Dove mangiare italiano a Ginevra
Tutte le foto di Alex Teuscher per gentile concessione de La Bottega
svizzera

A Ginevra si mangia della cucina italiana buonissima, ma costosissima

Tra coda alla vaccinara in carrozza e pizze da 40 euro, in città c'è da divertirsi, a patto di poterselo permettere.
Giorgia Cannarella
Bologna, IT

“Sì, tornerei in Italia. Ma solo a vivere. A lavorare, mai.”

Sorride Francesco Gasbarro nel rispondere a una domanda che, ne sono sicura, si è sentito ripetere milioni di volte. Perché ehi, com’è possibile che un italiano decida, nel pieno delle sue facoltà mentali, di mollare tutto, andarsene e trasferirsi a Ginevra? In Svizzera? Dev’essere pazzo.

O forse no, dopotutto, penso prendendo un altro sorso di champagne, mentre dalla terrazza de La Bottega il tramonto colora di rosa i tetti della città e in Place de Neuve si accendono le luci.

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La storia di Gasbarro è stata raccontata da Agorà in un servizio dal sobrio titolo di “Troppe tasse, chef stellato scappa in Svizzera". Nel 2014 Francesco lavora alla Bottega del Buon Caffè di Firenze. I clienti ci sono, la buona nomea pure. Quello che manca, beh, è il guadagno. E così inizia a pensare qualcosa tipo: qual è una città dove il denaro c’è ma la cultura gastronomica no? La risposta è semplice: Ginevra. La cosmopolita Ginevra, sede di decine di organizzazioni internazionali (37 per la precisione, da 179 stati, per un totale di 25.000) e centro nevralgico del sistema bancario europeo, celebre per la gioielleria e l'orologeria di lusso. La ricchissima Ginevra, dove due camere in un hotel tre stelle possono costare fino a 900 euro (951, per la precisione: l’ho provato). Si trasferiscono. A maggio 2015 aprono La Bottega.

“Lo scontrino medio è 75 franchi. È un prezzo medio-basso per la città, te lo assicuro. Devi proprio entrare in un altro schema mentale. Io per un anno non sono uscito a cena.”

A ottobre 2015 arriva la prima stella Michelin. “Nel 2015 qui dominava la nouvelle cuisine anni Novanta. Ci sono ancora, eh, specialmente negli hotel. Però negli ultimi anni hanno aperto più locali giovani, divertenti” racconta Francesco. “Quando abbiamo aperto noi eravamo un unicum. Non c’era il concetto di ristorante gastronomico di alto livello.” A Ginevra e dintorni ci sono 13 ristoranti stellati - la maggior parte dei quali si appoggia a strutture alberghiere di lusso. La Bottega è diversa: atmosfera rilassata, cucina con zero influenze francesi - quasi un'eresia, in questo cantone - dove i prodotti italiani si contaminano con tecniche da tutto il mondo, carta dei vini molto improntata al naturale. I menu degustazione propongono un percorso di 4, 6 e 9 portate, rispettivamente a 65, 85 e 110 franchi: un prezzo assolutamente medio per la città.

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Polpo-La-Bottega
Risotto-La-Bottega

“Acquistare un locale è facile dal punto di vista burocratico. Ovviamente meno facile da quello economico” ride. “Anche i costi di gestione sono molto elevati. Non ti puoi improvvisare.” Ginevra ha il più alto numero di ristoranti pro capite nel paese, però molti chiudono dopo poche settimane. Lui non solo ha chiuso ma ha raddoppiato: nella vecchia sede del ristorante, trasferitosi tre anni fa, c’è l’Osteria La Bottega. Qui mangio una coda alla vaccinara in carrozza per 19 franchi, faccio la prova del nove della burrata all'estero a 24 franchi, poi i cappellacci alle erbe ricotta e ribes nero le fettuccine al ragout [sic] di manzo a 32 franchi. Nella carta dei vini lo champagne c’è sì, ma c'è anche tanta Toscana e la carta ha il simbolo speciale per vini macerati e in anfora (e anche il cuore per i vini coups de coeur). “Lo scontrino medio è 75 franchi [67 euro, NdR]. Ti assicuro che è un prezzo medio-basso per la città. Devi proprio entrare in un altro schema mentale. Io per un anno non sono uscito a cena.”

Qui uno stagista deve essere pagato minimo 2200 franchi lordi.

Ma è davvero tutto oro quello che luccica come un Rotary da polso? “Ci sono alcune difficoltà oggettive. Ad esempio è difficile costruire una brigata. Ristoranti come il Noma riescono a mantenere quell’attenzione maniacale al dettaglio grazie agli stagisti. Qui uno stagista deve essere pagato minimo 2200 franchi lordi.”

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La stessa cosa me la dice Enrico Bortesi di Kytaly. "Ginevra non è semplice. Per dire, qui il salario minimo garantito è di 3500 franchi svizzeri. Gli affitti sono alti, tutti i prezzi sono alti, non è semplice rientrare dei costi. E poi i ginevrini sono difficili, tradizionalisti. Noi abbiamo una carta di vini italiani ma siamo stati costretti a tenere il rosé francese. Avevamo troppe proteste."

La pizzeria ha la consulenza di Franco Pepe, uno dei pizzaioli più famosi del nostro paese, e quest’anno è stata dichiarata sesta pizza migliore in Europa secondo una delle più importanti classifiche di settore. Le materie prime vengono tutte, rigorosamente, dall'Italia. Io sono stata da Pepe in Grani a Caiazzo e posso onestamente affermare che la differenza non si sente. Ordino la Sole nel piatto: pomodori del piennolo, bufala DOP, acciughe di Cetara, olive nere di Caiazzo. Strepitosa. 27 franchi (24 euro). La Margherita è a 18 franchi (16 euro). Prima di tornare a casa mi fermo in una pizzeria super kitsch, dove gli interni sono un misto tra Gardaland e un circo di paese, per fare un check perché ehi, io prendo seriamente il mio lavoro, anche quando si trratta di mangiare due pizze: una pizza con fontana di prosciutto di Parma costa 45 franchi (40 euro).

Parlo con la mia amica Sara Cabrele in un pomeriggio di sole. Siamo sedute ai Bains des Pâquis, i ragazzi si buttano urlando in acqua, ho appena bevuto una bibita solo tre euro e Ginevra mi sembra improvvisamente accogliente, calda, profumata di possibilità.

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Sara si è trasferita qui un anno fa per seguire il marito, che lavora nella Croce Rossa, e mi racconta di come è cambiata la città da quando ha iniziato a frequentarla nel 2013: "I ristoranti italiani erano fermi allo stereotipo della prima immigrazione italiana, negli anni Sessanta, al fiasco di vino sulla tovaglia a quadri. Negli ultimi anni sembra che le cose stiano cambiando. Ci sono prodotti di qualità e soprattutto c'è creatività, come alla Bottega. Un processo di demacchietizzazione."

Insomma, le cose si muovono, pure a Ginevra che Sara definisce la "Bella Addormentata" della ristorazione. Sarà ora che svecchiamo il pregiudizio secondo cui in Svizzera si mangia male? "Il problema del ginevrino è che è calvinista. Non gli piace ostentare, e nemmeno troppo godere. E poi c'è una divisione settaria: i 'veri' ginevrini vanno sempre negli stessi ristoranti, francesi tendenzialmente, gli expat, che sono il 50% della popolazione, in altri. E finalmente iniziano a capire che la ristorazione italiana è varia, ricca e complessa, non solo spaghetti alla bolognese e Montepulciano nel fiasco. Da un'etnicità di principio a un'autenticità vera."

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