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Cibo

La dieta vegana dei soldati israeliani

Nel paese dove scorrevano "il latte e il miele" ora scorrono soia e olio di cocco.
Foto dal blog ufficiale dell'IDF

Fra tutte le parole che non pensavo avrei mai sentito pronunciare assieme in una frase sola ci sono sicuramente "soldati" e "vegani." E questo non perché io ritenga assurda l'esistenza di soldati vegani, è che mi sono sempre immaginata l’esercito intento a pensare a nuove tecniche di combattimento, in questo caso parlando di soldati israeliani li immagino apprendere nuove mosse di krav maga o a girare un nuovo video su YouTube, più che a disquisire su ricette a base di surrogati della carne. Eppure, dal 2015 a oggi, le forze di difesa israeliane (IDF), si sono trovate al centro di un dilemma nazionale che ha fatto disquisire sulla nascita o meno di una nazione totalmente (o quasi), vegana, e ad altri (siamo certi anche in quest’esatto momento), allo scandalo. Nell'aprile di quest’anno Donna Steinfied, tenente della divisione Tecnologia e Logistica dell’IDF, ha dichiarato in un’intervista al Jerusalem Online che i circa 50000 soldati israeliani vegani avrebbero presto trovato le proprie scelte alimentari totalmente rispettate in quelle che sono le razioni alimentari giornaliere e non solo. Fino a tre anni fa, i soldati vegani ricevevano delle diarie extra da poter spendere alla ricerca di cibo vegano fuori dalle mense dell’esercito, anche se quest’opzione non era delle più pratiche quando si ritrovavano dislocati nelle zone più remote del pianeta. In questi casi la soluzione consisteva nel consumare le razioni destinate a tutto lo squadrone eliminando però qualsiasi cosa fosse di origine animale, dalle zampe di gallina al miele.

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Dal blog ufficiale dell'IDF

Questa “condizione” ha portato i soldati a chiedere ufficialmente una soluzione vegana a 360° ai vertici dell’esercito, che a sua volta non ha tardato a rispondere a suon di alternative nutrienti, salutari e soprattutto vegane a chiunque ne facesse richiesta. Da fine 2014, quindi, nessun soldato israeliano non onnivoro è stato costretto a mangiare uno shawarma senza carne o uno shakshuka senza uova.

Sicuramente il supporto del Primo Ministro Benjamin Netanyahu, che già nel 2013 si era mostrato disponibile e interessato a promuovere uno stile di vita alimentare cruelty-free per il suo staff (sebbene solo il lunedì), aveva infuso notevoli dosi di coraggio a tutti quei soldati che sentivano di essere trattati ingiustamente per delle scelte alimentari diverse (e non dovute a dottrine religiose specifiche).

In realtà le decisioni dell’IDF non sono così campate per aria, soprattutto se si considerano due fattori molto importanti per la popolazione israeliana (più un terzo bonus fornitoci gentilmente da Napoleone).

Dal blog ufficiale dell'IDF

Il primo è sicuramente dovuto alla durata del servizio di leva, che impiega 24 mesi della vita delle donne e 36 di quella degli uomini. Dato il tempo così prolungato nella vita di una persona, non stupisce l’IDF si accerti che tutti i suoi elementi sentano le proprie scelte personali come legittime e non ostracizzate.

Il secondo è diretta conseguenza dell’enorme crescita che il movimento vegano israeliano ha vissuto negli ultimi dieci anni. Dati alla mano, se nel 2010 solamente il 2.6% degli israeliani si definiva vegano o vegetariano, nel 2015 il numero è più che raddoppiato, con il 5% dichiaratamente vegano e l’8% vegetariano (giusto per fare un paragone, in Italia i vegani raggiungono il 3% della popolazione). Considerato il numero così elevato di vegani, unito all'obbligo del servizio di leva, è piuttosto naturale che le scelte alimentari della popolazione influenzino quelle nelle mense dell’IDF, e non solo. L’esempio più eclatante è forse quello di Domino’s Pizza, che ha rivoluzionato il proprio menù vendendo la prima pizza vegana della catena proprio a Israele, nel 2013.

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Ma non finisce qui.

Per soddisfare ancora di più i desideri dei propri soldati, l’IDF ha quindi recentemente iniziato a distribuire scarponcini in ecopelle e cappellini realizzati senza lana a chiunque si registrasse al servizio di leva come vegano, perché la filosofia dietro a questa scelta riecheggia su molti aspetti della vita di una persona, che vanno ben oltre a quelli culinari.

Il veganesimo porta infatti all'adozione di uno stile di vita basato su risorse non provenienti in alcun modo dal mondo animale (vestiti inclusi), su principi etici di rispetto per la vita di qualsiasi essere vivente, e su di un approccio alla vita antispecista e non-violento, che entra fortemente in collisione con quella che è la realtà dell’esercito israeliano (o di qualsiasi altro esercito, perché nelle varie battaglie si tende a uccidere i soldati nemici). “Ironicamente” questo contrasto si riflette anche in un altro ossimoro squisitamente israeliano: definito il paese “dove scorre il latte e il miele” nell’Esodo, ora Israele si scopre essere la mecca dei vegani di tutto il mondo, dove la soia, l'olio di cocco e il seitan regnano sovrani.

Insomma, se è vero che "un esercito marcia sul suo stomaco," come sosteneva Napoleone (o Federico II di Prussia, a seconda delle fonti), probabilmente quello israeliano continuerà a rivelarsi uno dei più efficienti al mondo. E si, questo non ci fa dormire tranquilli.