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Caro Damien Hirst

Lettera aperta all'artista più acclamato dei nostri giorni.

Il nostro amico Reuben, neozelandese residente a Berlino, suona in un gruppo, sta sveglio fino a tardi, scrive questo blog, e, a quanto pare, sembra la versione adulta di un cherubino. Questa è la lettera che ha scritto a Damien Hirst. Reuben ve la fa leggere perché è proprio uno spirito libero.

Caro Damien Hirst (artista acclamato),

Mi chiamo Reuben Bonner e, anche se non lo sai, stiamo condividendo una mostra molto discussa alla Tate Modern di Londra.

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Sebbene tu abbia fatto gran parte del lavoro (circa 25 anni di opere), vorrei anche io prendermi un po' del merito per questa bellissima collezione, e per i seguenti motivi:

1. Ho raccolto circa 12 cicche di sigaretta (più che altro Rothmans) e le ho gettate nell'opera composta da un posacenere gigante pieno di centinaia di filtri. Immagino che resti comunque tua, ma mi piace pensare di averla migliorata un pochino, perché prima non c'erano filtri di sigarette Rothmans. Se il suo nome era Ashtray (posacenere), ora potresti chiamarla tipo “Il posacenere di Damien e Reuben 2.0”?

2. Ho messo una mosca in una scatola e l'ho liberata nella stanza dell'opera A Thousand Years (quella con la testa di una mucca dentro un grande contenitore di vetro in cui migliaia di mosche le ronzano intorno). Penso che il mio sia stato un gesto molto artistico, perché quando le persone vedranno la mia mosca FUORI dal contenitore probabilmente si chiederanno come abbia fatto a uscire. Penseranno: "Geniale. Una mosca fuori dal vetro e centinaia di migliaia di mosche all'interno della teca. Questa è arte. Una presa di posizione molto forte." Credo che questa mostra sia essenzialmente per gli intenditori, ma in ogni caso è efficace. Almeno fin quando non muore la mia mosca.

Spero che non te la prenda con me per averlo fatto senza avvisarti, ma io mi definisco una specie di renegade, un vendicatore dell'arte che non deve chiedere il permesso. So che tu rispetterai questa cosa. Ma SE te la sei presa fammelo sapere, per favore, posso sempre tornare e riprendermi le cicche. Non dovrebbe essere troppo difficile nemmeno ritrovare la mosca, visto che era bella grossa. Fammelo sapere, ma entro mercoledì, perché me ne vado da Londra (probabilmente per sempre). Dentro di me spero che tu non ti sia offeso, visto che mi ci vuole un'ora per arrivare alla Tate con la metro, che di sicuro sarà piena di gente che mi starà appiccicata, respirandomi in faccia e magari appoggiandomi anche le parti intime sulla gamba.

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Ora che ci siamo chiariti, vorrei darti le mie prime impressioni sulla mostra. Posso?

1. Trovo le tue opere fantastiche, e anche se sono un ignorantone mi sembrava davvero di essere in mezzo a vera arte mentre ero alla nostra mostra. L'ho trovata illuminante, e mi ha fatto pensare che saresti una bella persona da frequentare nella vita reale. Anche al mio amico Beads è piaciuta moltissimo, specialmente The Physical Impossibility of Death in the Mind of Someone Living, cioè lo squalo tigre immerso nella formaldeide.

2. Vorrei prendere dell'LSD e tornare alla mostra, soprattutto per guardare l'opera psichedelica che gira, sistemata in una delle stanze più piccole (tu sai a quale mi riferisco). Ora spero solo che, essendo in parte anche la mia mostra, non debba ripagare il biglietto.

3. Un sacco di persone che vanno alle mostre girano con le mani dietro la schiena. Penso che questa cosa li faccia sembrare più colti di quelli che camminano con le braccia lungo i fianchi almeno del 50 percento. Anche se d'altra parte sembrano anche più coglioni del 50 percento.

4. Alla Tate Modern non fanno un buon uso dello spazio. Io e il mio amico Beads stavamo osservando che da fuori l'edificio sembra molto grande, ma una volta entrati ci siamo accorti che per metà era un parcheggio vuoto con un tetto gigantesco. Per questo Beads ha deciso di non donare 1.50 sterline e ha detto alla persona alla biglietteria: “Dal modo in cui sfruttate lo spazio qui, non sembra che abbiate difficoltà economiche.” L'addetto alla biglietteria si è messo a ridere e ha detto “Touché”. Aveva ragione e avrei voluto pensarci io invece di fare la donazione.

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Mi auguro comunque che tu riceva questa email, e che non la legga solo quello che cura il tuo sito. Ti ho scritto questo Haiku per ringraziarti della tua arte. Si chiama “Damien ed io (un Haiku)”:

Damien ed io

La nostra Arte vivrà per sempre

Finché non morirà la mia mosca

Tuo,

Reuben Bonner (artista emergente)

P.S. Cosa ne pensi di Londra? A me non piace molto che tutti stiano sempre lì a parlare della metropolitana. Che linea prendono, quali sono le linee peggiori nel weekend, etc. Se la gente smettesse di parlare della metropolitana per cinque secondi credo che Londra mi piacerebbe molto di più.

P.P.S. Quante chance ho di percepire una percentuale del ricavato della nostra mostra? O pensi che sia meglio che continui a lavorare da artista spiantato per qualche anno prima di fare il grano?

P.P.P.S Pensi che ci sia una possibilità che il mio nome venga aggiunto nei cartelloni della mostra o è troppo sbattimento? Sarebbe ovviamente molto più piccolo del tuo. Per esempio, se il tuo fosse in un font di grandezza 24, il mio sarebbe otto o nove. Dovrei dirlo direttamente alla Tate?