ricette italo americane prova
Cibo

Ho provato a cucinare i piatti degli italo-americani trovati sui social

Maffuletta Sandwich, Pasta Fazool, Chicken Parmesan: piatti che gli italo-americani rivendicano con orgoglio, ma che un italiano non mangerebbe mai.
Niccolò Carradori
Florence, IT

È un trionfo di spagheti scotti, panna, bacon, sughi precotti e salse dressing abbinati ai classici della nostra cucina: pasta, salumi, insaccati, formaggi, pane casereccio

Esiste una dimensione in cui la tradizione gastronomica italiana e il massimalismo industriale americano si incontrano: la cucina italo-americana. Un luogo di sperimentazione pieno di entusiasmo, in cui trovano spazio sia il feticismo per le materie prime, sia le contaminazioni portate in dono dai nuovi accoliti. Senza campanilismi ostentati con sicumera, senza dogmatismi, ma con tanta voglia di celebrare un’identità che al tempo stesso è radicata nei costumi e disposta a ibridarsi con la contemporaneità.

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È un mondo che mi affascina molto, perché il mio attuale influencer di riferimento è Lil ‘Mo’ Mozzarella, il Re di Mulberry Street. Un italo-americano che con le sue tute in acetato, accompagnato dal fidato amico Big Time Tommie, sponsorizza tutti i migliori ristoranti e alimentari italiani a New York. Approfondendo, poi, su Facebook ho scoperto il gruppo We Are Italians - The Recipe Exchange: dove cittadini statunitensi di origine italiana, ma anche semplici appassionati della nostra cucina, postano le loro creazioni italo-americane, si scambiano consigli e commentano i piatti altrui per onorare l’amore per il cibo dei “paisan”. A differenza del dibattito enogastronomico in Italia, nel gruppo non esistono critiche: ogni commento è sempre positivo—”Mmmm looks yummy!”—anche quando la pietanza presentata rasenta un esercizio ludo-esperienziale con il pongo in età infantile. Ci sono foto di “linguine meatloaf” (spaghetti in bianco con fette di polpettone mischiate dentro), thread infiniti con le migliori marche industriali di salsa Alfredo, “baked conchilioni” (conchiglioni al forno ripieni di salsiccia e formaggio spalmabile cotti nella salsa marinara) e una moratoria inesauribile di cannoli.

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È un trionfo di spagheti scotti, panna, bacon, sughi precotti e salse dressing abbinati ai classici della nostra cucina: pasta, salumi, insaccati, formaggi, pane casereccio ecc ecc. Le invenzioni sono non solo incoraggiate, ma ben accette. Probabilmente se mia nonna avesse accesso a WAI-RE le imploderebbe il miocardio, ma è anche una miniera di sapere, perché nella sezione in cui si possono caricare i file con le ricette sono immortalati i capisaldi della tradizione italo-americana.

Come il Cioppino (rivisitazione di San Francisco del Ciuppìn ligure), i tanto vituperati Spaghetti Meatballs, l’American Chop Suey (una variazione del piatto cinese con ingredienti italiani), la Wedding Soup (una zuppa di scarola, indivia, spinaci e salsicce), il Chicken Francaise (cotoletta di pollo saltata con burro, limone e salsa al vino bianco) e molte altre. Sono quel genere di piatti che, se vivete in una città turistica come Firenze o Roma, avrete già sentito: perché gli americani vorrebbero ordinarli anche nei nostri ristoranti e rimangono allibiti quando scoprono che non li conosciamo.

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Così ho deciso di provarne tre, per capire meglio la cucina italo-americana: il Maffuletta Sandwich, la Pasta Fazool e il Chicken Parmesan.


Maffuletta Sandwich

Il Maffuletta è un grande atto di amore romantico verso la ricchezza agroalimentare italiana: ma chi ama troppo, alla fine, si accolla.

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Maffuleta Sandwich

La Maffuletta—o Muffoletta, o Muffoletto—è un tipico pane siciliano dalla forma rotonda, noto per la sua croccantezza esteriore e la sofficità della mollica. Pochi però sanno che è anche la base di uno dei panini italo-americani più famosi, che secondo la leggenda sarebbe nato nel 1906 a New Orleans grazie a Salvatore Lupo, il padrone del Central Grocery. Lupo notò che gli operai di una fabbrica lì vicino andavano da lui ogni giorno, nella pausa pranzo, e acquistavano una gran quantità di salumi e formaggi italiani, da mangiare scompagnati col pane (la Maffuletta, appunto); così pensò di creare un sandwich che includesse tutti quei prodotti, da vendere direttamente a portar-via.

Il successo ottenuto ha trasformato questo panino in un’icona, ma il fascino del Maffuletta per un italiano sta tutto nella ibridazione culturale. Quasi ogni ingrediente è tipicamente italiano—giardiniera, provolone, mortadella, capocollo, salame (l’unico elemento alieno è l’american cheese, simile all’edamer)—ma l’idea di ammassare tutto insieme è un concetto così massimale, così americano, da trasformare totalmente il concetto di base.

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Non sono riuscito a trovare una Maffuletta vera e propria—mi era stato assicurato di sì dal forno a cui mi ero rivolto, ma sono stato truffato—però la pagnotta che ho preso rassomiglia molto all’originale. Mentre ammassavo i vari strati mi sono chiesto se la scelta degli ingredienti (perché proprio la giardiniera?) avesse uno scopo in origine: mischiando salumi così diversi, tutti insieme stratificati, si crea un nuovo sapore? C’è un’alchimia nascosta in mezzo al caos? Era la mia speranza, ma anche un’illusione: il panino non è cattivo, anzi è accettabile tutto sommato, ma non ci si capisce niente.

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Gli affettati è come se scomparissero sotto la presenza ingrombrante del provolone, si riconoscono solo dalla consistenza e dal tocco acidulo, con la giardiniera a chiudere ogni altro sbocco del palato. È proprio il contrario di come ci immaginiamo uno spuntino con prodotti italiani artigianali: un buon pane tipico che, con elegante semplicità, esalti al massimo un salume o un formaggio. Il Maffuletta è un grande atto di amore romantico verso la ricchezza agroalimentare italiana: ma chi ama troppo, alla fine, si accolla.

Pasta Fazool

Mettiamola così: a una cena improvvisata da fuorisede universitari, mettendo insieme quello che avete in frigo, ci fareste un figurone.

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Pasta Fazool

Il secondo piatto che ho deciso di cucinare, invece, è l’esempio di una tipica ricetta italiana—pasta e fagioli—che si è completamente trasformata nel viaggio transatlantico verso l’America, diventando completamente altro da sé. O meglio, una moltitudine di altri piatti, perché le variazioni della pasta e fagioli della comunità italo-americana non sono più categorizzabili. Ho trovato decine e decine di ricette diverse dalla Pasta Fazool, e gli unici elementi che avevano in comune erano i fagioli, la presenza di una tipologia di pasta e una proteina o un derivato del latte a scelta. L’aggiunta di condimenti completamente estranei alla cucina italiana, poi, è la norma: si è sempre alla ricerca di nuove modifiche da apportare alla ricetta base.

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La variante che ho deciso di testare ad esempio—trovata su WAI-RE— prevedeva i seguenti ingredienti: fagioli cannellini, bacon, panna, brodo di pollo e “creole seasoning” (uno spice rub molto usato in alcuni stati, come la Louisiana).

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Dopo aver fatto un classico soffritto con cipolla e aglio, ho messo a stufare i fagioli, a cui poi ho unito il bacon croccante fatto a pezzetti. Una volta cotti i cannellini ne ho schiacciata una parte e ho aggiunto mistura creola, brodo e panna fino a coprire abbondantemente, portando successivamente ad ebollizione il tutto e versando infine la pasta nel composto. Ho poi fatto sobbollire circa 30 minuti (come suggerito dalla ricetta), fino a cottura della pasta, e ho impiattato.

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Vi dirò: io ho un’alta tolleranza per le tamarrate in cucina—la panna mi piace molto—ma mi sento di dire che se evitassimo di accostarla ad una vera pasta e fagioli (a Napoli potrebbero linciarmi), questa “zuppa” non sarebbe malvista nemmeno da chi ha il palato più fine. Cremosa, saporita, con il gusto dei fagioli e del bacon che si fa sentire e la miscela creola che gli dà quel tocco speziato. Mettiamola così: a una cena improvvisata da fuorisede universitari, mettendo insieme quello che avete in frigo, ci fareste un figurone.

Chicken Parmesan

Mangiare il pollo con gli spaghetti è un’esperienza che credo non ripeterò

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Veniamo infine ad un grande classico della cucina italo-americana, che non ha nessun trisavolo diretto nella nostra tradizione, ma che rappresenta piuttosto una sorta di crasi tra la parmigiana di melanzane e la cotoletta alla bolognese: la Chicken Parmesan. Una cotoletta impanata di pollo, cosparsa di salsa marinara e condita con parmigiano e mozzarella. È proprio il genere di evergreen che gli americani cercano inutilmente nei menù, quando vengono in vacanza in Italia.

Questo è il procedimento: preparate una salsa marinara con pomodori pelati e tanto aglio e origano; impanate i petti di pollo e friggeteli nell’olio d’oliva fino a che non diventano croccanti; adagiate le cotolette nella padella con la salsa e mettete tutto in forno preriscaldato a 200 gradi per dieci minuti; togliete la padella dal forno, mettete abbondante parmigiano e mozzarella sulle cotolette e re-infornate fino a che i formaggi non si sono sciolti. Se volete gustare la versione autentica della Chicken Parmigiana, poi, accompagnatela con degli spaghetti scotti conditi con salsa marinara.

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Che dire di questo piatto? In fin dei conti si tratta di una cotoletta fritta con pomodoro, parmigiano e mozzarella. È pesante magari, ma di per sé buona. Ecco magari la fissazione americana per la salsa marinara si comprende poco—ci sono tanti sughi rossi molto più buoni—e ovviamente mangiare il pollo con gli spaghetti è un’esperienza che credo non ripeterò. C’è piuttosto un’altra questione alla base di questo piatto: rappresenta bene quello che, mi immagino, sia stata la dinamica che ha portato a molte variazioni pensate dagli immigrati italiani rispetto alla cucina italiana, ovvero l’applicazione di una serie di tecniche a materie prime più ricche. Perché friggere e condire delle melanzane, se la stessa cosa si può fare con il pollo? Lasciate stare il fatto che la nostra parmigiana sia molto più buona: il ragionamento ha senso.

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Come ha spiegato bene Giorgia Cannarella in questo articolo, infatti, la cucina italo-americana nacque da una reazione socio-economica: costumi italiani, per lo più di matrice regionale e rurale, che incontrarono l’opulenza dell’economia americana. Di colpo contadini affamati, la cui dieta prevedeva pochi alimenti, si trovarono di fronte alla possibilità di acquistare uova, carne e molto altro con facilità.

Noi siamo abituati a prenderli in giro, a snobbare gli italo-americani come una sorta di parodia gonfiata dagli stereotipi più grossolani sull’Italia, ma in fin dei conti è una comunità molto interessante se ci pensate bene. Una costola della nostra cultura che si è staccata, portando con sé una serie di attitudini e facendole poi germogliare in qualcosa di diverso. Anche in cucina.

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