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Performance

In questa installazione cosmica il vuoto combatte contro la struttura

Abbiamo parlato con Joanie Lemercier di 'Blueprint,' la sua ultima collaborazione con James Ginzburg.
Immagini gentilmente concesse dall'artista.

Performance audiovisive dal vivo, enormi installazioni e proiezioni sperimentali stanno invadendo Eindhoven, nei Paesi Bassi, per lo STRP Biennial, 10 giorni di celebrazione dell’arte digitale, presso la fabbrica riconvertita di Klokgebouw.

Posta nel crocevia tra arte, tecnologia e cultura pop, l’edizione 2015 della biennale, intitolata SCREEN ON I NO SCREEN, pone l’accento sull’uso degli schermi, esplorando il loro impatto e onnipresenza sia in ambiti creativi che nella vita di tutti i giorni. “Gli schermi sono ovunque oggi, ma raramente ci fermiamo a pensare a come li usiamo, e a quello che significano per la nostra cultura,” spiega nel programma dell’evento la direttrice di STRP, Angelique Spaninks. “‘Diamo forma ai nostri strumenti, e poi loro danno forma a noi’ è un modo di dire comune quando si parla della presenza sempre crescente della tecnologia. Vogliamo esplorare questo argomento un po’ di più in questa edizione.”

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Quest’anno, un impressionante gruppo di artisti, che include Daito Manabe, Robert Henke, Rafael Rozendaal, Zimoun, Bram Snijders e Goof Kloosterman, ha accompagnato le opere con workshop, seminari e conferenze. Tra questi, il prolifico duo formato dall’ artista visuale francese Joanie Lemercier e l’artista elettronico James Ginzburg di Empyset ha presentato una nuova installazione audivisiva di 15 minuti, Blueprint, che si posiziona accanto alla foresta digitalizzata dell’opera Nimbes.

“Con Blueprint, Lemercier e Ginzburg traducono l’immaterialità di spazio, architettura, e causalità in una coreografia di elementi strutturali,” spiega la descrizione del progetto. “L’installazione è formata da una torre monolitica centrale affiancata da due larghi schermi e attivata con suono e proiezioni luce. Insieme, raccontano la storia del cosmo e dell’architettura, in un climax anamorfico.”

Immergendo gli spettatori nel cuore di un’esperienza ipnotica di luce e suono, Blueprint offre un’esplorazione disorientante di vari aspetti dell’architettura, dischiudendo relazioni uniche tra proporzioni, spazio, arte, e immaterialità. Per saperne di più su Blueprint, The Creators Project ha intervistato Joanie Lemercier:

The Creators Project: Ci puoi raccontare quali sono state le tue aspirazioni e idee riguardo le origini di questo progetto?

Joanie Lemercier: Il punto di partenza di Blueprint è stata una parola: architettura. Per diversi anni ho usato facciate come tele per opere d’arte e proiezioni luce, dagli edifici moderni alle cattedrali barocche, e volevo lavorare a qualcosa dove l’architettura di per sé fosse il focus principale, il personaggio principale.

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Non tutta l’architettura è affascinante, quindi cerco di capire quale delle sua caratteristiche mi potrebbe ispirare di più. Ho basato la mia ricerca su pattern, strutture geometriche e connessioni tra le strutture fatte dall’uomo e strutture più “naturali” che possono trovarsi nell’universo.

Blueprint sembra essere un’estensione di Nimbes. Potresti fornirci qualche dettaglio in più sul concetto “evoluzione/adattamento”?

Ho speso mesi a fare ricerca e sviluppo per Nimbes, l’anno scorso, e le scoperte che ho fatto hanno ispirato massivamente i miei progetti di quest’anno: Ho scoperto nuove tecniche per catturare un po’ del mondo reale in una versione digitale. Sembra che la fotografia possa essere ora potenziata con dati a tre-dimensioni, il che apre a nuovi campi e spazi di gioco per la sperimentazione e l’arte.

Esplori e usi formati di proiezione non standard, che mettono in dubbio l’architettura e la sua geometria. Puoi parlarci di questo dialogo, in particolare per quest’opera?

Quando abbiamo visitato per la prima volta la sede per il STRP Biennal, ero stregata dallo spazio. È una ex-fabbrica della Phillips, dove facevano le lampadine, ed è fondamentalmente un grosso isolato d cemento e metallo, una reliquia dell’era industriale della città di Eindhoven. La compagnia, i lavoratori e le macchine hanno lasciato l’edificio, e ora dà la sensazione di una cattedrale moderna, dimentica del suo primo proprietario e del suo scopo originario.

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Volevo costruire una struttura entro questo spazio, qualcosa che facesse eco alle proporzioni della struttura gigantesca. L’installazione è un monolite alto 7 metri e largo 3.5 nel centro della sala della fabbrica.

Puoi spiegarci il tuo processo creativo in questo lavoro? Tecnicamente, come hai generato l’aspetto visivo?

Sono circondata da specialisti in architettura—molti amici stretti e mio fratello minore hanno studiato architettura—ma io non l’ho mai fatto, ecco perché considero il mio approccio molto naive. ma sono riuscita a trasformare le mie idee e bozze in modelli 3d, e ho imparato molto sulle travi per questo progetto. Ho anche ricevuto il supporto del STRP Biennale, per construire e assemblare gli elementi fisci e questo progetto è stato possibile solo con il lavoro della mia prodttrice Juliette, che è riuscita a mettere insieme i pezzi e ha risolto ogni possibile problema che ci stava distraendo dal processo creativo. È interessante vedere che il mio lavoro si è spostato un sacco dal virtuale al reale durante gli ultimi anni.

In termini di suono, lavori ancora una volta con James Ginzburg. Come avete iniziato a collaborare e come hai integrato il suo pezzo sul tuo lavoro?

James è un genio. Inoltre, ha proprio una sua visione della realtà, e narrative diverse su cosa consideriamo essere un’esperienza reale e genuina della vita. Ha messo giù a parole i punti di inizio, e ha sviluppato idee sull’emergere di materia, modelli, strutture, e architettura come un rifugio dall’infinito. Una volta che abbiamo avuto storyboard e capitoli, il flusso del lavoro è stato liscio, James lavorava a Berlino, Stoccolma (registrazioni del contrabbasso di Yair Elazar Glotman) e ha mixato i materiali a Bristol, infine tutti gli accorgimenti finali sono stati fatti in loco.

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Per coloro che non possono godere dell’installazione “fisica”, puoi descrivere l’esperienza sensoriale e immersiva che Blueprint offre ai suoi spettatori?

L’opera è fatta per essere esperita. Foto e video potrebbero dare un’idea delle proporzioni e dell’estetica, ma Blueprint è diffiicile da immortalare, più delle opere precedenti.

Ho idea che ogni tua opera ispiri quella successiva. Cosa possiamo aspettarci dopo Blueprint? Qualche indizio?

Al momento stiamo lavorando su due nuovi formati per Blueprint, una versione performance e una proiezione architettonica dell’opera. Stiamo già pianificando di portare lo spettacolo in diversi posti epici, quest’anno.

VISUAL:

Joanie Lemercier

Software development: Nikolay Matveiev

Media servers development: Tom Butterworth

MUSICA:

James Ginzburg

Contrabass – Yair Glotman

PRODUZIONE:

Artist production – Juliette Bibasse

commissioned by STRP Biennale.

Thanks to Angelique Spaninks, Bram Snijders,

Jan Dams & STRP team.