Quando gli italiani negli anni '70 se la sono vista brutta con l'Austerity in cucina
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Quando gli italiani negli anni '70 se la sono vista brutta con l'Austerity in cucina

Un libro degli anni '70 insegnava agli italiani come comportarsi in cucina con la crisi, mangiando poca carne e cercando di non sprecare nulla. Vi ricorda qualcosa?

C’è un film del 1973 molto caro ai cinefili e agli amanti della filmografia gastronomica. Si chiama Le Grande Bouffe (La Grande Abbuffata), il regista è Marco Ferreri ed è recitato da diversi grandi interpreti, tra cui Marcello Mastroianni e Ugo Tognazzi.

La pellicola è l’allegoria della società dei consumi che consuma sé stessa, con gli attori chiamati a recitare la parte di figure di spicco della società (chef, giudice, pilota, dirigente televisivo) che non sono riusciti a colmare i vuoti della propria esistenza e decidono di farla finita, in modo plateale: i quattro si rinchiudono in una villa con l’intenzione di appagare tutti i propri bassi istinti, ingozzandosi di buon cibo fino a non sentirne neanche più il sapore, fino a scoppiare.

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Quest’ingordigia finisce per ammazzarli, proprio come il capitalismo e la cultura del boom economico stava divorando la società stessa.
Era arrivata l’Austerity, fredda e pungente come un cubetto di ghiaccio lungo la schiena.

Il ricettario si basa su alcuni principi adesso ampiamente sdoganati: riuso degli avanzi, contenimento dei consumi, ritorno alla stagionalità, attenzione al portafoglio.

Era il 1973 e una serie di contingenze - guerra del Kippur in primis - aveva causato un raddoppiamento secco del prezzo del petrolio, costringendo letteralmente il governo italiano a mettere in atto una politica di austerità, che forse per apparire più leggera era chiamata all’inglese con quella simpatica y finale.

Scene di austerity in Italia. Foto via Wikipedia

La politica dell’austerity prevedeva il contenimento del consumo del petrolio e un serie di altre restrizioni, le cose dovevano cambiare subito perché si trattava di un’emergenza. Di domenica, il veto assoluto agli automezzi di circolare, ritornando all’uso delle gambe e della bicicletta (in Corso Buenos Aires a Milano non era difficile vedere anche gente a cavallo). L’Austerity segnava la nascita coatta di una nuova sensibilità ambientale e di un atteggiamento critico nei confronti dei consumi sfrenati del dopoguerra.

E cosa succede alla cucina durante l’Austerity?

Nel 1974 esce Cucina in Austerity, un volumetto dalla copertina che traduce in immagine e grafica tutto quello che è stato vissuto negli anni Settanta. È sempre stato lì, nella libreria gastronomica di mia madre, e sono abbastanza convinto che possa essere anche nelle case di molti di voi a prendere la polvere. Il libro è scritto da un cuoco, Luigi Carnacina, insieme al giornalista Vincenzo Buonassisi e a sua moglie Lia Cantoni, per garantire che le intenzioni fossero tradotte in consigli pratici che solo una massaia ai tempi era capace di dare.

L’introduzione del volume riassume gli intenti degli autori: “Il gastronomo fa atto di contrizione davanti a questo libro sulla cucina dell’austerity: che significa cucina meno costosa, ma non meno gustosa, anzi spesso più appetibile della cucina spendacciona e anche monotona, in molti casi, a cui ci stava avviando la mentalità consumistica.”

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Il ricettario si basa su alcuni principi adesso ampiamente sdoganati, ma allora completamente nuovi e abbastanza rischiosi per un pubblico che non aveva nessuna intenzione di ritornare alle restrizioni del periodo bellico: riuso degli avanzi, contenimento dei consumi, ritorno alla stagionalità, attenzione al portafoglio.

380 ricette in totale che, più a livello teorico che pratico, testimoniano un’attenzione a cosa comprare e quando, riducendo di molto gli esotismi e reintroducendo ingredienti ormai dimenticati nelle cucine degli appartamenti di città: la saracca, le frattaglie, le alici, la polenta. Una rivalutazione dei piatti “antichi” e della “tradizione”, concetto nuovo e ancora amorfo in una cultura dove l’allergia verso la cucina popolare è ancora molto radicata, come recitava Totò ironicamente in uno dei suoi film:

“La pasta e fagioli… io sono un signore, non posso mangiare queste cose, devo mangiare la maionese”

Cucina in Austerity, nella penultima rubrica, cerca di spingere anche i cicli di “magro” e i menu vegetariani: un tentativo che agli occhi di noi contemporanei appare piuttosto goffo di ricordare ai consumatori italiani che non esiste solo la carne. Con premesse sicuramente diverse da quelle che spingono i flexitariani oggi: la verdura costava indubbiamente meno e faceva bene.
È difficile stabilire se questa pubblicazione abbia segnato una svolta nella cultura gastronomica oppure no. Nei ricettari degli anni seguenti, la panna e la salsa Worcestershire continueranno a regnare. Ma una cosa è certa: l’Austerity ha avuto una sua declinazione nella cultura gastronomica, di cui il libro si è fatto portavoce. E di sicuro viene suggerito un atteggiamento critico che mette le radici e porta agli esiti di cui ancora sentiamo potentemente i lasciti. Il ritorno al passato, la necessità di evitare gli sprechi e di rispettare la stagionalità dei prodotti della natura.

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E poi, credo che abbia lasciato una traccia di sé in quell’immaginario degli anni Settanta, fatto di palette di colori caldi, case di campagna, vestiti di lana, zuppe di cipolla e polentate.
Decido dunque di sprofondare in quell’atmosfera arancione e beige un po’ country, ascoltando Rino Gaetano e mettendo su YouTube cinegiornali degli anni di piombo (grazie Vezzoli). Indosso pantaloni a zampa d’elefante e un gilet di lana stretto stretto, poi sfoglio le pagine del ricettario, scartando per mia schizzinoseria cervella, strutto e rognone di vitello, e opto per la proposta ”Insalata di pasta col lesso”, che promette molto bene ed è adatta al mood in cui mi trovo al momento.

INSALATA DI PASTA COL LESSO | Per sei persone

gr 400 di pasta
gr 300 di manzo lesso
olio
cetriolini sott’aceto
capperi
prezzemolo
sale
pepe
eventualmente: olive nere, peperoni, melanzane, barbabietola

“Piatto su misura per utilizzare eventuali pezzi di lesso avanzato. Lessare la pasta, scolarla bene, lasciarla raffreddare, mescolarla col lesso tagliato a dadini, condire con olio, cetriolini tagliati pure a dadini, capperi, prezzemolo, sale, pepe. Si possono aggiungere olive nere snocciolate, peperoni arrostiti e tagliati a striscioline, melanzane cotte al funghetto, barbabietole tagliate sempre a dadini.” (Cucina in Austerity)

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