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Alcol, hipster e mercatini: 12 anni di Shoreditch in foto

La reputazione di Shoreditch quale Mecca degli "hipster del cazzo" non è nata così dal nulla. Dougie Wallace ha passato gli ultimi 12 anni a fotografare l'East London, e ci ha raccontato com'è cambiata.

Al giorno d'oggi Shoreditch è diventata una sorta di sinonimo per riferirsi in maniera generica agli "hipster del cazzo" o a "quelli che stanno con gli occhiali da sole anche al chiuso." Talvolta ci si dimentica, però, che per costruirsi questa reputazione la zona ha lavorato molto.

In questi dieci anni, a Shoreditch ci sono state più feste e sono girate più di droghe di quanto sia avvenuto in una città come Manchester nello stesso lasso di tempo. Non ci sono statistiche ufficiali a sostegno di quello che sto dicendo, ma per fortuna il fotografo Dougie Wallace ha passato gli ultimi 12 anni ad immortalare le cose che succedevano nell'East London. Adesso sta uscendo il libro che raccoglie queste foto, intitolato Shoreditch Wild Life.

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Se l'estetica iper-realistica di Wallace vi sembra familiare è perché il suo progetto precedente, quello sugli addii al ​celibato e nubilato inglesi, era già comparso su queste pagine. Ho parlato con lui della sua idea di Shoreditch, del perché gli piace scattare foto a persone con la bocca aperta e, per alleggerire un po' l'atmosfera, del problema di ottenere i permessi per scattare foto per strada.
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VICE: Ciao Dougie, da quanto tempo fotografi Shoreditch?
Dougie Wallace: Da circa 12 anni, da quando il Gary's Bar era ancora sotto il ponte di Kingsland Road. In realtà ho iniziato a scattare foto in questa zona ben prima, ma quelle più importanti le ho fatte con la digitale, mentre quelle precedenti erano su pellicola. Dato che non ho intenzione di riprendere in mano quei negativi, direi che quelle foto si possono considerare perdute.

Va bene. Dev'essere cambiata molto questa zona negli ultimi 12 anni.
Secondo me è cambiata in meglio. Dodici anni fa nessuno la chiamava "Shoreditch": era "Hoxton e Brick Lane" oppure "Old Street e Brick Lane." Le uniche cose che c'erano a Brick Lane erano il Vibe Bar o il Sandra's Bar. Non c'era praticamente nient'altro. Niente Shoreditch House, nessuno di quei locali per cui ora la gente viene qui. Quelli che nei fine settimana vanno all'Overground sono gli stessi che una volta andavano a Camden. Oggi invece vengono qui perché gli piace l'idea di andare a Shoreditch.

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Secondo te il fatto che "Shoreditch" sia diventata un luogo di ritrovo per gente con pettinature di merda che beve caffè costosi le dà una brutta reputazione?
Le persone la prenderebbero in giro comunque, no? Forse sì, le dà una brutta reputazione. Anch'io contribuisco, credo. Voglio dire, un sacco di foto le ho fatte nei locali, no? Non ne esco benissimo nemmeno io. Tuttavia penso di aver incluso anche immagini di persone veramente del posto, e non solo di persone che ci vengono nel fine settimana. Ad esempio il mercato della domenica a Brick Lane, cose così. Non mi sono limitato a fotografare i clubber o i modaioli—la raccolta è un bel miscuglio. Speriamo che un giorno, tra 20 o 40 anni, il libro finisca nella British Library, e la gente sfogliandolo dica, "Questa era Shoreditch."

In molte delle tue foto sembra che i soggetti non sappiano di essere fotografati. Come fai? 
Be', al momento uso un doppio flash, quindi solo in una giornata molto soleggiata non mi si noterebbe. C'è un mercatino in Slater Street che ha una certa fama e se ci vado con due flash non passo inosservato. Fare queste foto è un po' una sfida, ma la maggior parte delle volte va tutto bene. Diciamo che mi fido del mio istinto.

Non pensi che sia invadente fotografare la gente per strada o sui mezzi pubblici? Ti è mai capitato che qualcuno ti dicesse di no o che ti chiedesse di cancellare la sua foto?
Sì, mi capita che qualcuno mi dica di cancellare una foto, ma di solito non lo faccio. Bisogna pur usare qualche piccolo trucchetto—è un po' come essere un mago di strada, fai la fotografia e poi scompari. D'altra parte, dove dovrei fermarmi? Una volta ero a Victoria Park e ho fotografato una ragazza con il cane. Lei mi ha detto, "Ce l'hai il permesso?" e io ho risposto, "Non mi serve, sto fotografando il parco."

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È un po' invadente, sì, ma è il lavoro di un fotografo. Uno scrittore costruisce i suoi personaggi basandosi su persone vere. 

In Francia non si può proprio fotografare per strada, se c'è qualcuno. Anche qui sta diventando così—oggi se vai a Trafalgar Square e sembri un fotografo professionista ti fermano, e la stessa cosa vale per i grandi centri commerciali.

Forse è perché fai così tante foto a persone con la bocca aperta. Come fai?
Sì, mi capita molto spesso. Specialmente a Blackpool. In molti casi è la loro reazione al mio doppio flash. Magari sono lì che parlano con qualcuno, stanno urlando o si stanno esprimendo, e il flash mi consente di catturare quel momento.

Cosa c'è di affascinante nel fotografare la vita di tutti i giorni di qualcuno, rispetto allo stare chiuso in uno studio a fotografare una modella in posa?
Nella mia vita non ho mai scattato una fotografia a qualcuno in posa. Mi annoierebbe troppo.

Segui Joel Golby su Twitter: ​@joelgolby