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L’assurdo caso della carabiniera incriminata dopo aver denunciato per molestie un superiore

La storia di Angela Rizzo, vittima di molestie ma accusata di aver leso il prestigio dell'arma, è così assurda da sembrare inventata.

Il caso di molestie che sta circolando nelle ultime ore è una storia simile a molte altre, e al tempo stesso molto particolare. Per il momento lasciamo stare il contesto in cui è avvenuta: la vittima è Angela Apparecida Rizzo, una donna di 35 anni di origini brasiliane che nel 2015 comincia un nuovo lavoro a Firenze.

Da quello che emerge dalle relazioni in corte d’appello e dalle deposizioni delle parti in causa le molestie del suo capo iniziano immediatamente. Questo sviluppa nei confronti della donna un “comportamento morboso.” Dagli apprezzamenti lavorativi passa presto a quelli sul vestiario, alle domande sulla vita privata e a azioni inappropriate. In un caso viene trovato a frugare nella borsa di Rizzo, in un altro le dà “un frizzino sulle natiche.” Quando ha la prova che gli apprezzamenti non portano da nessuna parte, comincia a denigrarla professionalmente e la minaccia di ripercussioni nel caso decida di riportare al superiore la situazione.

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A differenza di quello che avviene in molti casi—in cui, per motivi su cui tornerò, gli abusi non vengono denunciati—la vittima reagisce. Fin da subito dice esplicitamente al capo che i suoi comportamenti, che siano parole o mani sul culo, non sono graditi. Quando vede che questo sembra avere l’effetto contrario sul molestatore ("sembra esaltarlo") ne parla con un collega e poi si reca dal suo superiore chiedendo un cambio di turno e spiegando nero su bianco le circostanze da cui partiva quella richiesta.

Fino a qua, ci sono tutti gli elementi che generalmente contraddistinguono una storia di molestie sul lavoro: il ruolo di potere ricoperto dal molestatore, l’ambiente accondiscendente nei suoi confronti, il disagio della vittima che cresce insieme al suo malessere e che la porta a prendere in considerazione l’idea di cambiare lavoro. C’è anche un momento in cui la storia sembra concludersi come dovrebbe: la vittima si costituisce parte civile e in primo e secondo grado il molestatore, che ha presentato ricorso, viene giudicato colpevole e condannato a nove mesi di reclusione.

Ma ora torniamo al contesto, che è ciò che la differenza da molte altre storie. L'imputato Luigi Ruggiero è infatti un maresciallo dei carabinieri, arma a cui appartiene anche la vittima; perciò il reato di cui è colpevole è “minaccia di inferiore aggravata e continuata”. Questo perché nel codice penale militare—gli appartenenti alle forze armate in Italia vengono giudicati dai tribunali militari—nel 2018 i reati a sfondo sessuale non sono previsti, e quindi non sono punibili. Eppure il punto assurdo del titolo è un altro: per aver denunciato gli abusi subiti, oggi Angela Rizzo è accusata di aver leso il prestigio dell'arma.

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A portare Rizzo al banco degli imputati è stata una frase pronunciata in un’intervista a Presa Diretta il 10 marzo scorso. Nella puntata ‘Sesso e Potere’ dedicata al tema delle molestie e degli abusi, Rizzo—che pare avesse avvertito il comando del servizio che sarebbe andato in onda, ma non dell'intervista che avrebbe rilasciato—aveva raccontato la sua storia, pronunciando la frase poi incriminata: "Avevo paura che succedesse qualcosa di più grave. In un contesto come il nostro dovremmo tutelare, no? Con grande amarezza trovo che, ecco, anche nel mio caso, uno venga abbandonato."

Prima di chiudere, vorrei soffermarmi su alcuni punti. Il primo riguarda il tema, già emerso in altri paesi, degli abusi sessuali all’interno delle forze dell’ordine e della mancanza di strumenti per contrastarli. L’arruolamento delle donne nelle forze armate è aperto solo dal 2000, e ancora oggi le donne rappresentano una minoranza e sono avvertite come 'un'eccezione' in un ambiente spesso segnato dal cameratismo. Più in generale, il caso dei due carabinieri accusati di aver stuprato due ragazze americane—nello stesso comando provinciale di Firenze di Rizzo—dimostra che la legge militare non può più ignorare il tema delle molestie.

In quell’occasione erano già emerse tutte le difficoltà che stampa, giustizia, e forze armate in generale hanno a rapportarsi al tema degli abusi commessi da un membro delle forze dell'ordine. E solo qualche giorno, fa uno dei due carabinieri ha liquidato la questione dicendo in un’intervista che lui e il collega si erano “comportati da maschietti.”

Infine: i dati Istat dell’unica ricerca italiana realizzata finora sul tema, relativi al 2008, rivelano che il 99 percento dei ricatti sessuali non viene segnalato, e tra i motivi per cui questo avviene c’è la mancanza di fiducia nelle forze dell’ordine. Magari si tratta di una piccola minoranza, ma credo che per una donna la prospettiva di denunciare il suo caso in un sistema che ha fatto di una vittima un colpevole non sia proprio delle più allettanti.

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