FYI.

This story is over 5 years old.

cibo

Perché avere il coraggio di andare al ristorante da soli vi renderà persone migliori

Come tutti i piaceri onanistici, anche quello di mangiare da soli richiede una sola mano: quella che trasporta il pasto dal piatto alla bocca.

Quella del mangiatore solitario è una categoria particolarmente prelibata. Secondo un'indagine dell'Hartman Group, pressoché metà degli adulti americani consuma la maggior parte dei propri pasti da sola. Nel Regno Unito, i dati dell'Office for National Statistics ci dicono che le persone single rappresentano 7,7 milioni di nuclei abitativi—quasi un terzo del totale. In giro per il mondo aprono ristoranti con tavoli per una sola persona. Il mercato, capirete, è in ascolto.

Pubblicità

Personalmente, anni fa ho deciso di smettere di prendere la pillola dopo aver osservato a lungo una donna con un cardigan fatto a mano e calze a compressione graduata mangiare in tutta solitudine un piatto di uova e patatine con un cucchiaio. Non ho riconsiderato le mie scelte contraccettive perché quella scena mi era apparsa incredibilmente erotica. No. L'ho fatto perché la vista di quella donna sola, seduta a un tavolo di formica scheggiato e tutta presa a fare una lenta cucchiaiata dopo l'altra, mi avevano trasmesso una certa angoscia.

Gli estrogeni dovevano avermi dato alla testa, perché la gente che mangia da sola non ha affatto bisogno di essere compatita. Crucciarsi apertamente alla vista di una persona che assolve a uno dei più brandi bisogni nonché gioiosi piaceri della vita non è la strada giusta. Perché? Perché concentrarti su ciò che consumi, e affrontare senza compagnia la dimensione del pasto, è uno dei pilastri dell'autosufficienza. Nessun commento stupido sul cibo, nessuna restrizione alimentare che non sia la tua, nessun bisogno di fare conversazione o di attendere l'altro così a lungo da voler divorare anche il tovagliolo. E, soprattutto, nessun compromesso.

"Non sono affatto preoccupato dall'idea che qualcuno mi prenda per un poveretto," mi spiega Jay Rayner, critico culinario e mangiatore solitario di vecchia data. "Non mi preoccupa proprio quello che pensano gli altri in quel frangente." E c'è una ragione ben precisa. "Una delle mie passioni segrete, nei giorni feriali, è andarmene a Chinatown [a Londra] e aspettare l'ora di pranzo per mettermi spalle alla porta, con il New Yorker in una mano e un'anatra arrosto davanti al Four Seasons di Gerard Street. È la mia idea di paradiso." Che può essere facilitata, spiega Rayner, "dalla presenza di un buon cameriere, di quelli che capiscono che non sei lì per essere compatito, ma per regalarti un piacere."

Pubblicità

Per i mangiatori solitari meno esperti, la tentazione di compensare l'assenza di compagnia con un sacco di finti scambi di messaggi o addirittura chiamate è forte. Ma bisogna resistere. Ovviamente ci sono piatti più adatti di altri. Come ogni donna che si sia mai ritrovata a mangiare da sola una banana, una salsiccia o un gelato sotto gli sguardi di sconosciuti potrà confermare, alcuni cibi spiccano maggiormente se consumati in solitudine.

Come tutti i piaceri onanistici, anche quello di mangiare da soli richiede una sola mano: quella che trasporta il pasto dal piatto alla bocca. L'altra mano tiene il libro, il giornale, una rivista o lo smartphone. A meno che, ovviamente, non ci si trovi davanti a uno di quei cibi da consumare con le spalle ricurve e la certezza matematica di impiastrarsi la faccia, troppo imbarazzanti per essere divorati davanti a persone che non siano la propria madre o un sitofilo. Ecco, in quei casi ci si dovrebbe celare alla vista altrui. "Da Bodeans c'è un angolino strategico in cui nessuno mi può vedere," spiega Rayner. "E c'è un oyster bar, a Mayfair, dove puoi metterti tranquillo a osservare schiere di uomini soli in un combattimento uno a uno con le ostriche."

Ovviamente per tutto il parlare di piacere di mangiare da soli c'è anche chi, a pranzare senza compagnia, è obbligato. Mentre scrivevo questo pezzo ero impegnata nel giro in bici della Nuova Zelanda e ho passato ore avvolta nei miei pantaloncini a studiare uomini di mezza età in pullover di poliestere addentare involtini di formaggio e sorseggiare caffè tiepido con lo sguardo perso nel vuoto. Molti di quegli uomini sono gli autisti di lunga tratta senza i quali le orde di turisti con ciondoli di conchiglia e uno storico di MST al seguito finirebbero per passare il proprio anno sabbatico nella sala arrivi dell'aeroporto.

Pubblicità

"Non penso che la gente abbia idea di quanto è solitario questo lavoro," mi dice Dexter, un autista che ho incontrato mentre mangiava un pasticcio di patate in una tavola calda sulle sponde del lago Wanaka. "Di giorno sei in giro, ma la sera sei completamente solo. Ti fermi, mangi un boccone e poi ti ritiri nella tua stanza. Sei sempre lontano da casa, ogni notte in un letto diverso, e ogni mattina ti svegli con la consapevolezza di doverlo rifare. Mangerei volentieri in compagnia, ma non sempre puoi."

I mangiatori solitari con un debole per i carboidrati e il cucchiaio veloce alla Dexter sono distanti anni luce dalla cena in solitudine feticizzata da Ian Fleming quando scriveva di James Bond. Proprio come nella mano di poker perfetta, i tornanti tra le Alpi o una partita fortunata a golf, Fleming si affida a lunghe descrizioni delle abitudini alimentari in solitaria di Bond. In Una cascata di diamanti, dopo la quarta doccia di giornata (le sue dovevano essere le ascelle più profumate dell'emisfero nord), Bond va "da Voisin, dove si fece servire due Martini alla vodka, oeufs Benedict e fragole. Poi diede un'occhiata ai pronostici delle corse di Saratoga."

Ma nell'epoca dell'iPhone, dirà qualcuno, non sappiamo più cosa significhi stare veramente da soli, figurarsi mangiare da soli. In molti casi starsene a tavola in tutta solitudine significa avere a disposizione più materiale di lettura di tutta l'Assemblea dell'ONU messa insieme. Sedere e osservare il cibo e le persone intorno a sé è diventata una prova di disciplina. Ma come tutte le cose che richiedono una certa dose di volontà, va provata.

Qualche tempo fa mi sono ritrovata a mangiare da sola, al tavolo esterno di un ristorante di Wellington. Davanti a me c'erano una porzione di corn bread e una pinta di birra. Erano le quattro del pomeriggio e avevo due ore di pausa. Se fossi stata legata alla volontà di qualcun altro, o semplicemente in imbarazzo alla sola idea di mangiare da sola, avrei passato quelle due ore cincischiando in un museo, a fare shopping o—persino—in un centro estetico. Invece mi sono seduta sotto il sole, con un orecchio teso all'appuntamento al buio alla mia destra e le labbra, il petto e le cosce ricoperte di briciole come un cane intento a dissotterrare un osso farebbe con la terra. Come dice Rayner, "mangiare da soli è come cenare con qualcuno che ami." Quindi, se non riesci a stare bene così, probabilmente sei fottuto.

Thumbnail via Flickr.