La donna che produce succo di mela come se fosse vino
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Cibo

La donna che produce succo di mela come se fosse vino

Zolla 14 è una piccola azienda che tratta le mele con la stessa sacralità dell'uva da vino.
Diletta Sereni
Milan, IT

La Marca Trevigiana mi accoglie nella sua versione migliore, una linea piatta di campagna, la luce invernale limpida, le Alpi innevate all’orizzonte. Sono qui a Carbonera, pochi chilometri da Treviso, per conoscere Zolla 14, una piccola azienda che tratta le mele con la stessa cura e sacralità con cui siamo abituati a pensare l’uva da vino, per estrarne un succo (analcolico) che è – a quanto si dice – straordinario.

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L'entrata di Zolla 14

Varcato il cancello si inizia a intuire il ruolo dell’arte in questa faccenda di mele: due grandi anfore si innalzano a 15 metri da terra, poggiate su sottili gambe di ferro.

Le anfore

“È un’installazione di Franz Stähler” mi spiega Marisa Saggio, proprietaria di Zolla 14, “le anfore stanno lassù a ricordarci di alzare lo sguardo, di non perderci nelle cose insignificanti”. Marisa stessa è un’artista, con alle spalle lunghi periodi vissuti in Giappone, Corea, poi negli Stati Uniti e in Toscana. Ha sperimentato e creato con le tecniche più diverse: pittura, ceramica, la litografia, disegno, land art e, ormai da dodici anni, agricoltura.

“Il nostro intervento rispetta la poesia della terra, cerchiamo di non turbare il suo equilibrio, la sua espressione di diversità; è questa idea di agricoltura che mi ha riportato qui.” Sì perché qui Marisa ci è nata e questa è stata per cinquant’anni la terra dei suoi genitori: “mai avrei pensato di trovarmi a guidare un’azienda di famiglia”. Eppure così è andata e, da quel che ho visto io, questa signora gentile, con una treccia tutto intorno alla testa, ha trovato il suo modo di farlo: rompendo i canoni come si fa con l’arte e cercando nelle cose sempre un senso ulteriore.

Marisa

A un primo impatto il suo può sembrare un approccio naïf e fuori dal mercato ma così non è perché la storia di Zolla 14 è costellata di fiere (Milano Golosa, Pitti Taste) e premi nazionali (Gambero Rosso, Oscar Green Coldiretti) e i prodotti sono inseriti nelle carte di hotel di lusso, gastronomie e ristoranti. L’azienda, fondata nel 2005, ha ottenuto la certificazione biologica due anni dopo e poi nel 2013 è passata alle tecniche biodinamiche: corno silice, corno letame e i ritmi di lavoro dettati dal calendario astronomico, che Marisa fa seguire anche ai laboratori che producono il suo succo.

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Succo di mela che in realtà sono sette: 7 declinazioni, 4 in purezza e 3 blend, circa cinquemila bottiglie all’anno. E il succo di mela non è l’unica cosa che si produce: c’è il sidro, l’aceto e l’omogeneizzato di mela, il nettare di pesca bianca, ortaggi vari, il fieno di erba medica per una stalla biodinamica della zona e la birra al radicchio rosso di Treviso tardivo.

Per fare la birra, Zolla 14 coltiva sia il radicchio che una parte dei cereali, precisamente orzo distico e farro monococco, due varietà antiche.

Il frutteto di Zolla 14

Camminiamo costeggiando gli alberi da frutto, peschi e meli che hanno dai 10 ai 60 anni e coprono gli undici ettari della proprietà, intervallati da siepi e canali.

L’umidità feroce che ci risale dai piedi è in realtà una buona notizia per le piante perché è un indizio di quanta acqua ci sia qui sotto: se la prendono dalle radici, non serve alcuna irrigazione. Gli unici interventi sono le potature e la raccolta, oltre ai trattamenti biodinamici; nessun diserbo, nessun prodotto chimico.

È fine dicembre “gli alberi stanno dormendo” dice Marisa, e però mi fa notare la vitalità del terreno: “se ti fermi a contare le erbe spontanee che ci sono, anche solo qui davanti a noi, trovi almeno una trentina di specie: ortica, camomilla, menta, finocchio, rafano, topinambur.

Crescono da sole, creando un equilibrio.” Una diversità che poi si riflette nei frutti: “le nostre mele sono tutte una diversa dall’altra, non ce ne sono due uguali, nei supermercati sarebbero invendibili perché non rispondono alla logica industriale dei calibri”. In questo suo insistere sulla spontaneità della natura, Marisa mi ricorda due vignaioli che ho conosciuto in Provenza, come loro anche lei ha fiducia nella capacità della terra di fare tutto (o quasi) da sola, una visione dell’agricoltura da cui è difficile non farsi affascinare.

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Ora bisogna assaggiare. Le bottiglie sono di vetro scuro, da 75 cl, simili a quelle per i vini spumanti. E le sette declinazioni di succo sono distinte per il colore del tappo: c’è il giallo delle Golden Delicious in purezza, il rosa del blend Golden-Fuji-Imperatore, eccetera. Marisa ci stappa un verde, blend di Cotogna e Renetta del Canada 2015, e un rosso, Royal Gala in purezza del 2016. Adoro il blend perché la Cotogna rende il succo astringente in modo delicato. Mentre la Royal Gala è più diretta nella sua dolcezza, non a caso - svela Marisa - è il preferito dei bambini.

Ora, temo di non avere abbastanza cultura di succo di mela per poter dare un parere autorevole ma se mi devo fidare del mio palato dico: sono molto buoni, e questo era nell’aria, ma soprattutto complessi, che è un termine che si usa appunto nel vino per descrivere un gusto con molte sfaccettature.

La complessità viene dalla materia prima ma anche dalla lavorazione: “intanto usiamo tutta la mela, compreso il torsolo, che contiene i semi, ricchi di nutrienti preziosi. Poi dopo la spremitura a freddo lasciamo decantare una notte e il giorno dopo imbottigliamo, mantenendo comunque una piccola parte di polpa, che è ricca di fibre e pectine”. È grazie anche a questo deposito – dice Marisa – oltre alla pastorizzazione a bassa temperatura, che il lungo affinamento in bottiglia, spesso oltre i 3 anni, porta a un’evoluzione del gusto nel tempo, tirando fuori complessità e persistenza. E valorizzando l’identità delle diverse cultivar.

In questa inedita (per me) degustazione senza alcol, osservo le etichette delle bottiglie, sono dei piccoli origami. Ancora un dettaglio che testimonia un’attenzione alla bellezza niente affatto secondaria.

E forse spiega in piccolo la distanza che corre tra i succhi di mela industriali e quelli di aziende come Zolla 14, cioè la distanza tra un’etichetta incollata da una macchina in un secondo, e un’altra che prende forma con lenti gesti delle mani.