Il Pakistan ha condannato a morte un cittadino per blasfemia su Facebook
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Il Pakistan ha condannato a morte un cittadino per blasfemia su Facebook

Fino ad aprile di quest’anno sono stati bloccati quasi 13000 siti web per contenuti blasfemi.​
Riccardo Coluccini
Macerata, IT

Immagine: Degli attivisti del Jamiat Ulema-e-Pakistan (JUP) protestano contro la blasfemia e chiedono sanzioni contro i blogger sui social, a Karachi il 16 marzo 2017. via Shutterstock

Secondo quanto riportato da Reuters, una corte antiterrorismo del Pakistan avrebbe emesso una sentenza di morte nei confronti di un cittadino incolpato per aver postato alcuni commenti blasfemi su Facebook.

Taimoor Raza era stato arrestato lo scorso anno a seguito di una discussione avuta su Facebook riguardo l'Islam e nella quale insultava il nome di Maometto: il suo interlocutore si è poi rivelato essere un agente che si occupa di antiterrorismo. Raza appartiene alla minoranza sciita ed è stato accusato di diffondere odio contro la scuola Deobandi, che rientra all'interno del sunnismo — il Pakistan è a maggioranza sunnita.

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Il processo, secondo quanto dichiarato a Reuters dall'avvocato dell'accusa, è stato eseguito nella cella della Corte di Bahawapur seguendo strette regole di riservatezza.

Il governo del Pakistan sta aumentando la stretta contro la pubblicazione di contenuti blasfemi sui social network: secondo quanto riportato da Human Rights Watch, lo scorso 10 maggio l'Autorità delle Telecomunicazioni del Pakistan aveva inviato a tutti i cittadini dei messaggi di allerta riguardo la pubblicazioni di tali contenuti online ed inoltre si invitavano i cittadini a segnalare tali abusi.

Fino ad aprile di quest'anno sono stati bloccati quasi 13000 siti web per contenuti blasfemi.

Le azioni del governo Pakistano rischiano di aggravare la situazione relativa alla repressione della libertà di espressione online che, stando ai dati forniti dall'Autorità delle Telecomunicazioni, si trova già a livelli insostenibili: fino ad aprile di quest'anno sono stati bloccati quasi 13000 siti web per contenuti blasfemi.

"Il governo ha imbavagliato le voci del dissenso delle organizzazioni non governative e dei media. Ha introdotto leggi sul crimine digitale vaghe e troppo ampie, criminalizzando l'uso pacifico di internet," dichiarava il report del 2016 dello Human Rights Watch.

Ad aggravare la situazione del caso di Taimoor Raza è la sottile linea che sembra separare atti di blasfemia da quelli appartenenti alla sfera del terrorismo: la corte che ha emesso la sentenza non è una corte normale ma una corte per l'antiterrorismo, come segnala il The Guardian. In questo caso la sicurezza nazionale e la religione finiscono con il sovrapporsi nebulosamente e facilitare anche l'eliminazione di avversari politici.

Il Pakistan ha più di 8000 prigionieri in attesa della pena capitale, ed 85 persone sono state giustiziate nel 2016, secondo i dati raccolti da Human Rights Watch.

Dal momento che Taimoor Raza ha ricevuto la sentenza da parte di una corte per l'antiterrorismo potrà fare ricorso presso la Corte d'Appello ed in seguito la Corte Suprema.