Foto di Andrzej Grygiel/EPA
Cannibalismo, annegamenti e crocifissioni: queste sono solo alcune delle atrocità patite dagli inglesi per mano dei nazisti nel corso della Seconda Guerra Mondiale, i cui racconti sono stati appena resi pubblici nel Regno Unito.Le testimonianze - contenute nelle richieste di risarcimento presentate da cittadini britannici tra il 1964 e il 1965 - rivelano anche le difficoltà che molti di loro hanno dovuto affrontare per ottenere una compensazione per le torture subite.A oggi, solo 1.015 delle 4.206 persone che hanno presentato la richiesta sono state risarcite. Molte di loro sono state ascoltate per mesi, o addirittura per anni, per poi vedere la propria domanda rigettata dai giudici.Tra le testimonianze c'è quella di Harold Le Druillenec, l'unico britannico sopravvissuto dal campo di concentramento di Bergen-Belsen, dove è stato rinchiuso per dieci mesi. Le Druillenec ha fornito la propria testimonianza al Processo di Belsen."Ho trascorso i miei giorni nel campo gettando cadaveri nelle fosse comuni gentilmente scavate da 'lavoratori esterni'," ha scritto Le Druillenec nel suo memoriale, "dato che, fortunatamente, i responsabili del campo si erano accorti che noi non avevamo più le forze per fare quel tipo di lavoro.""Tra i prigionieri regnava la legge della giungla, soprattutto di notte: o uccidevi qualcuno, o venivi ucciso. E di giorno i casi di cannibalismo erano frequenti.""Quando sono stato rinchiuso, gran parte dei detenuti di Auschwitz erano stati trasferiti a Belsen. Lì sentii questa frase: 'C'è solo una via d'uscita da qui: attraverso il camino," ha aggiunto l'uomo, riferendosi ai forni crematori e alle camere a gas.Nel corso della sua prigionia Le Druillenec ha visto il suo peso corporeo dimezzarsi, e per quasi un anno dopo la sua liberazione ha patito le conseguenze di dissenteria, scabbia, denutrizione e setticemia. Alla fine il Foreign Office - il ministero degli esteri britannico - gli ha garantito un risarcimento di 1.835 sterline, equivalenti all'incirca a 40mila euro di oggi.Tra coloro a cui è stato negato un risarcimento c'è il luogotenente Bertram James, un ufficiale inglese coinvolto nella celebre "grande fuga" dal campo per i prigionieri di guerra gestito da Luftwaffe, lo Stalag Luft III.James si è visto negare il risarcimento con la motivazione che l'uomo non avrebbe ricevuto "il trattamento disumano e umiliante [proprio] di un vero campo di concentramento." Il suo caso è poi stato trattato a lungo dal parlamento e dalla stampa locale: solo così l'uomo è riuscito a ricevere 1.192 sterline (una cifra paragonabile a circa 27.000 euro).Un'altra persona che si è vista rifiutare un risarcimento è l'inglese d'adozione Elizabeth Spira, imprigionata nel campo di Theresienstadt, in Repubblica Ceca. Spira ha descritto scene terribili al campo, raccontando che i bambini "non riuscivano a mangiare per paura [di] ciò che potevamo fare loro, perché avevano visto che i loro genitori non erano più venuti fuori" dalle camere a gas.La donna ha raccontato: "Cercavamo di lavare [i bambini] nei bagni pubblici. Si rifiutavano di entrare e si aggrappavano alla maniglia della porta, quando cercavamo di portarli dentro. Alla fine, ho preso il bambino più piccolo, siamo entrati nei bagni, [gli] ho fatto un bel bagno caldo… dopo poco [i bambini] sono stati mandati a morire nelle camere a gas."I soldi per i risarcimenti sono stati prelevati da un fondo di 1 milione di sterline (circa 1.260.000 euro) donato al Regno Unito dal governo tedesco per le vittime della persecuzione nazista – definita dagli affari esteri inglesi come una "detenzione illegale in un campo di concentramento o un luogo simile allo scopo di infliggere deliberatamente sofferenze, torture o sterminio secondo l'ideologia nazista."I criteri d'applicazione hanno analizzato anche le disabilità causate dalla detenzione, e la durata della stessa.Molte richieste sono state negate perché le persone non erano cittadine inglesi al tempo della persecuzione o avevano doppia nazionalità. Altri perché erano soldati e quindi legalmente prigionieri di guerra, o perché l'ufficio esteri ha considerato la loro esperienza come una pena, ma non una persecuzione.
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Le Druillenec ricorda i diversi modi utilizzati "per ammazzare i detenuti, i quali includevano le botte, l'annegamento, la crocifissione, e l'impiccagione in varie posizioni," aggiungendo che il tentato suicidio "era considerato un reato grave poiché la scelta di come morire non era nostra, e visto che non c'era nessuna privacy. Non ricordo nessun suicidio andato in porto." Tra il 1941 e il 1945, nel campo di Bergen-Belsen, sono morte più di 70.000 persone.Leggi anche: Uno dei nazisti più ricercati al mondo ha vinto l'ennesima battaglia legale in Canada
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