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Fuma il paco e diventa uno zombie

Considerata la droga più pericolosa in circolazione in Argentina, il paco è una miscela di residui di foglie di coca, veleno per topi e kerosene.
Tutte le foto di Hugo Ropero.

Questo articolo è stato pubblicato nel 2012, in uno dei momenti più duri della crisi del paco in Argentina.

Hugo Ropero era seduto nella sua auto parcheggiata, con lo sguardo fermo sull'uomo nello specchietto retrovisore. Fissava con aria assente quegli occhi infossati e spenti, la pelle morta che si staccava dal volto. Il mostro era entrato nella sua vita da ormai un anno, ed era arrivato a impedirgli di riconoscere il suo stesso riflesso.

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Sono passati sei anni dalla disintossicazione, e Ropero mi racconta la sua storia con le mani e i piedi che tremano in continuazione, effetto collaterale della droga che probabilmente non lo abbandonerà mai. Un tempo lavorava come photo editor per Noticias, una delle pubblicazioni culturali più importanti dell'Argentina, ed era dipendente dalla "droga dello sterminio", conosciuta anche con il nome di paco. Si tratta di una sostanza altamente tossica e capace di dare un'elevata assuefazione, diffusasi nei quartieri più poveri di Buenos Aires in seguito alla crisi economica del 2001 per poi catturare anche le classi più ricche.

Ricavato dagli scarti delle foglie di coca, in Argentina il paco è considerato la droga più pericolosa in circolazione, più di eroina o crack. È un mix di scarti di cocaina, veleno per topi, kerosene e diversi solventi industriali. L'effetto di una dose dura dai cinque ai dieci minuti, ma la botta iniziale (spesso descritta come un "orgasmo") dura solo pochi secondi. Subito dopo, i muscoli si irrigidiscono e il corpo implora un'altra dose, gettando il consumatore in uno stato di depressione e disperazione continue.

paco droga argentina

La droga ha fatto la sua comparsa nelle baraccopoli durante il periodo più buio della crisi argentina. Tra il 2001 e il 2005 il consumo è salito del 200 percento, con gli spacciatori che vendevano una dose al prezzo di un peso—una miseria, soprattutto se confrontato coi dieci per una dose di cocaina. Dieci anni dopo l'economia argentina si è risollevata, ma il paco è ancora molto diffuso.

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Poco prima della crisi, Ropero era all'apice della sua carriera di fotografo: di giorno scattava foto alle celebrità, e la sera si dava alla pazza gioia, tra feste e festini a base di erba e coca. Ma quello della droga era un aspetto che riusciva a controllare—o almeno, così credeva.

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La prima volta che Ropero ha provato il paco era molto depresso. Nel 1997, il suo migliore amico e collega, il fotografo José Luis Cabezas, era stato rapito e torturato, e il suo cadavere trovato in un'auto, carbonizzato. Il dramma della perdita e le successive indagini, nelle quali era emerso un legame tra polizia, grandi affaristi e criminalità, avevano gettato Ropero in un profondo stato di sconforto.

"Dopo la morte di José tutto andò a rotoli. Avevo dei problemi con il mio capo, ero nel mezzo di un divorzio, i rapporti con i miei amici si stavano sfaldando. Ero molto vulnerabile," mi confessa mentre i suoi occhi si fanno lucidi.

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Così, mentre il mondo reale si stava disintegrando davanti ai suoi occhi, Ropero ne ha scoperto un altro. Una sera, in un locale di Buenos Aires, un gruppo di belle ragazze gli aveva chiesto di poter usare il suo cellulare e lo aveva invitato a bere una birra con loro. La conversazione si era poi spostata sulle droghe. Girava una nuova sostanza, gli avevano detto. Il paco.

Una volta finito di bere le ragazze avevano invitato altri amici per poi spostarsi tutti a casa di Ropero per continuare la serata. È lì che una di loro lo ha convinto a provare il paco. "Le dissi, 'Fammi vedere com'è.' Non appena lo presi, mi sembrò di avere un orgasmo."

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Ropero ha continuato a frequentare la ragazza che lo aveva introdotto al paco. Dopo aver fumato altre tre volte, si è reso conto che non sarebbe più riuscito a smettere.

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"Ho capito di esserne dipendente il giorno in cui mi sono svegliato e non riuscivo a pensare ad altro che al paco." Di lì a poco, Ropero ha perso tutto a causa della droga: il suo appartamento, il lavoro, gli amici, e infine la salute. All'inizio riusciva a gestirsi tra droga e lavoro. Ma poi gli effetti collaterali hanno preso il sopravvento e i suoi attacchi di paranoia gli hanno dato dei problemi in ufficio. Dopo aver fatto uso di paco quotidianamente per tre anni consecutivi, Ropero era diventato un morto vivente, termine usato per catalogare i tossici che vagano per le strade in cerca di una dose.

"Un giorno mi sono guardato allo specchio e ho scosso la testa, non volevo essere così." Ha deciso di disintossicarsi presso un ospedale, iniziando un lungo e doloroso cammino. Durante la sua guarigione ha trovato anche la forza di scrivere un libro sulla sua dipendenza e sul problema del paco in Argentina. Maldita Droga: Una Historia Del Paco è stato pubblicato nel 2009.

"Ho perso tutto. È stato difficile ricominciare da solo, ma non ho paura delle ricadute, ora è davvero finita," dice mentre gioca nervosamente con gli anelli d'argento che porta alle dita.

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Ropero è uno dei pochi a essere riusciti a scappare alla morsa del paco, una droga che ha fatto vittime anche tra bambini di sei anni. Lidia Rigoli, un'altra ex-tossica, ha impiegato molto più tempo prima di riuscire ad ammettere a se stessa che aveva bisogno di aiuto. "Quando assumi marijuana o cocaina lo fai per il piacere, mentre quando usi il paco non c'è piacere, ma non puoi farne a meno."

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Nel periodo più buio della sua tossicodipendenza, Rigoli consumava circa 200 dosi al giorno. Era precipitata in un circolo vizioso durato svariati anni, fino a quando non ha scoperto che anche la figlia di 14 anni ne era diventata dipendente . La sua situazione era tragica, e alla dipendenza si univa la disperazione per non riuscire ad aiutare la figlia. Come avrebbe potuto, se in primo luogo non era in grado di aiutare se stessa?

Quando era ancora una tossica, Rigoli si è unita alle Madres Del Paco, un'organizzazione che aiutava i giovani a combattere la propria dipendenza. La sua vita è cambiata totalmente grazie all'aiuto della fondatrice del gruppo, Marta Gómez.

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Oggi Rigoli gira per le pericolose strade del movimentato quartiere di La Boca in cerca di giovani tossici da aiutare. Ha imparato che ascoltare le loro storie è un rimedio molto più efficace che costringerli a smettere. Ma La Boca è solo uno dei tanti quartieri flagellati dal problema del paco.

Il più colpito è Villa 21, la baraccopoli più grande di Buenos Aires, con una popolazione di circa 50.000 persone. È anche il luogo dove sorge la parrocchia di Nuestra Señora de Caacupé. In mezzo a palazzi fatiscenti e a gruppi di drogati, la parrocchia è come un faro nel buio. Sotto la guida di padre Pepe, la chiesa ha organizzato un programma di disintossicazione dal paco diviso in due parti.

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La prima parte riguarda la prevenzione; per tenere i ragazzi occupati e lontani dalla strada, la chiesa organizza attività settimanali, eventi sportivi e spettacoli. La seconda parte riguarda la disintossicazione; un team di volontari gira le strade del barrio in cerca di ragazzi senzatetto. I volontari si concentrano soprattutto sui ragazzi più giovani, solitamente di sette o otto anni. Quelli che acconsentono entrano a far parte del programma di riabilitazione, che ha una percentuale di successo del 50 percento.

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Secondo padre Pepe, tuttavia, il maggior problema nella prevenzione è la mancanza di controllo da parte delle forze dell'ordine. Lo spaccio avviene dappertutto, all'aria aperta, anche davanti alla polizia. L'uso della droga, così come la vendita non è adeguatamente punito. "C'erano dei provvedimenti, ma i vertici del Paese non sono interessati." Padre Pepe mi rivela che, al momento, le strade di Villa 21 non sono pattugliate e le auto della polizia non possono entrare dentro "all'inferno del paco".

Ma l'inferno non durerà per sempre, perché le storie di Ropero e Rigoli sono sintomo di speranza. Ora quando Ropero si guarda allo specchio si vede diverso, si riconosce ed è orgoglioso dell'uomo che è tornato ad essere. Purtroppo il suo caso è un'eccezione, e una miriade di tossici continua a girovagare per le baraccopoli fatiscenti.

Ci sono voluti più di dieci anni perché l'Argentina iniziasse a risollevarsi dalla vecchia crisi economica. È probabile che ce ne vorranno anche di più per liberarsi dal paco.

@lilmammaET