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Macro

Il ceto medio italiano sta scomparendo

C'erano una volta Fantozzi e il ragionier Filini, che rappresentavano benissimo il ceto medio impiegatizio dei tempi del boom economico. Adesso però quella classe sta scomparendo senza venire sostituita.

Questo post fa parte di Macro, la nostra serie su economia, lavoro e finanza personale in collaborazione con Hello bank!

C'era una volta il ragionier Filini, arbitro e ideatore della partita "scapoli contro ammogliati," animatore dell'annuale "Coppa Cobram" di bicicletta, instancabile organizzatore di gite di gruppo per i dipendenti della megaditta fantozziana. Ottimista contro ogni evidenza, uomo fattosi da solo, il ragionier Filini ha rappresentato molto meglio di Fantozzi, emarginato aziendale e sociale, il ceto medio impiegatizio italiano nei decenni successivi al miracolo economico.

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Ma oggi, la classe sociale da lui incarnata è in via di estinzione. Infatti la classe media—quell'insieme di persone che, secondo l'OCSE, guadagnano tra il 75 e il 125 percento del reddito medio nazionale per classe di età di appartenenza—sta lentamente sparendo. Lo aveva già segnalato l'indagine Demos-Coop dell'aprile 2015: oltre la metà degli italiani si considera ormai "ceto popolare" o "classe operaia" e solo il 42 percento sente di appartenere al "ceto medio." Nove anni fa, nel 2006, il rapporto era ribaltato: il 53 percento degli italiani si definiva ceto medio e solo il 40 percento ceto popolare.

Tra gennaio e febbraio 2015, il Centro studi Einaudi ha intervistato 1076 famiglie e ha pubblicato i risultati nell'ultima "Indagine sul risparmio e sulle scelte finanziarie degli italiani": nel 2007, anno d'inizio della crisi globale, a stringersi dentro la definizione di classe media data dall'OCSE era il 57,1 percento degli intervistati. Stando ai risultati del sondaggio, oggi questa percentuale è scesa di 19 punti, fino ad arrivare al 38,5 percento—il che equivale a tre milioni di famiglie, o sette milioni di italiani che "durante la crisi del 2007-2014 hanno perso l'ancoraggio economico che li legava alla classe media," ossia al benessere o almeno alla possibilità di di non doversi preoccupare ogni giorno di come far quadrare i conti.

Insomma, il ragionier Filini sta scomparendo. E il suo posto non viene preso da nessuno, perché dopo otto anni di recessione a intermittenza la maggior incidenza di contratti a tempo determinato, l'alta disoccupazione e l'assenza di ammortizzatori sociali hanno fato crollare redditi e ricchezza dei più giovani. Secondo la più recente indagine sui bilanci famigliari di Bankitalia, la ricchezza dei nuclei familiari in cui il capofamiglia ha meno di 34 anni nel 2002 era pari all'80 percento della media nazionale nel 2002, mentre dieci anni dopo è pari a meno del 20 percento—un crollo dei tre quarti della ricchezza posseduta, quantificabili in circa 180 mila euro per nucleo familiare.

Ma che cosa significa tutto questo? Una risposta la dà il Censis, che dal 1964 studia l'Italia all'incrocio tra economia e sociologia. "Il ceto medio è ormai corroso," ha spiegato l'istituto nel suo rapporto annuale 2014 sulla situazione sociale del paese. La crisi ha diffuso un atteggiamento generalizzato di "attendismo cinico" nella scala sociale: il 60 percento degli italiani ritiene che chiunque possa finire in povertà, prevalgono l'immobilismo e la diffidenza verso le regole e quella che il Censis definisce la filosofia del "bado solo a me stesso," che non è molto lontana dal "me ne frego" di altri tempi.

Così, mentre il ceto medio precipita sempre di più verso la povertà, le ripercussioni sociali e politiche di questa caduta sono potenzialmente preoccupanti, perché "l'Italia ha fatto della coesione sociale un valore e si è spesso ritenuta indenne dai rischi delle banlieue parigine." E anche se le situazioni di esclusione sociale delle grandi capitali europee sono ancora lontane dalla situazione italiana, la tensione sempre più palpabile nelle periferie italiane agita fantasmi nella convivenza civile del paese.

Sembra estinguersi così quello che per tutto il secolo scorso è stato l'Italian dream. Il sogno conformista e piccolo borghese del posto fisso, delle ferie in comitiva, della pensione e dell'eredità della zia ricca. L'allucinazione collettiva di un'Italia seduta su una montagna di debiti, spesso pronta a chinare il capo di fronte al Megadirettore Galattico ma allo stesso tempo capace di slanci inaspettati di ribellione. Un'Italia godereccia e assenteista, pronta a scattare fuori dall'ufficio alle 17 in punto ma che nonostante i profondi problemi strutturali volava contro ogni aspettativa fino a diventare grande, scalando la vetta fino alla quinta posizione nello scacchiere economico mondiale.

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