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Com'è diventare uomo quando nasci donna in Italia

Andrea è cresciuto e ha sempre vissuto a Monopoli, vicino Bari, e a 22 anni ha cominciato la transizione F to M. Oggi ha 26 anni; l'ho intervistato per capire cosa significa affrontare questo percorso in Italia.
Niccolò Carradori
Florence, IT

Andrea nel vivaio di famiglia in cui lavora. Tutte le foto di Silvana Maragliulo.

Di recente, l'attenzione mediatica sollevata dal caso Caitlyn Jenner ha riaperto il dibattito sulla transfobia e l'immagine che la società ha rispetto alla realtà transgender. Lontano dall'impressione di svolta e accettazione che emerge dalle copertine, però, è altrettanto vero che la maggior parte delle notizie legate alla comunità trans—anche in Italia—riguarda gli episodi di cronaca e l'interesse morboso che la fase della transizione comporta. Come se l'esistenza di una persona che passa attraverso un'esperienza del genere si fermasse a questo.

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Qualche giorno fa in redazione è arrivata la mail di una fotografa che aveva realizzato una serie di scatti ad Andrea, un ragazzo pugliese di 26 anni che quattro anni fa ha deciso di intraprendere il percorso che oggi lo ha portato ad essere quello che è: ovvero un transgender F to M.

Andrea è cresciuto e ha sempre vissuto a Monopoli, un piccolo comune vicino Bari, e fino a qualche anno fa ha cercato di vivere la normale esistenza di chi è cresciuto in provincia. Ha frequentato l'Istituto d'arte e si è diplomato in disegno industriale della porcellana, ma ha sempre lavorato nel vivaio dei genitori; è sempre uscito con la stessa comitiva dei compagni di liceo e ha sempre coltivato interessi semplici.

La sua esperienza può riuscire a far capire la realtà di chi cresce con la disforia di genere in un piccolo centro in cui le informazioni e i punti di riferimento sul tema sono pochi. Per questo Andrea, qualche anno fa, ha deciso di aprire insieme ad altri ragazzi F to M un canale YouTube che potesse servire ad altri giovani italiani nella sua stessa situazione.

E sempre per questo ho deciso di chiamarlo per farmi raccontare come ha affrontato la transizione in una parte d'Italia che viene vista spesso come chiusa e limitante.

VICE: Ciao Andrea. Innanzitutto vorrei che mi raccontassi come sei arrivato alla decisione della transizione, e come è stato.
Andrea: Be', diciamo che più che una scelta è stata una necessità. Perché non iniziare questo percorso sarebbe stato come vivere una non esistenza, e non ne potevo più. È difficile da spiegare: dal momento in cui nasci, cresci e vivi sempre con questa sensazione di disagio ti abitui a questo peso. Ogni tanto mi accorgevo di avere questo fardello, anche se non riuscivo a capire da cosa dipendesse. Era la mia normalità vivere con questa sensazione. Soprattutto il contrasto fra quello che stavano diventando le mie amiche e che non riuscivo a diventare io. Io ci ho provato seriamente a fare la ragazza e la donna… mi sforzavo, ma mi veniva male.

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Quando dici che ti sforzavi, cosa intendi?
Anche solo sedermi con una posa che non fosse da scaricatore di porto per me era una costrizione. Può sembrare una banalità, ma era veramente pesante. Non mi veniva naturale. Il modo di camminare, il provare a truccarsi: mi sentivo un travestito. In realtà quello che provavo era soprattutto confusione e senso di straniamento: mi ci è voluto del tempo per capire e accettare. Ho capito che mi piacevano le ragazze, ad esempio, solo a 18 anni. Ho creduto, o provato a credere almeno, di essere una ragazza eterosessuale per molto tempo.

Faceva tutto parte della forzatura di cui ti ho parlato: ho avuto anche un fidanzato per due anni. Credevo di essere innamorato, quando hai quell'età pensi sempre di essere innamorato. Ma più che altro mi sentivo sollevato: ero una ragazza che aveva trovato un fidanzato, e questo mi rendeva normale.

Quando ti sei accorto che eri attratto dalle ragazze, e lo hai ammesso, hai subito pressioni?
No, in realtà le difficoltà erano tutte mie. Ero attratto da questa persona, e lei ricambiava. Per un annetto è stato difficile dire, ok mi piacciono le ragazze. Nessuno sapeva niente, era tutto nascosto… e ho continuato a nasconderlo anche per alcuni anni. Quando, però, finalmente, ho cominciato a parlarne con gli amici più stretti, mi sono accorto che i problemi erano tutti nella mia testa.

Quanti anni avevi, invece, quando hai cominciato la transizione?
22 anni.

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Immagino che tu abbia cercato qualcuno che potesse guidarti. C'erano delle strutture di supporto nella tua zona? Avevi qualcuno con cui poter parlare?
No, assolutamente. Nel mio paese non esiste alcun tipo di riferimento per un problema del genere, e fra amici, compagni di classe e vicini di casa non riconoscevo nessuno come me. Il dramma più grande è stato quello della solitudine. È questo il vero problema di abitare in un piccolo centro: ci sono pochissime informazioni, quasi nessuna possibilità di confrontarsi con una comunità di persone che comprenda la tua situazione.

È stato internet a cambiarmi la vita, mi ha letteralmente svoltato l'esistenza: una mattina mi sono svegliato e ho cercato F to M su Google. E mi si è letteralmente aperto un mondo. Ho trovato tutte le informazioni che mi servivano, e blog di ragazzi italiani che descrivevano la loro esperienza.

Per la prima volta in 22 anni leggevo le parole di persone che vivevano le stesse cose che avevo provato io. Non avevamo niente in comune nella vita, ma quelle parole… era come se fossero le mie. All'inizio non è stato facile accettare questa cosa, è stato uno shock intenso. Ma anche una grande liberazione. Grazie a internet, poi, ho scoperto che l'unica struttura pugliese a cui potevo rivolgermi per la transizione era il policlinico di Bari, e dopo un paio di mesi ho deciso di contattarli per un colloquio.

E come ti sei trovato?
Abbastanza bene, sia dal punto di vista umano che professionale. Ovviamente come tutte le strutture pubbliche i pareri sono sempre contrastanti, ma è quasi del tutto gratuito, a differenza della maggior parte dei centri italiani. In quasi tutte le strutture si paga il ticket per la psicoterapia, in altre si paga per la perizia psichiatrica, in altre ancora quella endocrinologica. Per tutti gli esami e le visite invece non ho pagato niente. Solo il ticket per una visita specialistica. Quindi va bene così. A parte gli ormoni viene passato tutto, a Bari.

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Quanto è durato il percorso?
Dal momento in cui ho telefonato a quello in cui mi hanno chiamato per un primo incontro sono passati tre mesi. Da lì ad iniziare la terapia psicologica è passato più di un anno. A novembre del 2014, poi, ho iniziato la terapia ormonale.

E in tutto questo periodo non hai dovuto mai scontrarti con il fatto che i tuoi cambiamenti ti facevano apparire diverso agli occhi delle persone che ti circondavano?
No. Quando ho iniziato a cambiare fisicamente, ad esempio, le difficoltà erano quasi tutte legate al fatto che le persone non sapevano come comportarsi. Mi vedevano diverso ed avevano paura di offendermi. Non sapevano come rivolgersi a me. Era tutto legato al non saper come affrontare questa cosa, e non al non voler accettarla.

Devo essere sincero, pensavo che il tuo racconto sarebbe stato molto diverso. Pensavo che vivere un'esperienza come la tua al sud fosse più difficile: perché comunque c'è sempre questo stereotipo di un sud legato alla tradizione e alla religione. Più chiuso mentalmente.
Secondo me, invece, è esattamente il contrario. Almeno per quanto riguarda la mia esperienza e quella di ragazzi con cui ho parlato. Tanti ragazzi cresciuti al nord raccontano di aver avuto molte più difficoltà. Io non ho sentito questa pressione: mi sono sentito un fesso quando ho scoperto le carte e tutti l'hanno presa bene. È vero che il sud è attaccato alle tradizioni e alla religione, ma quello che prevale è il lato umano. C'è rapporto, c'è condivisione. E questo ha più importanza.

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Non ti è mai capitato di essere discriminato o trattato in modo diverso, quindi.
Per il fatto che sono un transessuale no. Devo dire anzi che in ambito lavorativo trovavo molte più difficoltà come donna. Nonostante io sia la stessa persona di tre-quattro anni fa, allora era difficile affermarmi. Adesso che mi vedono come un uomo hanno più fiducia nei miei confronti: non devo più dimostrare continuamente di essere in gamba.

Credi sia più difficile per le M to F?
Sì. La nostra è ancora una società maschilista: i ragazzi omosessuali vengono molto più discriminati delle ragazze. E questo vale ancora di più per coloro che sono nati maschi e poi diventati donne. Purtroppo c'è da dire che spesso la donna transessuale è più riconoscibile, c'è più consapevolezza. Anche prima dell'inizio della terapia, quando non avevo barba, molta meno muscolatura e una voce più sottile, io mi presentavo come Andrea e gli altri non sospettavano minimamente che fossi un ragazzo transessuale. Probabilmente se si fosse presentata una ragazza con dei tratti mascolini avrebbero avuto dei sospetti.

Inizialmente pensavi che avresti avuto più difficoltà vivendo nel sud Italia? Avevi messo in preventivo l'idea di dovertene andare?
Certo! Io avevo messo in conto di poter perdere tutto. È una di quelle decisioni così pesanti che se non sei disposto a perdere tutto non è possibile prenderla. Ed è stato bellissimo scoprire che poi le persone erano molto più tolleranti di quanto mi aspettasi. Avevo paura, ma i pregiudizi erano tutti miei. Adesso mi sento io stesso più vicino agli altri.

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Comunque io sono molto legato alla mia terra e al mio paese. Non riuscirei mai ad andarmene di qua: volevo affrontare questo percorso a casa mia, senza scappare.

E la tua famiglia, come ha affrontato la paura del pregiudizio degli altri?
I miei genitori sono sempre stati molto aperti mentalmente, ma ovviamente anche loro si sono un po' spaventati all'inizio. Più che altro per le reazioni del mondo esterno. Nessuno aveva idea di cosa sarebbe successo, perché ovviamente quando guardi una montagna dal basso ti sembra impossibile da scalare.

Una volta che ho iniziato e sono andato avanti loro mi hanno visto cambiare prima come persona e poi fisicamente: da lì è proceduto tutto in maniera naturale. Mi hanno aiutato moltissime volte: è stata mia madre, ad esempio, a dirlo ai miei vicini di casa. Io non avevo abbastanza confidenza con loro, quindi è stata lei a spiegargli tutto. E da un giorno all'altro i miei vicini hanno cominciato a parlarmi al maschile e a chiamarmi Andrea.

Be', sei stato fortunato. Non capita a tutti.
Ma io sono consapevole di essere stato fortunato. Si sentono storie di ragazzi e ragazze cacciate di casa, ma non è sempre così.

Parlami del canale YouTube che hai aperto.
Certo. Come ti dicevo uno dei maggiori problemi per le persone che attraversano un percorso del genere è la mancanza di informazioni. Per questo a fine 2011, insieme ad altri ragazzi FtoM, ho aperto un canale YouTube che potesse servire da supporto per tutti quelli che ne avevano bisogno.

Si chiama VoloVersoLaVita 2012: nasce dal voler pubblicare informazioni che io ero riuscito a trovare solo cercando su gruppi chiusi Facebook o su forum americani. Lo abbiamo aperto perché non esistevano video in italiano che raccontassero l'esperienza della transizione. C'erano solo video in inglese, e siccome in America vengono seguiti protocolli diversi, abbiamo pensato che fosse opportuno raccontare la realtà italiana. Volevamo che passasse semplicemente il messaggio che siamo persone normali. Che esistiamo anche noi e che non mangiamo nessuno.

Segui Niccolò su Twitter: @NCarradori