Ho fatto la spesa cercando in ogni modo di non pagare i sacchetti biodegradabili
Andrea mentre fa la spesa. Foto MUNCHIES 

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Cibo

Ho fatto la spesa cercando in ogni modo di non pagare i sacchetti biodegradabili

Le ho tentate tutte e ho anche attaccato briga alla cassa.
Andrea Strafile
Rome, IT

Ormai da quattro giorni le bacheche dei social sono letteralmente invase da post e articoli di ogni sorta incentrati su una questione tanto importante quanto folle. Senza contare i commenti, che invece hanno avuto lo straordinario potere di proiettarci in uno svisceramento delle notizie orwelliano mandando in pappa i nostri cervelli.

Sembra un bollettino di guerra, una battaglia Guelfi contro Ghibellini che puzza di mais.

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Perché devo pagare obbligatoriamente delle buste che mi servono? Perché fate tante storie per due spicci in più sullo scontrino?

Un passo indietro.

In estate è stata approvata una legge, cosiddetta decreto Mezzogiorno, che impone l’uso di sacchetti biodegradabili anche per imbustare frutta, verdura, carni e pesci sfusi. Le motivazioni sono due: abbattere le mafie che si erano presi buona parte del mercato delle buste, e fare del bene all’ambiente.

Non mi sembra facciano schifo come motivazioni. Eppure, da straordinari parolieri guerrafondai quali siamo, ne sono nate polemiche al limite dell’assurdo.

In particolare quello che ci si è chiesti è: per quale assurda ragione devo pagare io per uno strumento che mi serve obbligatoriamente, altrimenti come la faccio la spesa? Se bisogna fare del bene all’ambiente, perché non posso adottare una politica di riutilizzo con le mie shopper di tela portate da casa?

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C’è chi dice “sono due centesimi, questi bronzini che vi dimenticate in fondo alla tasca e non volete nemmeno come resto”; chi pensa sia una manovra del governo per fregarci tutti e chi -santo cielo, sono sempre i miei preferiti - urla al complotto per arricchire gli amici di Renzi.

Per capire meglio come funziona la cosa in una fase decisamente embrionale, ho girato per i supermercati cercando ogni modo per non pagare il sacchetto puzzolente della discordia. Visto che c’ero ho fatto la spesa e quattro chiacchiere con vecchiette e ingegneri. E cassiere, certo, con cui ho tentato di litigare furiosamente.

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Tento in tutti i modi di riprodurre una battaglia verbale come quelle sulle nostre bacheche. Non ci riesco.

Sono in un supermercato abbastanza grande di Roma, ma non importa dove sono. Il banco di frutta e verdura è sempre all’ingresso, da Pordenone a Palermo. Chi più chi meno, accanto alle buste bianche opache della discordia, ha affisso un avviso per avvisare che da quei cosi non si scappa.

L'avviso del pagamento delle buste per gli alimenti.

La gente intorno a volte si ferma a leggere, ma più spesso se ne frega, imbusta e se ne va.

Non riesco a capire se sappiano o meno di quello che è successo, per cui mi do da fare, sperando in un dibattito acceso, tappezzando di etichette vecchie buste di plastica, shopper di tela e la frutta stessa.

La gente mi guarda come se fossi matto e mi comincio a chiedere se forse, a dispetto di tutto il casino sui social, siano ignari di tutto.

Mentre mi aggiro senza pudore tra porri e meloni con una scatola di sacchetti da freezer che tiro fuori uno ad uno per imbustare mi aspetto che qualcuno faccia domande, quantomeno mi sgridi, ma nulla.

Andrea e il melone imbustato nel sacchetto per il freezer.

Per averne la conferma vado a parlare con qualcuno dei clienti ciondolanti e stanchi tentando in tutti i modi di riprodurre una battaglia verbale come quelle sulle nostre bacheche. Soprattutto perché, avete pensato che i vecchietti non stanno lì a leggere i commenti?

“Che dire, mi piacciono questi sacchetti, sono più belli”, mi dice la signora Carla, 86 anni, che è piuttosto ignara della cosa. “Ah, sì? Quindi si pagano? Allora no, non mi piacciono più, ne prendo solamente uno. Non ci credo che sia una legge, siete voi di questo supermercato che avete aumentato i prezzi, ma noi abbiamo fatto la guerra, sa?”.

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La signora Carla

Mentre mi aggiro senza pudore tra porri e meloni con una scatola di sacchetti da freezer che tiro fuori uno ad uno per imbustare mi aspetto che qualcuno faccia domande, quantomeno mi sgridi, ma nulla. Sono solo un deficiente che ha qualche cosa di strano nella testa. Ieri il ministero della salute ha fatto presente, dopo le numerose polemiche, che in effetti si possono usare buste portate da casa, a patto che siano nuove.

La frutta etichettata e messa nei sacchetti del freezer

Il discorso è molto semplice: non puoi mettere della frutta che se ti gira rimetti a posto in un contenitore dove magari ieri c’è stata la carcassa di un pollo morto stecchito che ha passato la vita in mezzo alla merda dei suoi simili. Dopotutto non è una visione sbagliata.

Secondo legge le multe vanno da 250 ai 2500 euro. Non conosco i criteri. Probabilmente etichettare un avocado è più grave che etichettare una mela.

Continuando nella passeggiata sotto le calde luci al neon, mi imbatto in Daniela, simpatica donna romana madre di famiglia, che mi dice: “Che dovemo fa, bisogna andare avanti, altrimenti se stamo a contare tutte queste cose finisce che ci ammaliamo”.

Daniela, simpatica donna romana.

Tutte le persone con cui ho chiacchierato sembrano essere d’accordo sul fatto che questi centesimi graveranno di decine di euro sulla spesa mensile. Facendo due calcoli significherebbe comprare 1000 buste biodegradabili al mese. Ora, non sono un esperto di matematica, ma fatico a credere che compriate mille varietà di verdure, frutti, salami e pesci.

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Vagando ubriaco come solo i grandi supermercati sanno ubriacarti, mi aggiro con le mie belle cose etichettate e non imbustate come un sovversivo nella ormai svanita speranza che qualcuno mi fermi per farmi una multa che, secondo legge, andrebbe dai 250 ai 2500 euro. Non conosco i criteri. Probabilmente etichettare un avocado è più grave che etichettare una mela.

Mentre al banco salumi ancora non ci sono queste fantomatiche buste bio, al reparto pescheria Giulia mi eviscera con abilità due belle orate e me le sbatte dentro questo concentrato di codici a barre e amido di mais. In sostanza la sera avevo un puzzo orrendo dentro casa. Tipo di battuta di pesca in Iowa.

“Cioè, se mettessero due centesimi a busta sarebbe ok, ma penso che siano due centesimi in più al chilo”. Interessante, Giulia, ma no. O sarebbe stata una rivolta giustificata.

Un ingegnere passato di là, fa giustamente notare che è piuttosto difficile riutilizzarle per buttarci l’umido, dal momento che l’etichetta è di plastica e quindi non sarebbe riciclabile.

L'ingegnere che ci spiega perché non si possono riutilizzare le buste bio

Arrivato alla cassa ormai come un malato di mente, vedendo matti e complotti ogni dove, poso i miei begli articoli imbustati in quattro maniere diverse cercando di fare incazzare parecchio la cassiera. Ne ho scelta una coatta lontana un miglio, abbastanza grande per avere famiglia ed essere furiosa con il governo.

Senza battere ciglio ha passato la roba incriminata e mi ha gentilmente detto che il prezzo delle buste biodegradabili l’avrebbe stornato. In pratica ogni volta che battono frutta o verdura, la cassa mette in automatico il prezzo del sacchetto.

Non sapevo bene cosa fare, per cui ho detto: “Ehi, bel casino questo che hanno combinato, eh?”.

“Veramente non me ne frega nulla. Sono altri i problemi, gli aumenti di luce e gas e dell’autostrada, per esempio (questa dell’autostrada è argomento caldo sui social, forse non quanto le buste però). Renzi ci ha dato 80 euro in più? In qualche modo dovrà pur riprenderseli. E comunque in quattro giorni tu sei il primo cretino che si è messo a prezzare la roba in questo modo.”

Mi aspettavo una multa, mi aspettavo una lavata di capo. Invece sono tornato a casa con decine di buste diverse e qualche centesimo risparmiato e ho capito una cosa. Alla gente normale, di questa storia, non frega veramente un cazzo.