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Sport

Le Olimpiadi stanno tirando fuori il peggio della stampa italiana

Le Olimpiadi sono uno degli eventi con maggior portata di pubblico, pertanto è sempre interessante capire come si comporta la stampa generalista nel trattare l'argomento. Anche se la risposta, ovviamente, è "malissimo".

Un esempio della copertura delle Olimpiadi sulla stampa italiana. Grab via

Ogni quattro anni, la tipica noia estiva viene alleggerita da un carico non indifferente di sport: agli inizi di luglio ci sono gli Europei; poi c'è la full-immersion nel calciomercato; e infine, nelle prime settimane di agosto—giusto una manciata di giorni prima che inizi nuovamente il calcio giocato—veniamo travolti dalle Olimpiadi.

Com'è naturale, l'attenzione del grande pubblico si concentra sull'evento sportivo, che diventa il vero argomento topico delle settimane in cui si svolge, e coinvolge tanto la stampa generalista quanto—ovviamente—quella sportiva.

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In questi giorni, specialmente la sera, sto guardando le dirette sulla Rai e devo dire che per ora si sono limitati a fare una cosa piuttosto semplice: trasmettere le gare e commentarle sotto il lato tecnico. Ma se si allarga un attimo lo sguardo—o semplicemente si scorre il proprio home feed di Facebook—si nota subito che (a parte meritevoli eccezioni) per una parte non indifferente della stampa italiana le vere "attrazioni" delle Olimpiadi sono altre.

Dall'idea che mi sono fatto, probabilmente c'entra il fatto che di solito la stampa più o meno generalista non si occupa di molte discipline olimpiche, e quindi—abbassando ulteriormente degli standard già di per sé piuttosto bassi e non trovando di meglio da fare—preferisce buttarsi sulla descrizione pruriginosa dei corpi e delle gesta "eroiche" degli atleti.

Non è un caso, infatti, che molti degli articoli proposti vadano in maniera ossessiva in questa direzione. E se aggiungiamo il fatto di essere in un periodo di forte sensibilizzazione riguardo al sessismo, non stupisce nemmeno che le reazioni su questi piccoli capolavori siano così numerose e sentite.

Facendo un attimo un passo indietro, c'è da notare che quello del sessimo non è un problema solo italiano. Anzi, il commento alle Olimpiadi sta sdoganando così tanto una visione androcentrica da costringere il Guardian a creare una guida per commentare le prestazioni delle atlete senza gaffe, seguita di qualche giorno da questo video di Fusion.

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Comunque, gli esempi che vengono dall'estero sono all'acqua di rose rispetto a quanto abbiamo visto nell'ultima settimana. Il quotidiano Libero, all'indomani dell'argento nella spada di Rossella Fiammingo, ci aveva per esempio svelato il "lato segreto" dell'atleta, perché "sarà uno dei volti che ricorderemo di queste Olimpiadi. E non solo il volto", proponendo anche una gallery del "lato B disegnato col compasso."

Ma essendo il periodo delle Olimpiadi un periodo di "grandi sperimentazioni," il filone delle "gallery" non poteva non coinvolgere anche gli atleti uomini. A questo proposito, Cosmopolitan ha spiccato il volo sulle nostre bacheche con " I migliori pacchi regalo degli atleti alle Olimpiadi"—ossia una gallery di 36 foto di "bei fustacchioni." E non solo: qualche giorno fa c'è stato il rilancio con un commento frame by frame delle docce post-gara dei tuffatori.

Grab via.

Se notizie del genere sembrano essere normale routine—o una specie corollario di altre come quella dell'atleta olandese cacciato dalla propria nazionale in quanto ubriaco—e quindi finiscono presto nel dimenticatoio nella semi-indifferenza, altre invece diventano dei veri e propri casi.

Il più eclatante è quello del "trio delle cicciottelle", ossia la definizione che Guendalina Sartori, Lucilla Boari e Claudia Mandia, il trio di arciere che ha sfiorato il bronzo alle Olimpiadi di Rio, si sono viste affibbiare dal Resto del Carlino.

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Si tratta della vicenda che preferisco di questo filone delle Olimpiadi. Ora, non so come funzioni la redazione di quel giornale; però do per scontato che sia composta da più persone, che queste si siano confrontate, abbiano proposto titoli, e alla fine abbiano convenuto sul fatto che, nel 2016, si possano definire delle atlete "cicciottelle" in un titolo senza attirare—giustamente—su di sé secchiate di merda da ogni angolo di internet. Ovviamente si sbagliavano, e poche ore dopo la pubblicazione l'articolo ha iniziato a girare sui social in un crescendo costante di indignazione e stupore.

MT — GammaDonna (@GammaDonna_)9 agosto 2016

A un certo punto il presidente della FITARCO Mario Scarzella ha coronato il tutto con una lettera aperta al direttore del quotidiano, in cui si definisce il titolo "a dir poco irrispettoso", si condanna la scelta del giornale di focalizzarsi sull'aspetto fisico, e si conclude dicendo che "gli arcieri italiani sono in rivolta e noi ci sentiamo di giustificare la loro rabbia."

Com'è andata a finire è ormai noto: il direttore Giuseppe Tassi ha porto le sue scuse—che sembravano più che altro un pro-forma—ed è stato successivamente sollevato dal proprio incarico dall'editore Andrea Riffeser Monti. La discussione che ne è seguita è stata varia e ha coinvolto più fronti—dopotutto, decisioni del genere in Italia sono una rarità. C'è stato chi ha esultato, chi ha parlato di "clickbait di carta," e chi ha difeso Tassi descrivendolo come una specie di vittima del "politicamente corretto." A chiudere in bellezza è arrivato ancora una volta Libero, che ha detournato il termine incriminato infilando in un titolo che è un monumento al clickbaiting più becero e sguaiato: "Le "cicciottelle" divorano il direttore. Ecco come l'hanno rovinato."

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Insomma, per giorni si è finiti a parlare più di un articolo sulle Olimpiadi che delle Olimpiadi stesse. A ogni modo, il body shaming—o più in generale l'attenzione esagerata al corpo degli atleti piuttosto che alle loro prestazioni—non è però l'unica delle infinite cantonate prese dalla stampa italiana. Un'altra parentesi centrale nella produzione giornalistica olimpica è sicuramente quella che ricade nello stereotipo, o che si presta a generalizzazioni su temi divisivi e polarizzanti. A fare da capostipite a questo filone è Il Giornale con un articolo sulla partita di basket Usa-Cina, dal sottotitolo "I cinesi sono venuti a Rio per vedere i marziani e hanno scoperto che sono tutti neri: Dragoni travolti dagli Usa."

La tesi del pezzo è piuttosto semplice: nella nazionale statunitense ci sono troppi giocatori neri. Chiaramente non è una cosa che dipende dalle selezioni pre-olimpiche, dalla disponibilità dei giocatori dell'NBA, o da altri fattori tecnici. No: è che "la NBA deve fare soldi," e che "forse in panchina qualche bianco ci sarebbe pure stato, ma la pallacanestro in questi casi è di un'altra tonalità."

Restando nei dintorni dell'argomento di cui sopra, l'outfit della nazionale di beach volley dell'Egitto—le cui atlete giocano con una tuta, e una indossa anche l'hijab—ha provocato un ampio dibattito sia internazionale che nazionale. Senza entrare troppo nelle varie sfumature che sono emerse, mi limito a registrare che—oltre a non aver praticamente parlato della prestazione sportiva—da un lato si è parlato di un "incontro di culture," mentre dall'altro qualcuno è riuscito a dire che l'islam è riuscito addirittura a "rovinare il beach volley."

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Potrei andare avanti ancora a lungo con altri esempi, ma penso che ormai il discorso sia piuttosto chiaro—così come lo è un certo atteggiamento e un certo meccanismo mediatico.

Sul punto, proprio l'altro giorno ho letto un articolo su Nieman Lab (il magazine di Harvard sul giornalismo) in cui si evidenziava come le Olimpiadi siano per gli organi di stampa un periodo di grandi esperimenti: le date programmate con molto anticipo e poche variabili permettono ai siti di news di testare nuovi metodi per parlare di sport—e non solo—sia a livello di contenuti che a livello concreto, come sottolinea il caso del Washington Post e dei robot che in questi giorni stanno scrivendo parte delle news.

Una rassegna sportiva del genere, dunque, dovrebbe far sì che la stampa dia il meglio di sé nel cercare di coprire l'evento. Ripeto: dovrebbe essere così. Perché, appunto, in questi giorni abbiamo visto l'esatto opposto—ossia come una buona parte del giornalismo italiano sulle Olimpiadi sia stato inglobato in una gigantesca colonna destra di "notizie" irrilevanti e senza senso. Insomma, sono passati solo sei giorni dall'inizio di Rio 2016, alla fine ne mancano ancora dieci. E sono davvero sicuro che il giornalismo italiano riuscirà a migliorarsi nelle prossime ore—nel senso che sarà prontissimo a non commentare gli sport a cui assisteremo.

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