Il museo del gelato di Londra non è solo per farsi selfie su Instagram
Foto cortesia di SCOOP/Marcus Peel.

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Cibo

Il museo del gelato di Londra non è solo per farsi selfie su Instagram

Questo mese, a Londra, ha aperto un museo pop-up interamente dedicato al gelato. Cosa aspettate a visitarlo (senza avviare subito Instagram)?

C'è un trend specifico che, negli ultimi anni, ha influenzato il mondo culinario. Comprende dettagli come le pareti linde, il vasellame ricercato e i cappuccini colorati in modo peculiare. Insomma, parliamo di "estetica del cibo". Ed è inutile che ci giriamo attorno: quest'estetica non è per i nostri occhi e palati, bensì per Instagram. Che lo facciate coscientemente o meno poco importa: ormai sempre più locali sembrano appositamente architettati per rientrare nel formato quadrato di Instagram.

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Si tratta di una diretta influenza dei musei dedicati al cibo che, recentemente, sono sbucati negli USA. Dal museo della pizza a quello dell'uovo passando poi al ben più famoso museo del gelato, i musei dedicati al cibo sono la delizia di molti ventenni, soprattutto se interattivi e sensoriali. Il Museo del Gelato - Museum of Ice Cream - di New York ne è un perfetto esempio perché, chiaramente, è spopolato su Instagram.

Plausibilmente ispirati dal successo del Museo del Gelato, il trend dei "musei legati al cibo" è ugualmente popolare a Londra, come dimostrato anche dal Bompas and Parr che questo mese apre i battenti a King's Cross, proprio a Londra. Noto per portare in scena (e in tavola) acrobazie culinarie peculiari (come la nuvola di gin e la sede del Parlamento in gelatina), lo SCOOP: A Wonderful Ice Cream World promette di "dare vita al vostro dessert preferito in una piena esperienza sensoriale."

Dentro allo SCOOP, un museo pop-up del gelato fondato dallo studio Bompas and Parr di Londra. Foto cortesia di SCOOP/Marcus Peel.

Le mie prime impressioni, quando ho letto dello SCOOP, sono state da subito di curiosità (leggete: scettiche). Quanto effettivamente può risultare istruttiva una mostra sul gelato?

Ok, forse "scettiche" è troppo severo come giudizio, perché dietro a tutte le stravaganze del Bompas and Parr si cela una seria passione per il cibo. Per molti anni i due fondatori, Sam Bompas e Harry Parr, hanno cercato di capire come ricreare un perfetto British Museum of Food, che da tanti è un'istituzione vera e propria assieme agli altrettanto celebri British Museum e Natural History Museum. Così, nel 2015, hanno debuttato con il loro mini British Museum of Food, completo di piantagione di banane e un piano superiore progettato per sottolineare l'impatto ambientale dato dalle monoculture. Andateci e dateci dentro con Instagram.

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"Il Museum of Ice Cream, negli Stati Uniti, ha riscosso molto successo. Quello che hanno realizzato è davvero notevole," inizia Bompas. "Ma se guardi all'esperienza complessiva, beh, è decisamente un bel po' pensato per Instagram. Si vede. Non credo sia un'esperienza fatta per me. Certo, se le persone si scattano foto al museo a me va benissimo, vorrei però che imparassero anche qualcosa."

Il British Museum of Food, d'altro canto, ha confermato a Bompas e Parr come molte persone avessero davvero sete di mostre legate alle abitudini alimentari. Il gelato è quindi scattato subito nella mente di entrambi perché, persino in un periodo come quello della post Brexit, mette tutti d'accordo. È democratico.

Bompas conosceva poi due esperti del gelato, Robin e Caroline Weir, che negli anni hanno collezionato quella che potremmo definire una delle collezioni più grandi di oggettistica legata al gelato (parliamo di 14000 cimeli), che comprende persino uno dei primi ricettari con gusti al garofano, narciso e sherry. Ovviamente nella collezione non mancano stampini vittoriani, stampe di Andy Warhol, cartoline e statue color pastello.

"Mi avevano rivelato di questa collezione che, però, sembrava non interessare a nessuno," conferma Bompas. "Noi l'abbiamo invece subito vista come un'opportunità, soprattutto nell'ottica di fornire al visitatore nozioni storiche ed esperienziali da portare con sé."

Foto cortesia di SCOOP/Marcus Peel.

Quindi, dalla carica, sono entrata allo SCOOP. A darmi il benvenuto c'era un video di Robin Weir che, senza troppi indugi, presentava la mostra. Poi ho aperto una porta, entrando in un vero e proprio freezer. E sì, la collezione è seria e tosta. Ma sembra proprio lasci spazio anche al divertimento.

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Oltre al freezer c'è una stanza che, invece, somiglia molto di più a un museo tradizionale, ed è piena di reperti legati al gelato. Ognuno di questi oggetti narra una storia affascinante, che mi insegna come il gelato fosse inizialmente "la marmellata" dei ricchi e degli chef, come dimostrati dalle formine vittoriane in trompe l’oeil. Per rendere il tutto ancora più stravagante, gli chef cercano di dare al gelato forme conosciute, simili a cibi già assaporati in precedenza. Fortuna che era l'epoca vittoriana, perché vi immaginate lo sgomento di oggi dopo aver fotografato una patata che in realtà è gelato?

Stampini per il gelato dell'epoca vittoriana. Foto cortesia di SCOOP/Marcus Peel.

Penny Licks, i bicchierini di vetro usati per servire gelato nel Diciannovesimo secolo. Foto dell'autrice.

"Nel 1828 un'albicocca gelato costava 10 scellini, l'equivalente di più di un euro per un morso di gelato. Di democrazia del gelato possiamo iniziare a parlare con l'avvento del Penny Lick," racconta la curatrice dello SCOOP, Lisa Slominski.

Sistemati come una fontana di Champagne, i Penny Licks occupano un'altra stanza. Inizialmente, prima che si iniziassero a servire i coni, venivano mangiati da dei contenitori di vetro che, se in un primo momento mi sembrava una disposizione tenera, alle rivelazioni di Slominski sulla correlazione fra Penny Licks, contenitori e tubercolosi mi sono ricreduta. Nel 1898 sono stati messi al bando.

Una parete piena di cartoline raffiguranti gelati. Foto dell'autrice.

Foto cortesia del SCOOP/Marcus Peel.

Fortunatamente, a quel punto, erano comunque arrivati i coni e, con essi, un impatto maggiore nella cultura di massa. È infatti qui che il connubio "colori pastello" e "gelato" spopola, raggiungendo anche i media. Questa svolta è rappresentata da una parete intera di cartoline che spaziano dalla pubblicizzazione della Viennetta agli slogan-insinuazioni piccanti come "Muoviti, prima che diventi molle."

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"Qui ci sono più di 500 cartoline," mi spiega Slominski. "Per lo più si tratta di cartoline legate alle festività, ma ce n'è una che parla di contraccezione."

Interviene Bompas "Negli Stati Uniti i banconi del gelato vendevano spesso medicine. Quindi non era poi così difficile 'condire' i gelati con i lassativi."

Nessuno vorrebbe pubblicare su Instagram qualcosa legato a questo ultimo discorso. A maggior ragione dopo aver saputo che il legame fra gelati e sostanze farmaceutiche aveva portato a più di uno scontro a Glasgow negli anni Ottanta. "Risultati nell'omicidio di 5 persone," ricorda Slominski.

Una EEG del cervello dell'autrice dopo aver mangiato gelato. Foto

Svoltato l'angolo, qualcuno mi passa l'attrezzatura per svolgere un elettroencefalogramma del mio cervello mentre mangio gelato. Morso dopo morso, le linee dell' EEG iniziano a danzare. Si può proprio vedere come il mio cervello risponda a quella botta di zuccheri, crema, grassi e sale.

Sento un po' la necessità di prendere in mano il telefono: voglio immortalare questo momento. Quindi cerco in giro se si possano scattare foto o meno, anche perché non vorrei mai sminuire la serietà dello SCOOP con una Story su Instagram.

Foto dell'autrice.

"Il gelato non ha mai smesso d'intrattenere," mi rassicura Bompas. "Storicamente era riservato agli aristocratici, ora no. Ci si può vantare del proprio palato sopraffino con il gelato. Quindi perché non mostrarlo?".

Solo perché qualcosa è istruttivo, non significa non lo si possa condividere felicemente. Ed è qui che lo SCOOP si posiziona perfettamente.

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Quest'articolo è originariamente apparso su Munchies UK.