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Cibo

I giovani greci che combattono la crisi economica con la birra artigianale

Alcuni birrai greci stanno riscuotendo successi nonostante la crisi finanziaria e l'eterno amore fra la Grecia e il vino.
Foto di Michalis Kyriazides

Dopo anni di difficoltà a trovare lavoro ad Atene, la sua città Natale, Yiannis Papathanasiou (un ingegnere meccanico) ha deciso semplicemente di mollare il colpo, lanciandosi a piè pari nel settore della birra. E così, la scorsa primavera, ha aperto un microbirrificio a Sparta, in Grecia.

L’ho incontrato durante un pomeriggio particolarmente afoso d’agosto, dopo che aveva passato tutta l’estate a vendere la sua Sparta Beer, una pale ale, proprio davanti al suo birrificio nella valle verdeggiante delle montagne di Taygetos, in un paesino vicino a quello in era cresciuta sua madre. “Sono stanco ma felice.”

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Foto cortesia di Sparta Beer.

La Grecia, dove il buon vino è tradizione, ha subito un tracollo nelle vendite dei superalcolici in questi ultimi anni di crisi finanziaria, alzando però quelle (e questo è un dato sorprendente), delle birre artigianali locali. Sebbene non si tratti di un rialzo considerevole, è interessante notare come un settore quasi inesistente prima della crisi economica del 2009 si sia rivelato poi uno di quelli più attivi.

Il numero di microbirrifici è più che raddoppiato negli ultimi due anni, sia nell’entroterra che nelle isole, passando da 15 a 40 (stando a quanto affermato dall’ Hellenic Brewers Association).

Come Papathanasiou, la caratteristica che unisce molti dei proprietari di questi nuovi birrifici è il livello d’istruzione elevato che poi, però, non ha garantito loro un’entrata nel mondo del lavoro (a oggi la Grecia presenta uno dei tassi maggiori di disoccupazione nell’UE). E ancora, esattamente come Papathanasiou, avevano tutti bisogno di capire cosa fare del proprio futuro. Giovani e prevalentemente di sesso maschile, i gestori dei nuovi birrifici greci condividono anche una grande passione per la birra, nonché un forte desiderio di poter aiutare un Paese finanziariamente distrutto. Insieme, stanno ponendo le basi per una cultura della birra che, in Grecia, non aveva mai veramente preso piede.

Il primo microbirrificio indipendente d’Atene è stato aperto un anno fa da quattro amici d’infanzia, tutti sui trent’anni, in un vecchio garage per automobili. “Quello che stiamo facendo è difficile, ma lo amiamo,” mi racconta Jason Panagiotopoulos, uno dei quattro amici, che di professione faceva il giornalista in una radio greca. Nonostante un lavoro lui lo avesse, Panagiotopoulos decise d’intraprendere la carriera da birraio assieme a quelli che ora sono i suoi soci – due ingegneri e un tecnologo alimentare.

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Foto di Michalis Kyriazides.

I racconti di Panagiotopoulos presentano similitudini con quelli di Papathanasiou, il fondatore della Sparta Beer, perché entrambi (così come gli amici del primo), amavano produrre birra in casa, e il loro amore per questa bevanda è cresciuto negli anni con i viaggi e la possibilità di assaporare gusti e qualità di birra diverse. È anche per questo che due anni fa dopo essersi resi conto dei microbirrifici nati lungo tutta la Grecia, i quattro amici hanno capito di dover mettere a frutto la propria passione regalando finalmente anche ad Atene il primo birrificio artigianale. Per farlo hanno attinto dai propri risparmi, facendosi aiutare anche dalle famiglie, aprendo ufficialmente il Noctua nell’agosto del 2016.

Le loro primissime birre sono state una black Ipa chiamata Night Vision, e una pale ale chiamata Head Twister, ed entrambe son valse premi prestigiosi all’ International Beer Challenge di quest’anno (tutti i nomi delle birre sono ispirati dal logo e dal nome del birrificio, che richiama le civette Athene noctua simbolo della città). Le sfide per il team del Noctua, però, non sono finite. I quattro gestori del locale stanno ancora cercando di ampliare la propria clientela, perché portare sempre più greci ad apprezzare il gusto forte, fresco e non pastorizzato delle birre artigianali non facile.

Per decenni, infatti, la cultura della birra greca ha visto primeggiare quasi esclusivamente le grandi marche di provenienza estera, come la Heineken e quelle del gruppo Carlsberg. Queste grandi marche, tutte fermentate in Grecia, includono anche birre chiare come la Mythos o la Fix, che sicuramente voi stessi avrete sorseggiato almeno una volta seduti a una taverna pittoresca in riva al mare (o comunque in qualsiasi altro posto in Grecia).

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I greci sono grandi amanti del vino. Quando pensano alla birra immaginano automaticamente quelle chiare, frizzanti e rinfrescanti tipiche dell’estate, come la Heineken. Io credo sia perché prima, semplicemente, non avessero molta altra scelta,” esordisce Marios Mantzoukis, proprietario del Barley Cargo (uno dei primi bar birrificio artigianali d’Atene). Ci sono comunque stati un po’ di fari nella notte della (mancata) cultura della birra anche prima di quest’ondata di microbirrifici, come il Septem, che ha aperto nel 2009 e ora venda alcune delle birre artigianali più famose del Paese. “ Le birre artigianali sono complesse, molto più aromatiche… e più i greci le assaggiano, più le amano.

Sia i proprietari della Noctua che della Sparta Beer vendono le proprie birre al Barley Cargo, un bar specializzato nelle birre artigianali greche. Se nel 2012, anno in cui Mantzoukis lo aveva aperto, le birre artigianali greche fra cui poter scegliere erano 60, ora il numero è arrivato a 200. Nel suo Barley Cargo Mantzoukis vende 70 birre a rotazione, di cui 17 alla spina. “ Quello che sta succedendo è nuovo ed entusiasmante. Molte persone pensavano io fossi pazzo quando ho aperto il bar, ma sta andando bene. Mi piace insegnare agli altri quello che so sulla birra,” continua Mantzoukis. “ E mi piace anche vedere giovani talenti cimentarsi in questo campo, perché vedono delle opportunità per farlo.”

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Foto cortesia di 56 Isles Brewery.

Questi giovani produttori di birra stanno riscontrando successi, però su piccola scala. Molti di loro vendono le proprie birre solo nei bar locali, nei ristoranti o a turisti e passanti curiosi. A correre in loro aiuto è arrivata l’ondata di supporto generale verso qualsiasi prodotto locale, sebbene in Grecia, complessivamente, il consumo di birra sia statisticamente uno dei minori in Europa. Tuttavia, sebbene ai greci la birra artigianale locale inizi a piacere, l’ostacolo dei costi (più alto rispetto a quelli di una Mythos o Heineken), è ancora alto. Se infatti potete trovate una Mythos a 3 euro al bar, una birra artigianale raramente la pagherete meno di 6 euro. A questo fattore bisogna anche sommare quello dei rapporti storici fra i colossi birrai e i bar, i ristoranti e i locali del Paese, che rendono difficile ai birrai locali di stabilire dei contatti duraturi.

Nicolas Pavlakis e Marinos Alexandrou nel loro 56 Isles. Foto cortesia di 56 Isles Brewery.

“Il nostro non è un settore facile. Però è anche vero che è difficile per chiunque provi ad aprire un’attività in Grecia ora,” mi racconta Marinos Alexandrou, il trentacinquenne comproprietario del 56 Isles, il primo microbirrificio di Paros (una delle 56 isole dell’Arcipelago delle Cicladi, nel mare Egeo). Nato a Cipro, Marinos Alexandrou ha vissuto a Londra per 15 anni prima di aprire il suo microbirrificio con un amico, Nicolas Pavlakis, un trentaduenne originario dell’isola. Il due si sono conosciuti a Londra, quando Pavlakis studiava finanza. Insieme hanno imparato ad amare la birra, condividendo poi il desiderio d’instillare questa passione anche nei cuori dei greci. La loro pilsner bionda, che nasce proprio dall’orzo di Paros, ha vinto il Great Taste Award di quest’anno, uno dei premi in palio nella competizione organizzata dalla Guild of Fine Food nel Regno Unito.

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Aprire e gestire un birrificio in Grecia non è facile. Il costo iniziale può arrivare a superare la soglia dei 200000 euro, e alcuni produttori si ritrovano costretti ad attingere dai risparmi di famiglia. Altri riescono a usufruire anche dei sussidi rilasciati dall’Unione Europea, o a chiedere prestiti in banca. Poi però arrivano comunque le tasse (altissime) da pagare e gli scogli burocratici, come ci racconta ona delle poche donne del settore, Ioanna Sidiropoulou.

Ioanna Sidiropoulou, birraia del Elis Brewery. Foto cortesia di Elis Brewery.

Sidiropoulou (di 30 anni), gestisce l’Elis Brewery nel sudovest della Grecia, vicino a Olimpia, la città dei famosi giochi. Dopo aver lavorato come ingegnere chimico in Grecia, ha lasciato la madrepatria per studiare la birrificazione in Scozia, lavorando poi per l’autoproclamato birrificio punk scozzese Brewdog, che ora vanta una delle crescite più veloci in tutto il Regno Unito.

Nonostante amasse il lavoro in Scozia, la nostalgia di casa aveva iniziato presto a farsi sentire. Così due anni fa, dopo qualche ricerca online, ha trovato per caso un’azienda vinicola interessata ad aprire un birrificio, che ora gestisce lei. Tutte le sue pale ale, pilsner e porter vengono lavorate con cura, ma lei ha comunque sempre voglia di “sperimentare e reinventare.”

Sulla questione “birra artigianale in Grecia,” e “voglia di innovazione dei birrai,” tuttavia, ci sono altri punti da toccare, e van ben oltre la predisposizione degli abitanti del Paese verso gusti più commerciali.

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Una legge molto restrittiva del 1922 (che a sua volta prende spunto da una tedesca del Cinquecento), ha praticamente impedito ai birrai di sperimentare con frutta fresca ed erbe aromatiche, sebbene siano decisamente disponibili in abbondanza su tutto il territorio. Questa legge è cambiata quest’estate, ma ci sono ancora un sacco di cavilli da dover sormontare.

Angelos Ferous e Jano Bako della Mykonos Brewing Company. Foto cortesia di Mykonos Brewing Company.

Qui in Grecia tutto deve essere regolamentato. Tutto quello che proviamo a fare con la birra, che sia aggiungere del rosmarino o della citronella, deve seguire un iter burocratico lunghissimo e pesante,” rivela Angelos Ferous, comproprietario del primo birrificio di Mykonos (un’altra isola delle Cicladi e luogo di culto per i festaioli di tutto il mondo).

Foto cortesia della Mykonos Brewing Company.

Anche Ferous è un ingegnere ed ha frequentato lo stesso programma di Sidiropoulou e lavorato poi al Brewdog. Dopo il suo debutto (avvenuto con una blonde saison e una pale ale fermentata con luppoli provenienti dalla Costa Occidentale degli USA), Ferous mi rivela il suo desiderio di accrescere sempre più la cultura della birra in Grecia. Le sue birre stagionano nelle botti per il vino e sogna di lanciare la prima sour ale greca usando i ceppi di lactobacillus che si trovano negli yogurt greci, e l’acido lattico dei formaggi. Ovviamente prima dovrà ottenere varie approvazioni dalla burocrazia greca.

Ferous mi racconta anche un po’ del fenomeno degli “zingari birrai,” ossia dei (sempre più numerosi) produttori di birra greci che non gestiscono un birrificio ma lo affittano da altri per dare sfogo alla propria creatività. Alcuni di questi hanno dato vita a delle birre davvero originali, come la Strange Brew e la Flaros.

“Penso ci siano tantissimi giovani greci che vogliono davvero produrre birre artigianali uniche e audaci. Ci vorrà tanto impegno, ma ce la faremo. Dopotutto, siamo fortunati: stiamo lavorando a qualcosa di nuovo, verso cui nutriamo una grandissima passione,” conclude Ferous.