaminare e ha scoperto che erano gli ultimi esemplari rimasti di Dorona, 'l’uva d’oro'. "A Venezia si è sempre fatta viticoltura: pensa che fino al 1100 in Piazza San Marco c'era un vigneto. Sono piante abituate alle alte maree, qualche ora all'acqua salata possono sopravvivere, accade ancora adesso [la foto in copertina, NdR]" mi spiega Matteo "Ma nel 1966 un'acqua alta durata due giorni ha distrutto il patrimonio vinicolo delle isole veneziane. Quella Dorona era una delle poche superstiti. Mio padre ha lavorato insieme a un team di agronomi, hanno scoperto altre vigne nelle isole, e cinque anni dopo le hanno ripiantate a Mazzorbo".

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Un bicchiere di Dorona a Venissa/ Foto dell'autrice

Questo vigneto è l'unico al mondo di Dorona. Minuscolo - circa 0,8 ettari, quattromila piante - e scenografico, circondato da mura medievali e sovrastato da un campanile, è stata una sfida vinta contro tutti i pronostici: "Gli agronomi hanno detto che c’era troppo sale nel terreno, era troppo rischioso, non ce l'avremmo mai fatta. Ora produciamo 4000 bottiglie all'anno" mi spiega Matteo "L’ho provato con esperti che hanno assaggiato i migliori vini al mondo, e tutti dicono che non c’è niente che gli assomigli".

Nel caso siate curiosi di sapere qual è il sapore, considerando che io di vino non so una ceppa, cito da loro: "La mineralità e il forte richiamo al terroir iodato della Venezia Nativa sono le note che appassionano gli amanti del vino". Però posso dirvi qualcosa sull'etichetta, una foglia d’oro zecchino applicata a mano: è bellissima.

Foto di Mattia Mionetto

Intorno a quel vigneto è nato un resort con 5 camere - a cui poi si è aggiunto un albergo diffuso a Burano - un'osteria e un ristorante, aperto nel 2011. La prima stella Michelin è arrivata a stretto giro, con la chef Paula Budel, che ha poi passato il testimone ad Antonia Klugmann, prima che anche lei se ne andasse per un'avventura da solista - e fosse famosa per Masterchef..

Venezia non è facile. La logistica - dei fornitori e dei clienti - non è facile. La clientela stessa, magari alla ricerca di esperienze più svelte e turistiche, non è facile. Non c'è nulla di facile qui, ma Matteo lo dice con orgoglio. "Io vivo ancora vicino alla mia famiglia, in Valdobbiadene, con mia moglie e mio figlio" mi spiega "Ci metto due ore e mezza tra andare e tornare, in alcuni periodi lo faccio tutti i giorni. Ci sono 35 persone che dipendono da me". L'anno scorso il ristorante faticava a trovare una quadra: i clienti erano pochi, la cucina orfana di uno chef. Finché, quasi per gioco, Francesco Brutto ha proposto a Matteo di dargli una mano.

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Francesco Brutto è lo chef di Undicesimo Vineria a Treviso. Lui è Matteo erano amici, la collaborazione è iniziata un po' per scherzo un po' per gioco, ma Francesco si è innamorato subito del progetto: dai primi mesi del 2017 è diventato 'pendolare' veneziano anche lui, e nelle cucine del ristorante ha costruito una brigata giovane e compatta, guidata da Chiara Pavan. A novembre entrambi i ristoranti, a Treviso e a Venezia, hanno conquistato una stella Michelin.

A tavola arriva la laguna, senza scorciatoie e senza inganno. Le verdure, in primis: l'elemento vegetale è spesso il protagonista principale, in piatti come Sedano rapa, nocciola e rucola selvatica oppure Ravioli di bietola, burro di artemisia, pinoli ed erbe.

Mazzorbo ha 250 abitanti, Burano 2500. E tra questi, sorprendentemente, ci sono molti agricoltori. "Il nostro vicino di casa novantunenne attraversa ogni giorno il canale con la barchetta per raccogliere gli ortaggi nel suo appezzamento di terra, poi li porta a casa dalla moglie Gina, che con il carrellino va a venderli alle amiche" mi racconta Matteo ridendo "Mazzorbo è sempre stata a vocazione agricola. Noi abbiamo un orto dentro le mura che è coltivato da nove anziani: il loro 'compenso' lo paghiamo all’Associazione dei Pensionati".

Nei cosiddetti orti salsi il re è il carciofo con le sue castraure, ma crescono anche piselli, pomodori, melanzane, cipolle. E ovviamente c'è un mondo di erbe sparse nelle isole della laguna, che Francesco, Chiara e i ragazzi si divertono molto a cercare (a me 'Cercare erbe nella laguna di Venezia' suona più che altro come un supplizio tantalico. Però le mangio con grande piacere, quello sì).

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E poi il pesce di laguna, con le sue stagioni, le sue caratteristiche, i suoi 'capricci'. C'è la seppia, che viene servita - ogni parte, occhi compresi - cotta e cruda insieme agli agretti, oppure l'ostrica che viene affumicata e usata per farcire gli gnocchi. E ovviamente l'anguilla, che accompagnata da rapa rossa in carpione e acetosella diventa uno dei miei abbinamenti preferiti di sempre. La carne è poca, solo la selvaggina che si può trovare in laguna, come il piccione o la quaglia.

Ma le cose, dice Matteo, potrebbero cambiare presto.

Foto di Mattia Mionetto

"Venezia non è solo pesce: nei nostri progetti c'è quello di creare un allevamento. Vogliamo riportare tutto quello che veniva fatto prima" mi spiega Matteo. Hanno già creato un marchio, Venusa, con cui commercializzano diversi prodotti: un miele di barena, una birra con il santonico, un'artemisia di laguna - "All’inizio non sapevamo dove piantare il vigneto: per capire il luogo giusto devi guardare che piante crescono in un determinato terreno. È stata un’opportunità per conoscere le caratteristiche della flora lagunare" - marmellata di prugne e albicocche, perfino dell'olio. "Qui in laguna abbiamo acquistato un’isola privata, completamente abbandonata, in cui sarebbe troppo costoso costruire un'altra struttura, ma in cui sarebbe fattibile un nuovo progetto di agricoltura-allevamento. Del resto, se non si fa qui qualcosa di unico al mondo, dove altro si può fare?".

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Uno dei piatti signature di Brutto sono i tortellini al tamarindo fermentato con doppia panna e angostura. Detta così sembra una scemenza un po' pretenziosa, lo so. E invece è un piatto pazzesco, una funambolica camminata sul filo dell'acido, un comfort food che ti coccola mentre ti schiaffeggia. A Venissa lo servono abbinato a un cocktail a base vermut. "Ma in futuro c'è il progetto di fare il nostro vermut, con le erbe di laguna, come l'artemisia" mi spiega Matteo.

Ci volevano questi tortellini eretici a farmi rinnegare la mia bolognesità. Ci volevano un vigneto murato e un'uva millenaria a farmi ricredere su Venezia. O forse si fa prima a dire che: ci voleva un progetto fatto con così tanta passione. Quella sì che è merce rara. E val bene un vaporetto.

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