come fare un martini cocktail
Cibo

Ho chiesto a due bartender famosi come fare un Martini Cocktail come si deve

Agostino Perrone e Giorgio Bargiani del Connaught Bar di Londra servono 16.000 Martini all'anno. E mi hanno spiegato come farne uno per bene.
Andrea Strafile
Rome, IT

Uno dei consigli - oltre a trovare le proporzioni che più vi piacciono tra vermouth secco e gin - è di giocare con i bitter. "Non metteteci liquori o amari che avete in casa, rischiate di rovinarlo"

Nella storia della mixology, non esiste un drink dai contorni più straordinariamente incerti del Martini Cocktail. La sola nascita di questo cocktail, tanto iconico da incarnare figurativamente il concetto stesso di bere miscelato è, a tutti gli effetti, non una, ma una serie di leggende. C'è chi dice che a inventarlo sia stato il famoso Jerry Thomas (quel tipo la cui litografia è famosissima: un baffuto intento a lanciare fuoco nello shaker) a San Francisco nel 1864. Il nome deriverebbe dalla vicina città di Martinez in onore - forse - della prossima tappa che il cercatore d'oro a cui l'ha servito per primo (ma su di lui ci sono anche altre versioni). La città di Martinez rivendica la nascita del Martini Cocktail da parte di un tale dall'ingombrantissimo nome Julio Richelieu, nel 1874. Poi ci sarebbe la storia del bartender italiano di Arma Di Taggia, Martini, che servì, pare, il primo Martini Cocktail Dry nel Knockerbocker di New York a, nientepopodimeno che John D. Rockefeller in persona.

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In fondo le leggende sono divertenti (se volete approfondire, è appena uscito un libro chiamato "The Martini Cocktail" scritto da Robert Simonson, giornalista del NY Times), ma quello che più importa è come, dalla sua creazione, si sia sviluppato un mito che ha reso il Martini Cocktail - e sempre lo renderà- eterno. Come gli alchimisti ricercavano la pietra filosofale, tutti i bartender cercano da sempre la ricetta perfetta del Martini Cocktail: ma, indovinate un po', non esiste il Martini perfetto. È, con i suoi due o tre ingredienti più garnish, tutto a discrezione di chi lo beve. C'è a chi piace molto secco, chi pensa che di Vermouth basti la misura di un tappo (o che si debba versare sul ghiaccio per insaporirlo e poi scolarlo; o che addirittura basti passare la bottiglia davanti al drink finito, francamente un'elegante stupidaggine), chi invece ama sentire sia il Vermouth che il Gin, chi lo beve insieme a un'oliva, chi con una cipollina sottaceto e a chi bastano gli olii essenziali del limone. Ci sono così tante piccole varianti e ricette che sarebbe impossibile scegliere quella giusta. È tutto a gusto personale.

La ricetta che, secondo loro è un perfetto bilanciamento, prevede: 75ml di gin o vodka e 15ml di un mescolanza di vermouth. Per farla breve, il rapporto perfetto per Agostino e Giorgio è di 5:1

martini perfetto connaught bar

Il Martini Cocktail del Connaught Bar. Foto per gentile concessione di Connaught Bar

Il preambolo era doveroso per entrare nel vivo del pezzo, per evitare di farmi linciare quando avessi detto che due famosissimi bartender italiani, di stanza a Londra, mi hanno spiegato come fare un Martini Cocktail come si deve. Avessi detto "perfetto" un martiniano mi avrebbe quasi certamente fatto saltare le cervella.

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Il Connaught Bar, secondo miglior bar al mondo per la Worlds 50 Best Bars, è famoso soprattutto per il suo Martini. Che non è una semplice coppetta gelata con un buon drink. È un vero e proprio show. Attori di questo vero e proprio spettacolo sono gli italiani Agostino Perrone e Giorgio Bargiani, che mi hanno dato un po' di consigli sul Martini da fare a casa.

La ricetta del Martini cocktail che, secondo loro è un perfetto bilanciamento, prevede: 75ml di gin o vodka ("noi abbiamo il nostro gin firmato Connaught proprio per i Martini", mi hanno detto) e 15ml di un mélange di vermouth, che vanno da uno più secco a uno più dolce e aromatico. Per farla breve, il rapporto perfetto per Agostino e Giorgio è di 5:1. E questa è la base, il segreto lo scopriamo tra qualche riga.

Martini cocktail perfetto connaught londra

Giorgio Bargiani (sinistra) e Agostino Perrone (destra) mentre preparano il Martini. Foto di Niklas Halle’n per gentile concessione del Connaught Bar

"La mia vera passione erano la fotografia e i viaggi," mi dice intanto Agostino al telefono. "Poi, per pagarmi l'università, sono finito a lavorare al Caffè Broletto in centro a Como, dove ho potuto ascoltare le storie dei viaggi dei clienti che venivano e viaggiare io stesso tra un'etichetta e l'altra. E mi sono appassionato alla mixology."

Tecnicamente l'unica cosa che puoi aggiungere a un Martini, senza snaturarlo e farti maledire dai puristi, sono i bitter, che possono dare note aromatiche diverse e personalizzare il drink

Agostino e Giorgio non sono gli unici italiani eccellenti nel mondo della mixology: sono lo specchio di come, il nostro modo di essere ospitali, venga premiato nei migliori bar del mondo. "Io invece sono nato a Pisa e il bar ce l'ho nel DNA per via del mio cognome (ride NdR)," mi dice Giorgio Bargiani. "La mia famiglia ha un ristorante, quindi ho sempre lavorato lì. E attraverso i social media vedevo Agostino e il Connaught Bar e ho sempre voluto lavorare lì dentro dopo le consuete stagioni in discoteca o a Forte dei Marmi. Finché, un giorno, un amico mi dice che facevano dei colloqui e sono partito subito." Il Connaught è un bar d'hotel ed è molto difficile entrare nel giro se non si ha esperienza pregressa. "Quindi mi sono fatto prima le ossa come commis allo Splendido di Portofino," mi dice sempre Giorgio.

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Agostino, Giorgio e i ragazzi che lavorano con loro ne servono 1300 al mese, circa 16000 Martini l'anno

Ma perché, tra tutti i cocktail che ci sono, hanno deciso di rendere così iconico proprio il Martini? Certo, è qualcosa che è sempre esistito e mai morirà, ma il periodo storico precedente ne aveva visto un abuso in cui praticamente ogni drink veniva chiamato "Martini" anche se fatto con tequila e fragola, per dire. "Prima del Connaught ho aperto il Montgomery Place, un posto dove abbiamo lavorato molto sui cocktail classici dimenticati, servendoli con un twist che li rendesse moderni," mi dice Agostino Perrone. "Era la nuova 'Golden Age' della mixology e quando sono arrivato al Connaught nel 2008 era per me una sfida. I bar d'albergo sono molto diversi. La sfida del Martini Cocktail era di mantenere la tradizione di un drink che i clienti hanno sempre preso in quel bar rendendolo accattivante anche per la nuova generazione."

E Giorgio aggiunge: "Oggi le fermentazioni vanno forte nella mixology. Noi, invece, manteniamo una linea classica. Che non vuol dire evitare i nuovi trend: qui abbiamo uno stile che dura da decenni. Quello che facciamo è inserire questi trend senza stravolgere l'anima del posto. È una crescita, non un cambio." La chiave per cui i loro Martini sono fichissimi sta nel fatto di averli usati come protagonisti di uno spettacolo -che poi il gusto sia buono è scontato-: c'è un vero e proprio rito che prevede un carrello al tavolo, la miscelazione davanti al cliente e la versata del drink da altezze vertiginose senza farne uscire una goccia con tanto di spremitura degli olii del limone, mentre il liquido scende nel bicchiere.

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Il carrello su cui Giorgio e Agostino fanno i Martini al tavolo con i bitter. Foto di Harriet Clare per gentile concessione del Connaught Bar.

E quindi arriviamo al segreto per fare un ottimo Martini Cocktail, o meglio raccontiamo il loro, che è decisamente molto apprezzato. Tanto che Agostino, Giorgio e i ragazzi che lavorano con loro ne servono 1300 al mese, circa 16000 Martini l'anno. "Il segreto del nostro Martini Cocktail sta nella personalizzazione del gusto e del flavour. Ovviamente di base c'è un ghiaccio puro, che è importantissimo," mi dicono. Tecnicamente l'unica cosa che puoi aggiungere a un Martini, senza snaturarlo e farti maledire dai puristi, sono i bitter (l'Angostura all'arancia per intenderci, non il Campari), che possono dare note aromatiche diverse e personalizzare il drink. "L'idea è rendere il cliente protagonista, aggiunto al semplice rito del servizio al tavolo con il nostro carrello. Prima di crearlo interagiamo coi clienti facendogli scegliere uno dei nostri bitter che saranno protagonisti aromatici del Martini. Possiamo osare con un cliente curioso o farci guidare dai loro gusti e sensazioni. Abbiamo bitter al cardamomo verde, dai sentori balsamici e inusuali, quello alla fava tonka e nocciolo di albicocca (che sa di marzapane) e uno al bergamotto e ginseng, entrambi fatti in casa da noi," mi spiegano.

Quindi uno dei consigli - oltre a trovare le proporzioni che più vi piacciono tra vermouth secco e gin - è di giocare con i bitter. E solo con i bitter. "Non metteteci liquori o amari che avete in casa, rischiate di rovinarlo," mi dicono. La ricetta, abbiamo detto, è un rapporto di 5:1 in favore del gin. Ma potete sbizzarrirvi su bitter ricercati o provare a farveli in casa (è un processo un po' lungo, ma questo libro vi spiega tutto). E potete sbizzarrirvi sulla garnish (il tocco finale, la fetta d'arancia nel Negroni, per dirla facile): dalla classica oliva ai soli olii essenziali di limone (loro ne usano uno della Costiera Amalfitana, di cui premono la buccia mentre il liquido è ancora in movimento e sta cadendo nel bicchiere), oppure farvi dei sottaceti in casa, che funzionano spesso alla grande.

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Foto di Harriet Clare Photos per gentile concessione del Connaught Bar.

Questa era la ricetta per farvi un Martini Cocktail come si deve secondo due che ne servono a migliaia da 12 anni con il motto "Straight Up With Style And Don't Forget The Smile".

Ma ricordatevi che il Martini non giudica nessuno e nessuno può giudicarlo. Non ci sono regole. Anzi, una regola ferrea c'è: servitelo sempre in un bicchiere ghiacciato.

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