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Attualità

Andrea Carpenzano non vuole essere chiamato attore

Abbiamo parlato con il co-protagonista de "La terra dell'abbastanza" di cinema, ambizione e Grande Fratello.
Foto di Francesco Ormando.

Nell’ultimo periodo il cinema italiano si è risvegliato da un lunghissimo letargo e sono emersi diversi registi e attori interessanti, che fanno ben sperare per il futuro. Uno di questi è Andrea Carpenzano, tra gli attori più promettenti della sua generazione. Nato a Roma, 22 anni, ha esordito nel 2017 con il film Tutto quello che vuoi e da allora non si è mai fermato.

Dopo l’ottima interpretazione in La terra dell’Abbastanza e l'inizio delle riprese di Il campione accanto a Stefano Accorsi, l’ho chiamato per parlare del suo rapporto con il mestiere di attore e con il cinema, di ambizione e di Grande Fratello.

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VICE: Ciao Andrea. Mi racconti come ti sei avvicinato al cinema e come hai cominciato a fare l’attore?
Andrea Carpenzano: Prima di tutto chiariamo che non sono un attore [ride]. È una brutta parola, non riesco a usarla. A parte questo, è successo tutto molto per caso. Circa tre anni fa una mia amica mi ha detto, “Andiamo a fare questo provino," che poi era il provino per alcuni ruoli secondari nel film Tutto quello che vuoi di Francesco Bruni. Io non avevo niente da fare e ho detto di sì. È finita che non solo mi hanno preso, ma mi hanno voluto per il ruolo di protagonista. Tutto per caso.

Non avevi alcun rapporto con il mondo del cinema prima? Quel provino era la prima volta che recitavi?
Avevo pochissimi rapporti con il cinema: mi piaceva montare, e guardavo i vari Pasolini, Scola, Harmony Korine e il Grande Fratello. Fino a qualche tempo fa la mia vita era questa: mi svegliavo, guardavo uno dei film che ho citato a rotazione, uscivo, cominciavo a bere, tornavo a casa, guardavo il Grande Fratello e andavo a letto. Sono fan del Grande Fratello: tutte quelle dinamiche bellissime e rassicuranti di personaggi assurdi ed eventi che sai che devono succedere mi divertono, è uno specchio della società.

Comunque, tornando alla recitazione: sì, era la prima volta che recitavo. Diciamo che il primo è stato un incontro conoscitivo più che un provino. Poi al secondo mi è toccato recitare.

Come te le sei cavata? Mi sembra tu abbia imparato piuttosto in fretta.
Ho la fortuna di essere molto incosciente, e la persona che meno si prende sul serio al mondo. Non è che mi faccio troppe domande. Se va bene bene, se va male pazienza. L’affronto un po’ così.

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Nei provini, come i miei ruoli nei film, faccio la mia scena senza pensarci troppo. Poi se il regista mi dice che è ok, è ok. Raramente chiedo di rifarla—anche se quasi sempre mi fa schifo—perché alla fine il film è del regista.

Be’, non solo del regista.
Secondo me invece sì. Gli attori vanno e vengono, possono fare diversi ruoli e per ogni ruolo ce ne possono essere un sacco. Il film lo fanno il registi: sono loro che lo partoriscono e lo crescono, i meriti vanno al loro.

Anche la preparazione, per me, consiste nel parlare molto con i registi e capire cosa vogliono. Ti dicono che personaggio hanno in mente, tu cerchi di capirlo mantenendo sempre la giusta distanza.

E rivederti che effetto ti fa?
Mi fa cagare [ride]. Non riesco proprio a guardarmi, potrei morire. Infatti se posso evito. Con La terra dell’abbastanza ci hanno passato il film ma io non l’ho voluto vedere, la versione finale l’ho vista per la prima volta al festival di Berlino.

Ti sei piaciuto?
Penso di aver rovinato il film, giuro.


Guarda la nostra intervista a Matteo Garrone:


Sai vero che invece la critica è tutta a incensarti e i registi ti hanno definito uno dei migliori attori della tua generazione.
Sì ma non è vero, non ci voglio pensare. E poi Matteo [Olivetti, co-protagonista di La Terra dell”Abbastanza] è un signor attore, non riesco a dire altro.

Non insisto. Ti piace almeno fare queso lavoro?
Abbastanza. Prima di tutto mi sembra un po’ assurdo tutto quello che circonda questo mondo. Un attore, anche se non sono un attore, secondo me dovrebbe andare sul set, girare e andare a casa. Tutto il resto, foto, interviste e quant'altro lo trovo molto grottesco.

Poi penso che per fare bene l’attore una persona debba aver un lasso di tempo tra un film e l’altro, in cui stai senza fare niente e ti sale quell’ansietta brutta che poi ti fa venire voglia di sentirti utile. Infatti [La terra dell'abbastanza] non lo volevo neanche fare: era un periodo stranamente abbastanza felice, e ho provato a dire ai registi che non ero abbastanza triste, ma niente. Alla fine è andata.

Volevi fare questo nella vita, vuoi continuare a farlo?
Non saprei, al momento sto lavorando a un altro film e va tutto bene, ma non me lo sono mai chiesto. Io non ho mai saputo cosa volevo fare. Mi fanno un po’ paura i ragazzini della mia età o più piccoli che dicono "da grande voglio fare l’attore." Rispetto l’ambizione, ma capisco di più chi non ha sogni.

Cosa avresti fatto se non avessi fatto l’attore?
Sarei morto di fame, molto probabilmente. No, scherzo, ma non ho mai avuto un piano B, come non ho mai avuto un piano A. Oggi sto vivendo di questo—non pensare ci viva chissà come, mi sono comprato un paio di jeans e spendo tutto in vino buono. Se finisce tra due mesi va benissimo così, non è un problema. Allora ci penserò, a quello che devo fare.

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