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Attualità

Mio marito era un pedofilo

"Non sono un pedofilo, non sono un pedofilo," continuava a ripetere tra sé il marito, all'infinito.
Sinead Keenan nel ruolo di Kate in 'Married to a Paedophile'. Tutte le immagini per gentile concessione di Channel 4.

Dal modo in cui bussarono alla porta, poco dopo le 7 del mattino, Kate capì subito che quella sarebbe stata una giornata fuori dal comune. Come ogni mattina si stava preparando per andare al lavoro, nella casa dove viveva col marito, Alex. Erano sposati da vent'anni. Le figlie erano già andate via di casa, non potevano essere loro, e Kate non aspettava nessun altro a quell'ora.

"In un attimo, casa mia era piena di poliziotti," mi dice Kate al telefono. "Si sono fiondati direttamente in camera da letto, mentre io mi stavo truccando, e mi hanno chiesto di consegnare tutti i miei dispositivi elettronici." Il telefono di Kate era sul letto, mentre iPad e computer portatile erano in giro per la casa. "Non avevo idea di cosa stesse succedendo."

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Poco dopo un poliziotto chiese a Kate di mettersi in salotto. Prima di sedersi, Kate lasciò un messaggio sulla segreteria dell'ufficio per dire che sarebbe arrivata in ritardo. Era talmente scossa che si dimenticò di riagganciare, scoprendo solo più tardi che la registrazione era continuata ancora per un bel po'.

"Alex era seduto immobile sulla sedia," continua. Le parole che uscirono dalla sua bocca quella mattina traumatizzarono Kate nel profondo. "'Non sono un pedofilo, non sono un pedofilo,' continuava a ripetere tra sé, all'infinito. Gli agenti di polizia non ci lasciarono ma soli, perché quando arrivano in una casa non sanno mai chi devono portare via. Di certo lui non mi stava rassicurando, mentre continuava a ripetere quella frase."

Potendo fare affidamento solo sulle parole di suo marito, Kate decise di difenderlo e fidarsi di lui: forse c'era stato solo un brutto malinteso.

Dodici ore più tardi, Kate sarebbe arrivata al commissariato di polizia dove il marito era stato portato. Qui, fu condotta in una stanza dove lui le confessò che per anni aveva cercato e guardato online immagini pornografiche di minori vittime di abusi sessuali.

Kristy Philipps nel ruolo della figlia Jess, e Nick Gleaves nel ruolo di Alex in 'Married to a Paedophile'.

"Nel momento in cui ha fatto quella confessione, tutto è cambiato," dice Kate. "L'avevo sempre difeso, ero stata anche brusca con gli agenti. Mi stavo battendo per lui. Ma in quel momento ho capito che stavo dalla parte sbagliata. Quando ho capito che mi aveva mentito, ho capito che per il nostro matrimonio non c'era più alcuna speranza. Sapevo che non ce l'avremmo fatta."

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Kate ricorda di aver urlato, in quella stanza vuota del commissariato, e di essersi precipitata fuori, con il desiderio di scappare il più lontano possibile. Sono passati due anni da quel giorno in cui la sua vita è cambiata per sempre, e ora si sta preparando per la messa in onda del documentario che ha co-creato per Channel 4, intitolato Married to a Paedophile.

Parliamo al telefono per rispettare l'anonimato di Kate. Kate non è il suo vero nome, e sebbene gli audio usati nel documentario siano registrazioni reali, tutto è poi stato ricostruito per il documentario. Il team che se ne è occupato ha trascorso diversi mesi con Kate e un'altra donna che ha vissuto un'esperienza simile.

Quando si parla di abuso sessuale su minori, l'attenzione è sempre sui molestatori e sulle vittime. Kate ha raccontato la sua vita alla regista e produttrice Collette Camden, nella speranza che questo documentario possa portare l'attenzione del pubblico sulle altre vittime innocenti che troppo spesso vengono dimenticate, ovvero le famiglie di coloro che commettono queste atrocità.

"Molta attenzione viene data, giustamente, alle vittime di molestie sessuali, e ai soggetti ritratti nelle immagini online," continua Kate, prima di fare una pausa. "Questo deve essere il focus principale. Poi parte dell'attenzione viene data ai colpevoli, e al dibattito su come dovrebbe essere gestita la problematica: perché hanno commesso questi crimini e come evitare che questo accada di nuovo. Ma nessuno pensa al terzo gruppo di persone, cioè noi. Le nostre vite cambiamo improvvisamente, ed è devastante."

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Dopo il fermo di Alex, Kate ricorda di aver richiamato la centrale di polizia; era stata lasciata da sola, senza nessuna indicazione su quello che sarebbe successo dopo, e voleva sapere a chi rivolgersi per ricevere supporto. Il poliziotto le consigliò di provare con un'associazione di supporto alle vittime, ma aggiunse anche che lei non era, tecnicamente, una vera vittima. "Mi ha detto che noi siamo definiti danni collaterali," mi spiega Kate. "Nessuno si è preoccupato per me e per le mie figlie."

Quando Alex venne rilasciato dalla polizia, Kate lo riportò a casa in auto. Per tutto il viaggio non si rivolsero la parola. La prima cosa che fece Kate appena rientrati, fu chiedere ad Alex di chiamare sua madre per confessare lui stesso le proprie colpe. "Volevo punirlo," dice. "Poi ho parlato con mia sorella. Lei ha quasi perso il controllo. Voleva che me ne andassi di casa immediatamente, non voleva che rimanessi lì con lui." Quella notte, Kate dormì in camera, mentre Alex rimase sul divano. "Ho provato a parlargli un po', ma era davvero difficile. Poi mi sono organizzata e sono andata a stare da mia sorella. Mi è venuta a prendere la mattina dopo, e qualche settimana più tardi, quando sono tornata, Alex aveva preso tutta la sua roba e se n'era andato."

In quel periodo, Kate continuava a leggere ossessivamente libri e scritti sulla pedofilia, cercando più informazioni possibili sul tema. "Dovevo sapere qual era l'accusa, come e perché l'aveva fatto," spiega. L'altra domanda che la tormentava era sapere se Alex avesse avuto mai contatto reale con minori—la coppia ha due figlie e Alex lavorava come insegnante in una scuola. "Questo quesito mi ha ossessionato per tantissimo tempo, e ci penso ancora oggi," dice. "Sono quasi sicura che non l'abbia mai fatto, e che non lo farebbe mai, ma ci sono prove che confermano che le persone poi passano ai fatti."

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Oggi Kate si è rifatta una vita. Ha pochissimo a che fare con Alex, anche se mantiene i contatti per via delle figlie. Si è trasferita e ha un nuovo compagno. Mi dice che fare il documentario non è stato semplice, e che prima della messa in onda sono riemersi brutti ricordi e sensazioni spiacevoli. È comunque convinta che ne valga assolutamente la pena.

Sinead Keenan nel ruolo di Kate in 'Married to a Paedophile'.

"Si sentono spesso molte storie sui familiari degli aggressori, spesso la gente crede che fossero consapevoli di quello che stava accadendo," dice. "Se la moglie ha un rapporto stretto con il marito, allora le persone ipotizzano subito che sappia tutto, o che almeno sospetti qualcosa. La verità, però, è che nella maggior parte dei casi, uno viene al corrente di tutto quando la polizia fa irruzione in casa sua."

Kate si augura che Married to a Paedophile possa contribuire a cambiare questo pregiudizio.

Chiedo a Kate come si sente ora, ripensando agli ultimi due anni. "La mia vita è andata avanti, ora cerco di non pensarci," dice. "Mi torna in mente ogni volta che vedo le mie figlie. Ho provato tante emozioni diverse: c'è ancora molta rabbia, ma anche compassione. So che ora il mio ex marito non se la sta passando bene, ha perso il lavoro, la casa, la famiglia. Credo che in un certo senso, lui non l'abbia ancora accettato. Deve essere dura ammettere di avere guardato immagini pornografiche di bambini e averne tratto piacere. Ancora oggi dice di non aver provato piacere, ma per me è difficile da accettare."

"Detto questo, la mia storia ha una conclusione piuttosto positiva: oggi la mia vita è bella e sono felice. Spero che la mia esperienza possa ridare speranza a tante donne e possa incoraggiarle quando sentono che tutto è perduto, che non c'è più nulla da fare."

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