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Sismi d'Occidente

O di come la scienza viene giudicata per quello che non è.

Fino a qualche tempo fa, la prima cosa che pensavo nel sentire la parola TERREMOTO era questa. E ciò perché durante lʼultimo grande terremoto italiano (Irpinia, 23 novembre 1980) ero troppo preso a mettermi i piedi in bocca e succhiare dalla tetta. Non che dopo mi sia sempre disinteressato a ciò che accadeva fuori dal mio piccolo orto, ma il fascino di John “Earthquake” Tenta —grandiosa tuta blu tutto salti budinosi quando stava per colpire duro—vinceva anche sul ring dellʼimmaginario. I terremoti lontani nello spazio e nel tempo rientravano nel pacchetto generico “guerra, catastrofi, dolore e distruzione”. Sono fatto così.

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Poi c'è stata l'Aquila. Poi cʼè stata Haiti. Poi cʼè stata Fukushima. Poi cʼè stata lʼEmilia. Al che ho smesso di masticarmi i piedi. E ieri, dopo tre anni di processo, sei scienziati sono stati giudicati responsabili della tragedia abruzzese e condannati per omicidio colposo plurimo. Alcuni parenti delle vittime hanno esultato e ringraziato per la giustizia fatta, mentre ricercatori e professori di tutto il mondo si sono messi le mani nei capelli invocando lo spirito di Galileo protettore degli scienziati costretti alla gogna.

Ora, a me non interessa lʼavvertimento “questa condanna crea un precedente per dissuadere la scienza dallo schierarsi”, “con la paura nessuno potrà esprimere una libera opinione scientifica”, ecc. Ben venga la paura. La scienza è una battaglia seria, coltello tra i denti e lancia in resta. Questi avvertimenti non mi interessano, soprattutto, perché nel caso della Commissione Grandi Rischi dellʼAquila la valutazione scientifica era paradossalmente correttissima. Tutti chiacchierano, nessuno legge i documenti.

I terremoti non sono prevedibili. I precusori sismici non sono attendibili. Basta. L'unico 'pre' che possa limitare i danni è la prevenzione. Come per le carie. I sei dellʼAquila sono stati condannati, come scienziati, per non essere dei maghi veggenti.

Non li difendo a spada tratta, non ho sentito neanche una parola del processo e vado a tentoni, così come si faceva una volta senza acceleratori e microscopio—la qual cosa permetteva di non fermarsi alla superficie del vetrino. La scienza di errori ne ha fatti mille, si sa. Ma è sempre stata usata da chi aveva il potere per sganciarla, fenderla, detonarla e tutta la retorica che segue. Perché la città platonica in cui i pensatori hanno il potere vale solo in tempi di sconfitta?

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Non capisco: sfogarsi su un capro espiatorio ha lo stesso appeal di una serata BDSM in compagnia di una bambola gonfiabile. Ovunque cerchiate, troverete ottime descrizioni dei terremoti storici: tabelle impeccabili, il grado al centesimo della scala Richter e Mercalli, lʼepicentro, il ritmo e la quantificazione dei danni, ma in nessun caso avrete un riscontro sulla loro prevedibilità. La formula per anticipare lʼarrivo di una grande scossa ancora non esiste.

Il terremoto del Sichuan del 2008 ha fatto 70.000 vittime. Uno può dire che i cinesi abbiano lasciato correre, visto che hanno problemi a limitare con le sole leggi lʼincremento della popolazione. Ma in Giappone? Una centrale nucleare alle ortiche, un maremoto devastante e il sisma più forte mai misurato sullʼisola. Tutto previsto e accettato con un inchino? I giapponesi non fanno a tempo a finire una partita di Go tra un terremoto e l'altro, e sarebbero andati a costruire una centrale nucleare proprio lì, così, per noia? Eppure, notare, questa volta i morti sono stati 30.000. Differenza tra Cina e Giappone, in prima rozzissima analisi: le infrastrutture. E se da noi cʼerano le centrali? Perdonate lʼuso disinvolto dei numeri.

Se la zona è a rischio sismico, bisogna fare le case per benino, bisogna stabilire dei piani di gestione dei flussi—e gli scienziati con la questo hanno poco a che vedere. Franco Barberi, il condannato più illustre insieme a Enzo Boschi, aveva a suo tempo stilato il “Censimento di vulnerabilità degli edifici pubblici”, sottolineando la situazione critica dellʼAbruzzo. Non si tratta di dire che "ha fatto delle cose buone". Quando nel 1985 diede lʼallarme per un possibile rischio terremoto in Garfagnana, e quello non arrivò, venne indagato per falso allarme. Ieri è stato condannato invece per falsa tranquillizzazione.

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È vero, la Commissione Grandi Rischi era una “operazione mediatica”, semplicemente perché non poteva tranquillizzare né allarmare. Poteva solo ribadire che gli scienziati, quanto a prevedere terremoti, non ne sanno unʼacca. E, ancora oggi, non ha senso riporre speranze salvifiche ex post nel [radon](http://daily.wired.it/news/scienza/2012/04/06/ terremoto-aquila-giuliani-previsioni-radon-33524.html).

Ora, ammettiamo che i sei avessero detto: sta per venire il terremoto—affermazione scientificamente più falsa dellʼammissione dʼignoranza. Seminare il panico oppure no? Chi decide: gli scienziati forse? Ogni anno ci sono migliaia di terremoti minori che non portano a nessuna tragedia. A ogni scossa si fanno evacuare intere città?

Immaginiamo un possibile dialogo:

"Senti, devi andartene da casa tua perché forse arriva il terremoto."
"Ma magari vengono i ladri mentre non ci sono."
"Tranquillo, chiamiamo l'esercito per blindare la città e spariamo a chi resta dentro."
"E se uno è in ritardo? Se uno ha finito l'insulina?"
"Ah, ma ci sono i camion con le medicine, facciamo dei bei camion con le medicine e ci mettiamo anche il cibo per tutti. E le tv."
Io non vedrei lʼora. Una parata generale con i mille colori dell'arcobaleno, persone di tutte le età, ci si tiene per mano e viva la gente ovunque tu vai. Sai quante nuove amicizie? Eppure, con le diverse migliaia di sfollati, la situazione è ben più tragica - e sono passati tre anni.

La prima scossa allʼAquila è del dicembre 2008. Si poteva chiedere di restare quattro mesi fuori casa? Riduciamo. La Commissione si è riunita il 31 marzo: chi è che può fermare una città per una settimana senza che sia successo niente? Si è mai visto? Ma neanche nell'antica grecia caro mio. E se il 5 aprile 2009 gliela davano tutti su e rincasavano?

Se a uno scienziato chiedono di prevedere un terremoto, lui dovrebbe rispondere: va bene, ma prima bonificami questa palude con una cannuccia. Condannare questi sei è ridicolo tanto quanto dare sempre la colpa di tutti i mali italiani alla mafia—per favore, basta film in cui i cattivi sono sempre La Mafia. Basta scaricare le responsabilità. Se i sei (più uno) devono pagare per omicidio colposo, cosa spetta a chi ha mescolato la sabbia al cemento, a chi ha fatto i condoni edilizi e approvato le costruzioni, a chi ha speculato sulla distruzione e concesso appalti come indulgenze?

Ammettiamolo pure. Non è questo il caso, ma a volte lʼuomo non ha colpa. La Natura è violenta e inesorabile e inganna i figli suoi, mentre a noi ci piace fare finta di no. Altre volte gli scienziati hanno colpa, eppure vengono applauditi. Come al cinema, ai mortali non resta che mettere su una buona musica e godersi lo spettacolo, o piangere sulle macerie. La scienza non è magia, e non pretende di esserlo. Ma se proprio si è in vena di colpevoli, vale la solita linea guida vecchia come il tempo: a chi giova?