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Tecnologia

2018, Terra: si può mangiare un videogioco?

Il nuovo capitolo della saga di Far Cry parla di una folle setta religiosa armata fino ai denti, e anziché giocarlo lo abbiamo mangiato.
L'autore beve Bloody Mary alla barbabietola e salsa barbecue mentre impugna un'ostia ripiena di tartare di cuore di vitello. Foto: Vincenzo Ligresti

Sapete, quando si sta al mondo (e ci stiamo tutti, più o meno) ogni tanto succedono cose che non ti aspetti. Non parlo necessariamente di meraviglie o drammi esistenziali, mi riferisco più a eventi positivamente stranianti. Tipo essere invitati ad un evento stampa per il lancio di Far Cry 5 che consiste di un pranzo in un ristorante stellato Michelin.

Tendenzialmente, quando gli eventi stampa non sono una noia mortale sin dal primo momento in cui ti rendi conto di aver inconsciamente accettato di imbarcarti in un’Odissea fatta di sorrisi plastici e secchezza delle fauci, ciò che i reparti di pubbliche relazioni imbastiscono ha bene o male sempre qualcosa a che fare con il prodotto pubblicizzato.

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Come si trova la quadra quando da un lato c’è un videogioco ambientato in Montana, Stati Uniti, con protagonista una setta apocalittica armata fino ai denti chiamata ‘Progetto Eden’s Gate’, e dall’altro Lorenzo Cogo, il più giovane cuoco italiano da 1 stella Michelin e proprietario del Ristorante El Coq di Vicenza? Questa è un’ottima domanda di cui personalmente, a differenza dello chef Cogo, non conosco la risposta.

La cucina dello chef Cogo intenta a prepare i nostri piatti.

Sebbene sia estremamente semplice pensare ad un facile tentativo di presa per la gola della stampa, la premessa dell’iniziativa è tutto fuorché banale. Il cibo nei videogiochi è una costante praticamente da sempre: è uno degli oggetti più utilizzati per scandire il ritmo delle partite in quanto spesso simbolo di “cura” per i parametri del giocatore. Quando non viene interpretato in senso funzionale, il cibo nei videogiochi assume spesso l’aspetto di un fattore complementare all’ambientazione di gioco.

Per esempio, nella maggior parte dei giochi di ruolo open-world esistono interi meccanismi che regolano la cucina e che spaziano dai cataloghi di ricette fino alle tecniche di cottura: pagine e pagine di documentazione per dinamiche di gioco che il più delle volte risultano completamente inutilizzate perché troppo legnose rispetto ai ritmi del gioco stesso, ma che contribuiscono a far sentire il giocatore in uno spazio vivo e reale dove anche il cibo esiste ed è contemplato in maniera ben più nobile che come mero medikit.

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Proposta estemporanea: che ne dite di 4 ore e mezza di Cooking Mama?

È per questo motivo che la collaborazione tra Ubisoft e Lorenzo Cogo risulta molto più attuale di quanto sembri. In un'epoca di corsa all'innovazione nei videogiochi, il senso del gusto continua a rimanere completamente escluso dalla rosa di possibilità contemplate nella tecnologia dell'intrattenimento. Per ovviare a questo problema, alcuni mesi fa Ubisoft ha prelevato lo chef Cogo dalla sua cucina a Vicenza e l'ha portato nel bel mezzo del Montana a farsi un giro tra Billings, Bozeman, Twin Bridges e Livingston per vivere in prima persona i luoghi, le persone, i gusti e gli odori dello stato americano.

Il risultato sono tre ricette che ci sono state servite all'interno di un menù completo: prima un pacchero gratinato ripieno di ragù di cervo, animale simbolo della gastronomia del Montana; poi una trota iridea condita con della maionese al ginepro e un cous cous di cavolfiore e infine, condito da crismi piuttosto spettacolari, la 'Comunione di Joseph', ovvero una tartare di cuore di vitello servita 'a panino' tra due ostie e abbinata a un Bloody Mary alla barbabietola e salsa barbecue.

Sembra poca ma in realtà ce n'era parecchia. Foto: Vincenzo Ligresti

La trota era buona, si sentiva il ginepro. Foto: Vincenzo Ligresti

In un susseguirsi di eventi piuttosto singolari — primo fra tutti mangiare in un ristorante stellato, non so quante volte vi capita perché per quanto mi riguarda succede ben zero volte alla settimana — è stata la 'Comunione di Joseph' a dare un senso concreto all'intero progetto. Se il pranzo si era svolto con la premessa di voler fare incontrare il mondo del cibo con quello dei videogiochi, il fil rouge che collega la cucina di Cogo a Far Cry 5 è stato svelato sul finale.

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Nell'ultimo capitolo della saga di Far Cry, l'antagonista principale è Joseph Seed, un predicatore che riesce a sottomettere psicologicamente la popolazione di Hope County e a convincerla a partecipare al Progetto Eden's Gate che si tratta in breve di un culto dell'apocalisse dove un gruppo di persone si armano fino ai denti per cercare di sottomettere altre persone.

Non è raro imbattersi in storie del genere: dal suicidio/omicidio di massa di Jonestown fino agli astrusi meccanismi di Scientology, la domanda che mi sono sempre posto è stata 'Ma come è stato possibile?' In che modo si può arrivare a fidarsi e infatuarsi così tanto di un santone fino a sottomettersi totalmente a esso?

Qualche suggerimento, sorprendentemente, mi è arrivato proprio alla fine del pranzo, quando lo chef Cogo ha inscenato una vera e propria comunione per servirci la tartare di cuore: i partecipanti al pranzo si sono messi in fila davanti allo chef, che ha consegnato ad ognuno le ostie con la tartare tenendo al suo fianco una coppa di latta ricolma del Bloody Mary alla barbabietola e salsa barbecue e una copia del 'Libro di Joseph', il breviario attraverso il quale Joseph Seed nel videogioco predica il proprio culto.

Lorenzo Cogo serve la Comunione di Joseph. Foto: Vincenzo Ligresti

Fa ridere perché nessuno ci credeva davvero ma tutti alla fine un po' ci credevano. Foto: Vincenzo Ligresti

Spoiler: buona. Foto: Vincenzo Ligresti

È fuori discussione che si possa parlare davvero di una sorta di sospensione dell'incredulità in quel momento, ma mi è impossibile negare che per un momento la scenetta della comunione sia risultata stranamente coinvolgente. Per tutta la durata del pranzo i presenti avevano sballonzolato dalle labbra di uno chef stellato e si erano fatti imboccare le sue pietanze: vedersi servire, in chiusura, un'accoppiata forte sia nel significato che nel gusto come una tartare di cuore accompagnata da un Bloody Mary ha fatto tentennare molti, ma è stato questo supposto rapporto di fiducia tra presenti e chef ad aver reso la comunione così singolare. Il tono, il contesto e i sapori di quel pranzo avevano reso Cogo una sorta di guida spirituale, perché non fidarsi ancora?

È probabilmente in questo senso che l'iniziativa di Ubisoft risulta decisamente riuscita: se da un lato le dinamiche di gameplay di Far Cry sono ben difficile da scardinare e da innovare radicalmente, sarà l'ambientazione di questo capitolo a fare la differenza nell'esperienza di gioco.

I primi minuti di Far Cry 5, in questo senso, rimarcano con forza questa intenzione narrativa inquadrando sin da subito il personaggio di Seed come una sorta di arcano evocatore di sensazioni viscerali, esattamente come quelle che sono emerse durante il pranzo quando ognuno dei presenti ha dovuto davvero decidere se si sentiva pronto a mangiare una tartare di cuore di vitello in mezzo a due ostie. Non sempre le intenzioni dietro a un videogioco riescono a emergere naturalmente dall'opera finita, ma se i risultati dell'introduzione di un nuovo fattore — come il gusto — sono questi, forse la strada tentata da Ubisoft andrebbe battuta più spesso.

Far Cry 5 è disponibile in tutti i negozi fisici e online da qualche giorno, giocalo mentre bevi un Bloody Mary.

Tip: nei ristoranti stellati quando svuoti il bicchiere te lo riempiono quindi se sei in giro per lavoro pensaci due volte prima di finirlo. Foto: Vincenzo Ligresti