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Cibo

Ho fatto caffè per un giorno intero alla ricerca della moka perfetta

Quando ho iniziato a fare la moka non avevo minimamente idea che il brodo che ne usciva fuori fosse di poco migliore all’acqua del Tevere.
Andrea Strafile
Rome, IT
Foto Eric BARBEAU via Unsplash

Questo post fa parte de La Guida di MUNCHIES al caffè, realizzato in collaborazione con Lavazza.

Quando sono andato a vivere da solo non ero abituato a fare la moka: a casa dei miei c’era sempre stata la macchinetta con le cialde o quella per l'espresso. Quando ho iniziato a fare la moka non avevo minimamente idea che il brodo che ne usciva fuori fosse di poco migliore all’acqua del Tevere, o forse no. Zuccheravo, bevevo e via, fuori a scoprire il mondo.

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La mia ragazza, se possibile, riesce a fare anche di peggio, ma ho scoperto che se allungo il tutto con acqua viene fuori una sorta di americano, per cui non è male.

Fino a che un amico non mi ha detto di fare un caffè dopo pranzo. Dopo dieci minuti sani nemmeno un gorgoglio, all’uscita grida di giubilo, maledizioni alla Santa Bialetti e giù nelle tazze. Il colore di un marrone sciacquato ho scoperto non essere l’unico problema. A quanto pare ero il solo italiano capace di tirare fuori un sapore allo stesso tempo spento e bruciato, roba che nemmeno quattro cucchiaini di caffè potevano salvare.

Il buon Elis, che è nato albanese, ma ha vissuto la maggior parte della vita a Subiaco, paesino laziale arroccato dove la gente parla burino ma cucina da Dio, ha pensato bene allora di darmi il giusto scappellotto e quindi di insegnarmi a fare il caffè decentemente.

Perché lo sappiate sbagliavo tutte le regole base per fare in modo che uscisse buono o che uscisse e basta, per cui in linea di massima se adesso le leggete e fate l’esatto contrario, avrete un prodotto quanto meno ok. Un po' come insegnare la dizione corretta a un milanese: “Non ne imbrocchi una, se cambi tutti gli accenti sulle vocali hai la lingua italiana, dolcezza”.

La moka all’inizio (ovvero cose da non ripetere mai)

Acqua fino a dove volevo uscisse (poca acqua, poco caffè e così via), la polvere veniva inserita secondo il criterio ‘un cucchiaino, una bella pigiata’, la caffettiera chiusa tanto per chiuderla e fuoco rigorosamente altissimo per fare in fretta.

Quando ti dicono che il caffè è un rito, ho imparato che devi prenderla molto seriamente. Non si scherza. E diventerai anche una persona migliore. Dalla scelta del caffè e della sua grana, fino ai manierismi tipo di bagnare la parte bassa prima di mettere sul fuoco, c’è tutto un mondo bellissimo che è un rituale quasi tribale, con le sue regole e la sua aggregazione empatica.

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Con l’idea di riscoprire questo rito-rituale ho contattato alcune delle torrefazioni più antiche e importanti d’Italia per conoscere le istruzioni perfette per fare la moka a casa.

Ed è venuto fuori che dal nord al centro, passando per sud e isole ci sono piccole differenze, quasi delle manie, che raccontano storie di piacere e convivialità diverse ma unite, esattamente come i dialetti.

Torrefazione Mexico a Napoli mi ha spiegato ad esempio che la fiamma va tenuta media, non bassa; Spartaco a Roma parla di una grana più grossa rispetto alle altre; Torrefazione Maggiora di Torino vuole acqua fredda; Piccola Torrefazione Kaldi di Lecce invece ci dice, completamente contro ogni pensiero comune, che la caffettiera non deve essere vecchia; Pitarresi di Palermo consiglia di riempire molto il filtro di caffè per averlo corposo; e infine Torrefazione Cannaregio di Venezia preferisce acqua minerale e non del rubinetto.

Alla ricerca della moka perfetta, ho seguito alla lettera ognuna di queste istruzioni tirando fuori circa 5 litri di caffè e sono arrivato a estrapolare un caffè incredibilmente buono uscito da un mix di regole che ora vi dico punto per punto.

La scelta della moka

Fondamentale e definitiva.
La moka che usate non deve essere del tutto nuova, ma nemmeno stravecchia.

Perché se è troppo giovane non ha quei depositi minerali e oleosi che rimangono e arricchiscono il sapore finale, se invece è troppo vecchia tenderà a rilasciare punte amare e ferrose. L’alluminio è poroso, segnatevelo.
Non in lavastoviglie, niente detersivi, vi prego.

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L’acqua

Più è ricca di minerali, più il caffè verrà corposo. Quando apri i rubinetti romani insieme scendono le ricette mediche per i controlli dei calcoli renali, per dire.

Per cui vanno bene sia rubinetto che acqua della bottiglia, dipende da dove siete nel primo caso e che minerali prevalgono nel secondo. Temperatura ambiente.

E arriviamo alla ciccia: il livello non deve superare il valvolino che sembra un tenero capezzolo. Se lo supera non ne avrete uno più lungo, ma una brodaglia, se sta sotto non ha la forza necessaria per farlo salire nel modo corretto.

Il caffè

Non parlerò della miscela, perché quella va a gusto. Tendenzialmente è sempre meglio avere delle Monorigin per risaltare tutte le caratteristiche meravigliose della pianta. Robusta per la densità, arabica per i profumi. Se volete un blend, prendete in percentuale cosa più volete gustare.

Foto IRENE COCO via Unsplash

Non c’è una grana perfetta, perché anche se non ci fate caso, ogni filtro ha buchi più o meno piccoli. Più piccoli macina medio-piccola, più grandi macina media.

E ora la questione più delicata: quanto ne metto? Devo pigiarlo? Se ne metti troppo si ottura. Se lo pigi troppo si ottura.

La muntagnella alta alla napoletana non funziona come tutti credevamo.

Bisogna fare una piccola cupola di caffè che andrà pressata leggerissimamente e pulire tutti i granelli dai bordi per chiudere al meglio.

Il procedimento e il fuoco

Stringete, forte. Col canovaccio. Mettete sul fornello e accendete una fiamma medio-bassa. Per sapere se è giusto, il fuoco non deve oltrepassare il diametro della moka.

Aspettate, vuole i suoi tempi come tutte le dive, e NON APRITE quel dannato coperchio, il calore è fondamentale. Se non resistete vendono caffettiere trasparenti per godere dello spettacolo.

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A pochi secondi dal gorgoglio sarete rinsaviti grazie all’odore e dovrete abbassare la fiamma al minimo fino a spegnerla quando il caffè è uscito per tre quarti. La parte finale è quella che permette ai tuoi amici di dire “sembra acqua dei sottovasi”, lasciatela stare.

Se avete fatto tutto giusto sarebbe dovuto uscire fluido, ma cremoso.

Il servizio

Aprite e mescolate subito, deve essere omogeneo.

Volete zuccherarlo nella moka? Mettete lo zucchero prima di accendere il fuoco.
Volete la Shchiumetta? Zucchero in un bicchiere di vetro, bagnatelo con le prime gocce di caffè e sbattete forte fino ad avere una cosa liquida, ma densa. Caffè in tazzina, cucchiaino di questo liquido et voilà.

Qualsiasi cosa vi piaccia, su una regola sono tutti d’accordo. Bevetelo caldo.

Questo post fa parte de La Guida di MUNCHIES al caffè, realizzato in collaborazione con Lavazza