Come avere a che fare coi baristi, secondo cinque baristi
Illustrazioni di Brandon Celi.

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Come avere a che fare coi baristi, secondo cinque baristi

Basterebbe un po' di buonsenso.

I baristi ne vedono, di cose assurde. A ogni turno, vedono persone che si menano e persone che si innamorano. Vedono primi appuntamenti e grandi addii, a volte servono da bere a chi ha avuto una promozione, a volte a chi è stato licenziato.

In breve: i baristi sono i domatori di alcuni dei più folli circhi della terra. Non è facile. Quella che per tutti noi è una serata fuori, senza pensieri, per loro è un lavoro. Come ogni altro lavoratore, vogliono essere trattati con rispetto, non importa perché sei lì o quanto hai bevuto. Abbiamo contattato alcuni baristi che fanno questo lavoro da anni per capire cosa li fa felici e cosa dovreste evitare.

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NON FATE GLI STRONZI

Non fate gli stronzi. Al bancone ci sarà sempre uno che si sporge in avanti, schiocca le dita o sbandiera i soldi o lo scontrino come un pazzo. È quello che poi ti chiama "amore" o "cameriera" e ti lascia il suo numero quando se ne va. È il tizio che ha bisogno che tu gli dia attenzione ora, ma poi non sa cosa ordinare. Si mostra offeso se gli dici che hai bisogno di un documento, se vuole pagare con la carta di credito. Ti insulta o chiede di parlare con un responsabile (ce l'hai davanti agli occhi!) se pensa di essere stato servito male. Ecco, non fate come lui. Chiunque vuole essere trattato con rispetto, soprattutto quando lavora. Anche i baristi. —Caty, barista da 13 anni

SIATE CREATIVI

I baristi eccezionali vedono un cliente che si avvicina anche se sono di schiena, con un occhio apposito che hanno dietro la testa. Ma non tutti i baristi sono eccezionali. Molti vogliono che aspettiate finché non vi guardano in faccia. Siate amichevoli, ma non troppo. Siamo tutti esseri umani, e tutti abbiamo le nostre opinioni e la nostra personalità, ma non osate nemmeno pensare di dire qualcosa di razzista, sessista o in altro modo coglione riguardo a un mio collaboratore o cliente. Se volete chiamarmi con un soprannome, siate creativi: "Pasticcino al miele," "Vecchia boccia di whisky" e "Fulmine del mio cuore", ma anche "Dio mio", sono molto meglio di "Amico", "Capo", "Frate". Il peggio comunque è chi ti chiama con "Ehi!". Non voglio fare quello che dice di essere educati, ma la gentilezza è spesso premiata, sia al bar che quando sarà il momento di cercare parcheggio nel regno dei cieli. —Brad, barista da 15 anni

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IL BAR NON È UNA POSTAZIONE DI RICARICA TELEFONI

Un tempo i baristi si occupavano dei clienti con molta più accortezza. Erano psicologi, risolvevano i loro problemi, li aiutavano anche solo con il loro buonsenso, mentre mescevano drink su drink. E questo succedeva perché tutti andavano al bar: avvocati, medici, meccanici. Il barista era colui che metteva in connessione le persone—ora, per farlo, ci sono i telefoni. E infatti non passa sera che non mi venga chiesto di metterne almeno un paio in carica dietro il bancone. E va benissimo, se posso aiutare ben venga. Ma per favore non continuate a chiedermi di controllare i messaggi. C'è gente che lascia il telefono in carica per cinque minuti, poi vuole guardare le notifiche, e si chiede pure perché si è caricato solo del dieci percento. Lasciatelo lì. Inoltre, una piccola cosa: cercate di capire cosa vi piace bere e ordinate quello. Arrivano un sacco di ragazzini che ordinano una IPA e poi si lamentano che sa troppo di luppolo. Se non siete sicuri di quello che state ordinando, ecco, per quello il telefono potete usarlo. —Nicky, barista da 20 anni

SBARAZZATEVI DEI PREGIUDIZI

Sono 20 anni che faccio questo lavoro, e so cosa sto facendo. Sono andata all'università, anche se molti clienti danno per scontato che non sia così. La gente ti guarda con sufficienza se lavori nella ristorazione. Pensano che se fai questo lavoro è perché qualcosa nella tua vita è andato storto. E invece io questo lavoro me lo sono scelto. Vale per molti di noi. La maggior parte delle persone con cui lavoro l'hanno scelto—e sono anche loro andate all'università. È il lavoro che voglio fare, mi piace farlo, mi diverte. Ma a volte ho la netta sensazione che mi guardino tutti con sufficienza. C'è gente che mi chiede, "Che cos'altro fai? Qual è il tuo lavoro vero?" Questo. Questa è la mia carriera. Questo è quello che voglio fare. Ho due figli piccoli. Posso passare la giornata con loro. Lavoro tre sere a settimana e faccio abbastanza soldi. Vorrei solo che i clienti capissero che abbiamo un cervello anche noi. —Jen, barista da 20 anni

USATE IL BUONSENSO

Tutti andrebbero trattati con rispetto e gentilezza. Non importa che lavoro fanno. Non ho nessuna pazienza con chi è maleducato e non dice grazie e per favore. E lo stesso vale per quelli che si sentono in diritto di trattarti come una pezza da scarpe perché tanto ti pagano. Basta un po' di buonsenso. Ho visto cose… Ho visto uomini adulti portarsi uno shaker pieno da casa e riempirsi i bicchieri. Vi portereste la cena da casa al ristorante? Non fatelo. —T.S., barista da 25 anni

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