brunello ricolmatura
Cibo

Una bottiglia di una vecchia annata di questa cantina vale 10.000 euro. O forse è aceto

La ricolmatura da Biondi-Santi è un momento di tensione per i collezionisti: durante scoprono se si ritrovano con una bottiglia di pregio o valore quasi nullo.

“Il valore di mercato di questa bottiglia in perfette condizioni in enoteca va tra i 5000 e i 9000 euro, mentre le aggiudicazioni in aste internazionali viaggiano intorno ai 2000, 2500 euro”

A darci la misura dello scorrere del tempo non è un nostro orologio interiore, ma è piuttosto il mutare di quel che ci circonda: la rapidità con cui crescono i bambini, ad esempio. Specularmente, chi fa vini monumentali, quasi immuni alle ingiurie degli anni, spesso tende a collocarsi in una dimensione quasi al di là del tempo. Franco Biondi Santi, l’enologo che affermò il nome del Brunello di Montalcino nel mondo, è morto nel 2013, a 91 anni: eppure il suo ufficio, all’interno della cantina alla tenuta Il Greppo, oggi rimane com’era al suo ultimo giorno di lavoro. C’è anche il suo cappello, appeso all’attaccapanni. 

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Difficilmente la storia di un vino è la storia di un singolo uomo - anche l’abate Dom Pérignon, che la tradizione chiama l’inventore dello Champagne, è solo un tassello di una lunga evoluzione - ma a metà dell’Ottocento fu Clemente Santi, bisnonno di Franco, a vinificare per primo il Sangiovese in purezza, con l’intenzione di produrre un vino da invecchiamento. Nel 1869 Clemente vinse una medaglia alla Fiera Internazionale di Montepulciano per il suo “vino rosso scelto”, cui aveva dato (forse senza troppo pensarci, dato che sul documento ufficiale lo troviamo tra parentesi) il nome “brunello” - in minuscolo. 

“In Biondi-Santi la tensione all’immortalità sembra essere la norma, e la morte una seccatura inattesa, forse frutto di imperfetta conservazione”

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Le vigne Biondi Santi. ​Tutte le foto per gentile concessione di Biondi Santi.

Nel 1888 Ferruccio Biondi Santi, figlio di Clemente, produce la prima annata con la “B” maiuscola: e due bottiglie restano a Tenuta Greppo, nel caveau della cantina a cui nessuno - nemmeno l’amministratore delegato dell’azienda - può accedere in autonomia: la porta può essere aperta solo da due persone che girano due chiavi contemporaneamente. Secondo Federico Radi, che dal 2017 è il Direttore Tecnico di Biondi-Santi, le due bottiglie sono “ancora in vita”: osservate alla luce discreta di una lampadina il vino è integro, ancora rosso. Intorno al secolo la longevità si confonde facilmente con l’immortalità, eppure siamo tutti - vini e umani - mortali, e questo vale anche per il Brunello di Montalcino.

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Già nel 1927 Tancredi Biondi Santi, il figlio di Ferruccio, nota che con il passare dei decenni il livello del liquido in bottiglia diminuisce: un processo che, lasciato incontrastato, aumenta l’esposizione del vino all’aria - e quindi all’ossigeno, suo grande nemico (anche noi invecchiando ci ossidiamo -  vorrei potervi promettere che questo sarà l’ultimo parallelo tra l’esperienza dell’uomo e quella del vino su questa terra ma non mi sbilancio): quindi comincia a ricolmare le bottiglie di vino Riserva - quello delle annate migliori - con altre della stessa annata, per estendere la loro vita.

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Tutte le foto per gentile concessione di Biondi Santi.

Tancredi muore nel 1970, lasciando le redini dell’azienda al figlio: nella sua cartella stampa, l’azienda definisce “improvvisa” la morte di Tancredi e il passaggio di consegne al figlio Franco - pare Elisabetta che si trova regina d’Inghilterra a 27 anni dopo la morte di Giorgio VI, ma facendo due conti Tancredi era ormai vicino all’ottantina: in Biondi-Santi la tensione all’immortalità sembra essere la norma, e la morte una seccatura inattesa, forse frutto di imperfetta conservazione. 

Dopo la morte di Franco Biondi Santi, il passaggio generazionale si inceppa, e nel 2016 subentra il gruppo francese Epi (Européenne de participations industrielles), proprietario - tra altri marchi prestigiosi - degli Champagne Charles Heidsieck e Piper-Heidsieck: in principio è un affiancamento, ma oggi Jacopo e Tancredi - rispettivamente figlio e nipote di Franco - non fanno più parte dell’azienda. A marzo 2020, in pieno lockdown, si decide di riprendere la pratica tradizionale e di  procedere alla ricolmatura di due annate, la ‘75 e la ‘95, delle bottiglie presenti nella cantina storica.

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“Le bottiglie conservate nella cantina storica vengono stappate, assaggiate in piccolissima quantità e ricolmate con un vino della stessa annata”

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​Tutte le foto per gentile concessione di Biondi Santi.

La scelta non è casuale, spiega Radi: “Ogni 20-25 anni è necessario sostituire il tappo e ricolmare la bottiglia per mantenere il livello”. È un’operazione di grande artigianalità: le bottiglie conservate nella cantina storica - a cui non è mai stata applicata un’etichetta (sono “nude”, come dice Radi) - vengono stappate, assaggiate in piccolissima quantità e ricolmate con un vino della stessa annata, pochi millilitri per ciascuna.

Poi si rimette il tappo, lo si ricopre con la cera d’api e si riposiziona “con estrema delicatezza” la bottiglia nella sua celletta. Assaggiare tutte le bottiglie di un’annata dà all’azienda un’idea dello stato di conservazione del vino che si trova sul mercato privato: così, dallo scorso anno, Biondi-Santi apre un bando in cui dà la possibilità a clienti e collezionisti privati di ricolmare le bottiglie in loro possesso.

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​Tutte le foto per gentile concessione di Biondi Santi.

La procedura somiglia a un Lascia-o-Raddoppia enologico, ad altissima tensione. Anche se il bando proclamato lo scorso anno (che avrebbe riguardato le annate 75 e ‘95) non ha raggiunto il numero minimo di candidati per procedere, una speciale ricolmatura è stata fatta per un collezionista privato che possedeva otto bottiglie della Riserva del 1955: un’annata mitica, che nel 1999 la prestigiosa rivista Wine Spectator ha inserito tra i 12 migliori vini al mondo nel ventesimo secolo.

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Una foto della ricolmatura del 2008. ​Tutte le foto per gentile concessione di Biondi Santi.

A parte il valore simbolico, il valore di mercato di questa bottiglia in perfette condizioni “in enoteca va tra i 5000 e i 9000 euro”, spiega Fabio Cagnetti, wine broker e distributore, “mentre le aggiudicazioni in aste internazionali viaggiano intorno ai 2000, 2500 euro a bottiglia”. Il vino ricolmato acquista quindi immediatamente valore - e diventa vendibile tramite le case d’asta internazionali, che non trattano bottiglie in stato incerto di conservazione - ma l’adrenalina è alta: prima che Biondi Santi accetti di ricolmare, infatti, ogni bottiglia viene sottoposta a expertise, cioè valutata, alla presenza di un notaio. Se il vino è “vitale”, “non stanco” (come dice Radi) la bottiglia è ricolmata, ritappata con un tappo che porta il logo Biondi-Santi, rivestita con la capsula, e in ultimo il cliente viene congedato con un certificato, vistato dal notaio, che costituisce una garanzia da parte dell’azienda della perfetta qualità del vino contenuto. 

E se invece, sciaguratamente, la bottiglia non fosse più in condizioni adeguate? In questo caso, l’infamia: niente ricolmatura, e la bottiglia viene richiusa con un tappo anonimo. Il valore economico? “Effettivamente zero” spiega Cagnetti. Quindi che fare? “Se è ancora possibile, berla entro 48 ore”. 

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