Cultura

Come Lilli Gruber si è trasformata nell'ossessione dell'Internet italiano

Haters, meme e “10 Minuti di Lilli Gruber che dice 'Buonasera e benvenuto'" su Youtube: la conduttrice di Otto e mezzo, anche per la sua storia, è uno dei personaggi più polarizzanti d'Italia.
Vincenzo Ligresti
Milan, IT
Lilli Gruber

Quando mi chiedono quale sarebbe il mio lavoro ideale, rispondo sempre con convinzione: realizzare “Il punto.” Si tratta di un video-servizio di pochi minuti, a firma di Paolo Pagliaro, che riassume l’argomento del giorno a Otto e mezzo, in onda dal lunedì al sabato su La7.

Il programma esiste da un sacco di anni: prima si chiamava Diario di Guerra e prevedeva una doppia conduzione; la primissima fu quella di Ferrara e Lerner. Poi dal 2009, dopo un anno di co-conduzione con Federico Guglia, lo spazio televisivo è divenuto in maniera esclusiva “il programma di Lilli Gruber.” La quale negli ultimi anni, e soprattutto con le uscite promozionali del suo ultimo libro Basta! Il potere delle donne contro la politica del testosterone, è diventata una delle figure più polarizzanti dell’internet italiano.

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Sull’argomento dell’emancipazione femminile, la giornalista ne è proprio un esempio: è stata “la prima donna nell’87 a condurre il Tg di prima serata nella televisione italiana,” come ha ricordato l’anno scorso Serena Dandini a La tv delle Ragazze. Cioè lo stesso programma in cui, 30 anni prima, una giovane Lilli Gruber era già stata intervista nel suo letto, in un siparietto recitato un po’ male che risulta molto distante dall’idea che abbiamo oggi del suo personaggio. Ma erano altri tempi, e come ha detto lei stessa "poi dopo probabilmente non l'avrei più fatto."

Ciò che resta immutato di quel periodo, invece, è l'immagine che Lilli Gruber ha creato di se stessa: altamente riconoscibile e impattante. Come viene raccontato nel saggio Speciale Tg. la messa è finita, curato dallo storico della tv Giorgio Simonelli, all'epoca Gruber ha sovvertito le regole prestabilite fino a quel momento: ha rifiutato la solita inflazionata posizione frontale degli anchorman, sostituendola alla sua celebre “posizione a tre quarti”; e ha iniziato a ricordare a fine tg l’appuntamento con lei (“Ci vediamo domani alla stessa ora!”), piuttosto che l'ora in cui sarebbe andata in onda l’edizione successiva.

A queste prime peculiarità dei tempi in Rai, bisogna anche aggiungere lo stile di conduzione affinato da Lilli Gruber, che negli anni abbiamo imparato a conoscere soprattutto grazie a Otto e Mezzo: incalzante, diretto, non sempre ortodosso e via via "più commentato". Come se progressivamente la giornalista avesse acquisito la consapevolezza del suo ruolo, della sua autorità e fama nel campo dell’informazione.

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Di esempi concreti ne potrei citare a bizzeffe: il “non rispondi alla mia domanda” rivolto a Marco Travaglio in una puntata dedicata a Carofiglio; il “lei è un uomo fortunato” a Maurizio Paniz quando le dice di non ricordarsi l’ammontare del suo vitalizio; lo “studiate prima, e poi forse andate al governo” ad Alessandro Di Battista ritornato sulla scena lo scorso giugno; il “non dica sciocchezze” rivolto alla Meloni durante una discussione sull’Unione Europea.

In sostanza, Gruber negli anni ha coltivato uno stile d'intervista che evita ad ogni costo di essere accomodante. E questa caratteristica è uno dei suoi più grandi pregi per chi ama il suo modo di condurre (me compreso), mentre per chi non la soffre è la sua più grande colpa. Celebre è la frase di Berlusconi, che le disse: “Il suo modo di fare televisione non è obiettivo!/Lei ha occupato questo tempo soltanto portandomi domande che erano attacchi"—dimenticandosi, probabilmente, che non si trovava nell'ambiente protetto delle sue televisioni.

L’esempio più significativo è però il romanzo a puntate del recente scontro con Matteo Salvini, iniziato quando lo scorso 8 maggio il leader della Lega ha affermato di non aver voglia di andare “dalla Gruber," perché "simpatia portami via.” La giornalista ha prontamente risposto con un comunicato in cui chiariva che era stato il senatore “a proporsi,” che il giorno dopo si presenterà “con la faccia dell’uomo che, dopo averti fatto arrabbiare, arriva col mazzo di rose. Manca, però, il mazzo di rose”—mazzo che tra l'altro nessuno ha ancora visto.

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Queste ultime frasi sono un breve estratto che ha circolato su Twitter del nuovo libro di Gruber. La giornalista negli anni ne ha scritti e promossi molti altri, attingendo anche alla storia della sua famiglia, ma la promozione di Basta! Il potere delle donne contro la politica del testosterone, sembra un po’ diversa rispetto alle altre.

Lo si può notare nelle sue risposte più incisive del solito a IoDonna, inserto del Corriere della Sera, in cui spiega che da tempo covava “l’idea di scrivere qualcosa a tema donne” per ribadire che “le tre 'v' maschili, volgarità, violenza, visibilità, risultato di una virilità impotente e aggressiva, devono essere sostituite da empatia, diplomazia, pazienza”; e lo si è visto soprattutto nella puntata andata in onda domenica scorsa a Che tempo che fa.

All'inizio del sul intervento—dopo aver fatto notare a Fabio Fazio che il padrone di casa (lui) fosse un maschio, ma che comunque i maschi sono da considerare “alleati” e non nemici—Gruber ha spiegato che l’idea del libro nasce soprattutto da dati (purtroppo) molto reali: “In Italia un giorno su tre c’è un femminicidio, la disparità salariale è oltre il 16%, le pensioni delle donne sono più basse per il 32% rispetto a quelle degli uomini […] e il 90% delle donne soffre della sindrome premestruale ma vengono impiegate cinque volte più risorse per la ricerca sulla disfunzione erettile.” Tutto questo per ricordare che la “discriminazione sessuale nei confronti delle donne è a livelli vergognosi” e di diffidare da chi dice che “abbiamo raggiunto la parità, perché non è vero.”

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Ma ci sono altri momenti in cui Gruber, come se fosse nel suo studio, non ha avuto peli sulla lingua. Come questo:

Oppure questo:

Gruber, poi, ha anche specificato che "la stampa di destra" sta cercano di "attaccarla" in tutti i modi possibili, dandole “della femminista, come se fosse un insulto o un crimine” e sparando titoli del genere: "Lilli Gruber pontifica contro il sovranismo: 'Sarà la nostra rovina'" (Libero); "Lilli Gruber vuole rieducare tutti gli uomini" (La Verità). Gli attacchi più pesanti spesso però vengono dai social. Su Twitter, Facebook e altrove in molti commentano in maniera turpe—per usare un eufemismo—la sua immagine, dandole della sinistroide e della “zecca” con la faccia a "canotto."

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Alcuni esempi di twitt poco edificanti.

Ma al di là di quanto gli insulti gratuiti siano sempre fuori luogo, arrivato a questo punto vorrei chiarire una questione una volta per tutte: è indubbio che Gruber abbia avuto una piccola parentesi da europarlamentare con l’Ulivo, o preso qualche scivolone (come capita a chiunque in una lunga carriera); di certo, però, non è mai stata faziosa. Ovviamente la giornalista non ha mai nascosto le sue preferenze politiche a livello concettuale, ma ha sempre incalzato tutti i politici finiti davanti a lei—a prescindere dall'orientamento.

A dirla tutta sono proprio questi spezzoni del suo programma, ripresi inizialmente dai giornali, a essere stati sempre più condivisi da una sorta di sua crescente fan base che a poco a poco l’ha trasformata in un personaggio pop dell'internet—da celebrare tanto per il suo stile, quanto per il suo lavoro.

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Su YouTube si trovano dei video notevoli, e ne vorrei condividere tre. Il primo è “10 Minuti di Lilli Gruber che dice 'Buonasera e benvenuto'," in cui la giornalista introduce ospiti sempre diversi con il suo indistinguibile tono robotico:

Il secondo è “10 minuti di Lilli Gruber che dice 'εʁ fʁõz, lufθaanza, etiχχad,” in cui le capacità linguistiche della giornalista—poliglotta, ”austro-ungarica,” italiana, sposata con un francese e “soprattutto europea”—vengono fuori:

Poi, il buffo fuori onda di quando era inviata in Iraq:

Infine, ma non per importanza, ci sono i meme, le pagine fan seriose e soprattutto quelle più divertenti, come “Le bimbe di Lilli Gruber” che l’ha trasformata, un po’ a sua insaputa, in una icona gay. Un po’ come è successo ad altri suoi colleghi—e ad Alberto Angela—con la differenza che Lilli Gruber è completamente assente dai social, non ha profili personali, e con questi non ha cercato di fidelizzare nessuno—fuorché, indirettamente, col suo lavoro in tv e i libri scritti estate dopo estate.

Sempre che alla fine Lilli Gruber non si iscriva, che so, su Facebook e le probabilità che mi debba rimangiare quello che ho appena scritto diventino alte. Anche se, sinceramente, ne dubito parecchio.

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