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Musica

Calmatevi, il problema di DJ Mag non è Paris Hilton

Non chiedetevi perché Paris, chiedetevi perché non Paula Temple.

Il numero di questo mese di DJ Mag Italia ha in copertina Paris Hilton. Chi non avesse seguito la polemica si può facilmente immaginare quanto sia stata forte, coinvolgendo lettori e DJ più famosi in egual misura. La redazione di DJ Magazine aveva già di suo messo le mani avanti, postando— al momento di presentare la cover su Facebook—una dichiarazione in cui se la prendevano con un presunto atteggiamento idiota e pregiudizale degli eventuali detrattori. In realtà, paradossalmente, non hanno avuto del tutto torto. Vediamo perché.

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Anzitutto, con nostra profonda frustrazione abbiamo constatato che molte critiche erano basate su uno snobismo passatista tipico del mondo dance, per cui tutto oramai sarebbe sputtanato e nulla più figo come un tempo. "Ai loro tempi" la musica era vera musica, i DJ erano veri DJ, tle droghe erano vere droghe , e sicuramente non c'erano ereditiere milionarie sulla copertina di DJ Magazine. Magari no, ma siamo sicuri che la merda era già vera merda, e la paccottiglia da supermercato esisteva tanto allora quanto oggi.

Quello che questi indignati non capiscono, infatti, è il vero danno che fa una copertina del genere, cioé quello di sminuire e ridicolizzare gli sforzi di tante DJ donne. Come ha recentemente detto Black Madonna in un'intervista per Electronic Beats, da Wendy Carlos a Maryanne Amacher a Daphne Oram, sono innumerevoli le figure femminili chiave della storia della musica elettronica. Ciononostante, sono molte le artiste che non ricevono sufficiente attenzione dalla scena, cosa che peggiora quando, come in questo caso, il genere femminile si ritrova rappresentato da una marionetta celebre del genere, anziché da una delle tante donne che lavorano sodo all'interno di questo mondo.

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In generale, DJ magazine ha una storia abbastanza merdosa in fatto di copertine dedicate ad artiste donne. È successo solo in un paio di casi: Nina Kravitz, Maya Jane Coles e pochissimi altri esempi, ancora meno per l'edizione italiana, che invece ha messo persino il papa in copertina, una volta. Oltre a questo, la lista dei cento Top DJ del 2014 presenta solo due posizioni occupate da donne: le Nervo e Krewella. In tutta la storia del magazine, solo una volta una donna è stata in cima alla classifica: Smokin' Jo nel 1992. Ventitre anni fa.

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Insomma, il problema non è tanto "Perché Paris Hilton?" quanto "Perchè non Annie Mac? Perché non Magda? Perché non Hannah Wants? Perché non Paula Temple?" Probabilmente perché, che ne siano coscenti o no, molti media continuano a stare impantanati in una cultura che oggettivizza le donne e che considera i DJ donna una cosetta strana e curiosa. Similmente ai DJ-celebrità, le DJ femmine spesso vengono trattate in ambiti più legati ad argomenti come la moda. Questa vaga intervista a Dani Deahl, per dire, finge di essere parte della soluzione, ma è parte del problema: non si riesce comunque a non parlare di pettinature, unghie e vestiti. L'articolo su Paris Hilton si inserisce perfettamente in questo contesto: un caso in cui si mette in copertina una DJ donna, ma per mere ragioni di clickbait.

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In questo modo ci perdono tutti: la rivista ha scelto di supportate una persona famosa più che un/ bravo/a DJ, e i detrattori (perlopiù maschi) sono spesso caduti in toni inappropriati, allo scopo di ridicolizzare la Hilton. Ok, è OVVIO che non ha alcun tipo di skill né caratura artistica né qualità curatoriali né preparazione. Ma chi la va a sentire di sicuro non si aspetta Andrew Weatherall, anzi non sa manco chi è Andrew Weatherall. Non cercano nessuna possibilità di trascendere se stessi sul dancefloor, vogliono la solita sbobba che conoscono già, vogliono "I Don't Care" delle Icona Pop e questo Paris, o chi per lei, lo sa.

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Il DJ-celebrità è un personaggio strano. Non sono solo le persone famose in tutto il mondo a incarnarlo, anzi: le province e le facoltà universitarie sono piene di sex symbol di quartiere che snocciolano le loro HOT playlist mentre se la credono tirando frisbee e levandosi la maglietta davanti a piccole folle pruriginose. Certo: Paris Hilton è un discorso diverso, anche per il fatto di essersi beccata dal nulla una residenza all'Amnesia di Ibiza. E non tutti hanno fatto un singolo prodotto da Afrojack, ecco…

La risposta all'annuncio, dicevamo, è stata feroce. Dantiez Saunderson, figlio del pioniere della techno Kevin, ha twittato la cover scrivendo "Blasfemia!!" ricevendo commenti sullo stesso tono, che mettevano anche in discussione la rilevanza culturale di DJ Mag. Tristemente, però, molti sono scaduti in insulti sessisti, tipo meme che dicono "dove devo succhiare per mixare?". Ci si chiede se avrebbero reagito allo stesso modo se il DJ fosse, per dire un nome a caso, Elijah Wood, o qualunque altra persona famosa che a una certa si mettesse a suonare house, senza avere fatto un sex tape.

Le infamate a Paris non sono una novità, e il video qui sopra ne è un esempio abbastanza triste: mostra il set della Hilton che finisce in un disastro di mix fatti a cazzo e cavalloni. Peccato sia assolutamente falso, e che qualcuno abbia persino perso tempo a realizzarlo. A prescindere dal fatto che lei in generale suoni davvero o no, c'è una perversione intrinseca nel modo in cui si spera di vederla fallire, che è il contrario dello spirito inclusivo che dovrebbe appartenere alla musica dance. Dantiez Saunderson dice che la cover è "blasfema", il che suggerisce una sorta di divinizzazione della figura del DJ, la quale costituisce un grossissimo errore: fare il DJ non vuol dire essere il papa, tutti possono provare a farlo, sta al pubblico decidere chi merita di essere seguito e chi no.

Insomma, invece di perdere tempo a fare sembrare scema la Hilton, cosa di cui non c'è davvero bisogno, si potrebbero impiegare le proprie energie a chiedersi perché DJ Mag abbia una relazione così schifosa con il lato femminile della scena. Insomma, invece di preoccuparvi delle sgommate di merda, dovreste cercare di capire a cosa le ha prodotte. Ci vorrebbero più veri esami di coscienza, e sticazzi di Paris.