Westmalle abdij bier
Cibo

Il mio ritiro in abbazia, tra birre trappiste e silenzio

Questa è la vita dei monaci: preghiera, contemplazione e birra. Dopotutto non è così male.
Arkasha Keysers
Antwerp, BE

“Tra le 15 suore al ritiro, solo una indulge nei piaceri della birra durante i pasti, e infatti si apre subito una bottiglia”

Nell’abbazia di Westmalle, costruita nel 1794, i monaci trappisti trascorrono una vita fatta di preghiera, lavoro e produzione di una tra le birre migliori d’Europa. La birra trappista viene prodotta nei monasteri del continente sin dal Medioevo e in Belgio, in particolare, è possibile trovare ancora oggi cinque diverse abbazie che ci si dedicano—Chimay, Orval, Rochefort, Westmalle e Westvleteren.

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Benché alle persone laiche sia proibito vagabondare nell’abbazia, la congregazione ammette tuttavia al suo interno chiunque voglia dedicarsi con serietà a un ritiro improntato al silenzio e all’alcol. Ho quindi deciso di scrivere a Fratello Albericus per tentare l’esperienza e, con una replica alquanto formale, sono stata accettata. È così che mi sono ritrovata all’esterno di Westmalle, pronta ad affrontare giorni di preghiera, confessione e birra.

Libro di preghiere

Libro dei Salmi dall'abbazia di Westmalle. Foto: Arkasha Keysers.

L’entrata dell’abbazia è gigantesca e il giardino interno colpisce per l’aria contemplativa, immerso in un silenzio quasi perfetto che contrasta con i rumori della città. Fratello Albericus mi ha guidata alla mia stanza, passandomi le lenzuola, un copriletto e una serie di libri dei Salmi, uno per ogni sezione del ciclo di preghiere giornaliere.

C’è la Veglia alle 4 del mattino, le Lodi alle 7, L’Eucarestia alle 10:45, i Vespri alle 17:15 e la Compieta alle 19:30, che segnala la fine del ciclo. Mi ha anche informata che non sono obbligata a partecipare alle letture, ma ovviamente sono invitata a farlo e sarei la benvenuta nel caso decidessi di accettare.

La stanza è semplice: un tavolo, un lavandino, un letto e una bibbia. Sfoglio le pagine del libro, mentre penso al fatto che contengono storie passate a memoria dai monaci e sulle quali questi basano la loro vita. Storie con le quali io invece non ho alcuna dimestichezza.

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Abbazia di Westmalle - un corridoio e un tavolo

Gli interni minimali dell'abbazia di Westmalle. Foto: Arkasha Keysers.

Il pranzo è all’incirca alle 12:30, ma io ho il chiodo fisso della birra. In particolare, devo accettare il fatto che siamo in quattro seduti al tavolo ma ci sono solo tre bottiglie di Westmalle Extra—una birra che fino a poco tempo fa veniva bevuta solo dai monaci e che ha cominciato solo recentemente a essere distribuita nei supermercati. Considerando che è l’unico pasto del giorno dove viene permesso di parlare, la situazione potrebbe farsi tesa.

Una suora in visita da Bruges rompe il ghiaccio. Mi racconta che, tra le altre 15 suore che partecipano al ritiro, lei è l’unica che indulge nei piaceri della birra durante i pasti. Coerentemente, apre subito dopo una bottiglia di Extra. Gli altri commensali con i quali condividiamo il tavolo decidono di astenersi e mi apro anche io una Extra: è semplicemente fantastica, leggera come una lager ma molto più ricca in quanto a sapori.

Per la cronaca, una birra trappista è considerata tale se soddisfa tre diversi criteri: deve essere prodotta sotto i vigili occhi dei monaci e sul terreno dell’abbazia; il birrificio deve dipendere, dal punto di vista finanziario, dal monastero; i profitti, che di solito servono al sostentamento dei monaci, devono essere dati in elemosina e beneficienza. In sostanza, bere una birra trappista significa fare un’opera buona e sostenere una giusta causa.

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Abbazia di Westmalle Abbey - Sulla sinistra il giardino con tempietto, sulla destra la cena con la birra prodotta in abbazia

Un momento di contemplazione nel giardino dell'abbazia di Westmalle seguito dalla cena accompagnata dalla birra trappista. Foto: Arkasha Keysers

“L’uomo mi rivela che ha un appuntamento con il confessore quella stessa mattina, ed è pronto a raccontargli ogni cosa che lo riguarda”

Il nostro pasto serale è piuttosto semplice, comprensivo di pane, formaggio e burro provenienti da altre abbazie belghe. Mangiamo nel più totale silenzio, cosa che suona strana esattamente come appare. Mi manca la voce umana e per questa ragione seguo il consiglio di Fratello Albericus e mi unisco alla Compieta, l’ultima preghiera della giornata. Le voci dei monaci sono straordinarie, anche se mi perdo tra i Salmi e la sequela infinita di “amen” e invocazioni a Dio.

Il canto, tuttavia, è davvero un qualcosa di speciale, possiede una smisurata e incomparabile qualità rilassante. Ci penso ancora la mattina successiva, quando faccio la conoscenza di un uomo che sta compiendo il mio stesso tipo di ritiro. Parliamo un poco mentre laviamo i piatti e ci troviamo a concordare sul fatto che, qualora le religioni dovessero scomparire, ci limiteremmo a cercare il senso della vita altrove. D’altronde, sono i rituali e la loro ripetizione a portare pace e quiete nelle persone. Fuori dall’abbazia, e al di fuori della religione in generale, questo tipo di ricerca si ritrova spesso in altre pratiche: facciamo yoga, meditiamo o ci iscriviamo a corsi di mindfulness nella speranza di raggiungere e perfezionare un qualche senso di pace e serenità.

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Io e il mio nuovo amico ci mettiamo anche a discutere della confessione, una pratica centrale nella vita dei monaci. La consideriamo nel contesto della psicoterapia, riflettendo su quanto il confessore, proprio come il terapeuta, sia una figura non giudicante e aperta all’ascolto, lontana dalla maggior parte dei legami e relazioni che chi si confida intrattiene con il mondo. L’uomo mi rivela che ha un appuntamento con il confessore quella stessa mattina, ed è pronto a raccontargli ogni cosa che lo riguarda.

Abbazia di Westmalle  - Sulla sinistra casse di birra, sulla destra una birra aperta in giardino.

Birra trappista. Foto: Arkasha Keysers.

Più tardi mi ritrovo con un prete che proviene dalle Fiandre, venuto a Westmalle per visitare il suo fratello biologico e teologico, che vive qui da quando aveva 18 anni. Oggi ne ha 81 ed è difficile comprendere appieno come ci si debba sentire a vivere una vita intera fatta di clausura e di routine.

Alla sera mi viene dato da Fratello Albericus il permesso per assaggiare una birra in più, e vengo raggiunta in giardino dal mio nuovo amico. Parliamo con serietà e sincerità dell’impatto di questa esperienza su di noi, di quanto questo spazio sacro e silenzioso ci abbia smosso riflessioni inedite.

La notte scende ma noi continuiamo a parlare di tutto e di tutti. Mentre guardo le luci dell’abbazia spegnersi e si avvicina il ciclo del nuovo giorno, mi sento quasi del tutto sicura che proprio così debba essere un ritiro: confessione, preghiera, lettura della bibbia e serene bevute di birra. Prima di trascorrere queste giornate ero terrorizzata dal silenzio. Ora, però, penso di essermelo fatto amico.

Questo articolo è stato originariamente pubblicato su MUNCHIES NEDERLANDS.

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