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A Padova una bufala su Facebook ha trasformato un uomo in un pedofilo

Qualche giorno fa, in provincia di Padova, è uscita la notizia di un pedofilo a bordo di un furgone bianco che si aggirava nella zona adescando i bambini. Ovviamente non era vero, e il proprietario del mezzo ha vissuto un incubo.

Il furgone bianco in questione. Grab via

Nell'immaginario collettivo italiano, a quanto pare i furgoni bianchi e i pedofili sono strettamente collegati. Facendo una breve ricerca si trovano diversi casi di "psicosi" e "episodi da non sottovalutare" in cui uomini di mezza età, a volte "travestiti da prete o da clown," si appostano davanti alle scuole a bordo di questo tipo di veicolo e cercano di adescare i bambini.

Spesso la psicosi nasce dalla segnalazione di qualche genitore facilmente impressionabile; ma spesso le testimonianze si rivelano infondate e tutta la vicenda si conclude in un nulla di fatto—perché, ad esempio, il furgone bianco e i pedofili in questione non sono mai esistiti.

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In alcuni casi, però, anche se la notizia si rivela infondata il furgone esiste davvero, e il suo proprietario si ritrova al centro dell'attenzione e improvvisamente bollato con il marchio infamante del pedofilo. È quello che è capitato qualche giorno fa a un uomo di Sant'Angelo di Piove, un paesino di 7mila abitanti in provincia di Padova.

Stando a quanto riportato dal Mattino di Padova, una decina di giorni fa tra i genitori della zona avrebbe iniziato a diffondersi la notizia della presenza di un uomo a bordo di un furgone bianco che avvicinava i bambini fuori dalle scuole del paese. Come già capitato in passato per altre bufale, come quella dell'attentato nella metropolitana di Milano, anche stavolta i canali di diffusione della notizia sono stati un messaggio vocale su WhatsApp e ovviamente Facebook, dove sui vari gruppi "Sei di [Paese X] se…" hanno iniziato a circolare anche descrizioni e foto del furgone in questione.

Tutto sarebbe partito dal racconto di una madre secondo cui sabato 20 febbraio, "verso le 16.30" sarebbe "successo un fatto spiacevole: un furgone si sarebbe avvicinato a due bambini e un adulto li avrebbe invitati a salire." La madre avrebbe saputo tutto ciò dal racconto dei bambini, e dopo essere andata dai carabinieri per sporgere denuncia avrebbe lanciato l'allarme sui social.

Nella zona (soprattutto tra i paesi di Sant'Angelo di Piove di Sacco, Correzzola, Oriago, Celeseo e Agna) la "notizia" è girata molto e il furgone in questione, vista la sua particolarità, è stato riconosciuto e fotografato più volte—con tanto di targa ben in vista e persone all'interno—dai passanti allarmati che poi avrebbero condiviso le foto su Facebook accompagnate da commenti.

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Qualche giorno dopo, poi, c'è stato un cambio di rotta: il proprietario del furgone non era affatto un pedofilo e tutta la vicenda non era altro che un malinteso nato da una bugia raccontata da due bambini ai genitori, come ha spiegato lo stesso proprietario del furgone in una lettera al Mattino.

"Sabato 20 febbraio," ha scritto l'uomo, "mentre transitavo nel centro del paese in cui abito ho notato che due bambini, incuriositi dalla tipologia del mio furgone, mi gesticolavano a mo' di saluto. Assolutamente non ho posto alcuna attenzione nei loro confronti e ho proseguito la mia marcia facendo rientro a casa. Incredulo e scioccato, nella mattinata di lunedì 22 febbraio sono venuto a conoscenza da mia moglie che su WhatsApp e in seguito su tutti gli altri social stava girando un messaggio vocale nel quale una mamma di Sant'Angelo di Piove segnalava un potenziale adescamento a danno di minori, e la descrizione del mezzo e del conducente erano quelli del mio veicolo."

A quel punto, l'uomo ha fatto quello che farebbe ogni persona sana di mente in quella situazione: è corso dai carabinieri e ha chiarito la cosa, dopodiché ha scritto ai giornali per fare in modo che si sapesse che era una bufala.

Evidentemente, però, la falsa notizia deve aver circolato ancora un po' visto che solo qualche ora fa—diversi giorni dopo la risoluzione della vicenda—è dovuta intervenire a smentirla la pagina Facebook ufficiale della polizia, che ha invitato "a verificare la veridicità di ciò che viene postato in rete, perché come abbiamo sempre detto quello che per noi può sembrare un semplice gioco o avviso innocente per molti può trasformarsi in un vero e proprio incubo."

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Che è poi lo stesso appunto fatto al termine della sua lettera dal proprietario del furgone, che per colpa della superficialità di alcuni nell'usare i social è finito proiettato nella trama de Il sospetto.

"A causa dell'utilizzo smodato, superficiale e senza scrupoli di un social network, la mia persona è stata infangata da un'accusa infamante," ha scritto, "che ha messo in pericolo tutta la mia famiglia oltre a disonorare il nostro buon nome. […] È imperdonabile e inaccettabile che la vita di qualcuno venga diffamata e saccheggiata e poi pensare che qualche parola di scuse sia sufficiente per far tornare tutto come prima."

E in effetti tutta questa storia dimostra un'altra volta come una circostanza apparentemente banale sia potenzialmente in grado di distruggere la vita di una persona, specie se si tratta di qualcosa in grado di risvegliare paure ancestrali.

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