Il curioso caso della zuppa di cipolle francese, la cura parigina del post sbornia
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Il curioso caso della zuppa di cipolle francese, la cura parigina del post sbornia

C'entrano un cimitero "mangia carne," i #firstworldproblems di Re Luigi XV, ed Émile Zola.

“Non la puoi incasellare in una singola categoria sociale. Non è una questione di ricchi o poveri: la zuppa è per tutti.”

Se vi capiterà mai di partecipare al ricevimento di un matrimonio francese, non stupitevi troppo se dopo la torta vi sarà servita una zuppa di cipolle.

Ora forse vi chiederete il perché di quest’usanza. A quanto pare la zuppa di cipolle è l’equivalente francese della fetta di pizza delle 2 del mattino, e la sua storia da cura per il post sbornia può essere fatta risalire a uno dei mercati del cibo più grandi di Parigi.

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Foto dell'autrice.

Fondato nel 1135 da re Philippe-Auguste, il mercato di Les Halles era inizialmente piccolo e all’aria aperta, ma è ben presto fiorito prosperando a tal punto da rendere necessaria la costruzione di un muro che lo separasse dal vicino Cimitero degli Innocenti. Tuttavia, mentre il mercato si espandeva, il cimitero cadeva in un vortice peculiarmente grottesco e putrido, tra terricci magici “mangia carne” che portavano i corpi a decomporsi nel giro di poche settimane e altre testimonianze.

Fra queste c’era quella dello scrittore Louis-Sébastien Mercier che (e siamo già nel Diciottesimo secolo), sosteneva il cimitero “intaccasse” la vita e la salute degli abitanti del vicinato con il suo olezzo putrefazione, il cui presagio di morte “mandava a male i brodi e il latte in qualche ora.” A causa di tutto ciò, già nel Diciannovesimo secolo le autorità della città si erano ritrovate costrette a trasferire le ossa del cimitero alle Catacombe, lasciando ulteriore spazio sempre a quel mercato che, non molto tempo dopo, Émile Zola soprannominerà “il ventre di Parigi.”

I quasi 25 acri di terreno di Les Halles attraevano chiunque, a prescindere dalla classe sociale d’appartenenza. Vi mettevano piede sia i professionisti del settore commerciale, che i cittadini più poveri della città, attratti dalla cosiddetta “immensa dispensa” che lo scrittore Philippe Mellot aveva menzionato nel suo libro La vie secrète des Halles de Paris.

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Giunti al mercato, i più poveri dei poveri si fiondavano sugli arlequins (così chiamati per via dell’aspetto coloratissimo), che consistevano in svariati piatti riempiti degli avanzi di alcuni dei banchetti più succulenti della città. Ogni singolo piatto includeva più portate, dagli appetizer al dessert. Chi invece poteva contare su disponibilità economiche leggermente maggiori, diventata cliente abituale dei venditori di zuppe, egregiamente descritti da Émile Zola nel suo Le Ventre de Paris:

“All’angolo del marciapiede s’era formato un folto capannello di persone intorno a una venditrice di zuppa di cavoli. Il pentolone in latta stagnata pieno di brodaglia fumava sopra un fornelletto basso, da cui fori si intravedeva il pallido chiarore della brace. La donna, armata d’un mestolo, prendeva delle fettine di pane da un cestino foderato di stoffa e versava la zuppa in tazze gialle.”

Questa zuppa, seppur certamente calda, era spesso diluita in molta acqua e, stando all’autore Alexandre Privat d’Anglemont, doveva il suo colore giallastro alla mistura di carote, caramello e cipolle bruciate (uno degli ingredienti cardine delle zuppe dei più poveri del Paese).

Più in generale, infatti, la zuppa di cipolle è presente da talmente tanto tempo nel repertorio culinario francese, che è praticamente impossibile rintracciarne l’origine esatta. Sebbene alcuni ne attribuiscano la paternità a Re Luigi XV, che di ritorno da una battuta di caccia si sarebbe ritrovato a dover cucinare una zuppa calda solo con cipolle, burro e Champagne (poverino…), altri sostengono Luigi abbia “rubato” l’idea a Stanislas Leszczynski, duca della Lorena nonché padre della Regina. Secondo questa versione, Stanislas avrebbe assaggiato per la prima volta una zuppa di cipolle in un’osteria dello Champagne, rimanendone talmente deliziato da chiedere come venisse preparata. Lo scrittore Alexandre Dumas aveva trattato queste vicende nel suo Grand dictionnaire de cuisine, sostenendo che nonostante la cipolla avesse irritato gli occhi del duca, era poi riuscito comunque a ricopiare su di un foglio l’intera ricetta.

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In realtà la zuppa di cipolle può essere fatta risalire a ben prima di Re Luigi e di Stanislas; una versione del Quattordicesimo secolo del libro di cucina Viandier, fa riferimento a sottili fettine di cipolla spennellate nel burro e guarnite con purea di piselli (o acqua), e verjus.

Qualsiasi sia la ricetta originaria, comunque, è tra i ristoranti di Les Halles (come il Poule au Pot, il Chez Baratte o il Pied de Cochon), che la zuppa di cipolla ha raggiunto la fama di cui gode ora, principalmente grazie all’aggiunta di un altro elemento chiave: la gratinatura.

José Dofour, manager del Pied de Cochon, racconta così le zuppe dei poveri: “si trattava di zuppe semplici, a base di cipolla, carne jus, brodo e pane; la zuppa di cipolle è davvero in giro da tantissimo tempo. All’epoca, poi, era davvero economica.”

Poi però, grazie all’aggiunta della gratinatura, tutti quei ristoranti hanno trasformato la zuppa di cipolle dei poveri nel piatto che ora è globalmente riconosciuto come la Gratinée des Halles, e che inizialmente divenne sia la colazione dei “forzuti de Les Halles,” così chiamati per la forza fisica richiesta per il loro lavoro, che la cura dei post sbornia per gli amanti dei cabaret e della vita notturna parigina.

“All’epoca la scena parigina attorno a Les Halle era divisa tra macellai, che con i loro camici bianchi tagliavano la carne, e gli amanti della bella vita notturna. Questi erano sia uomini che donne, vestiti di tutto punto con gonne eleganti e smoking,” continua Dufour. “Quindi, piano piano, il mercato iniziava ad essere frequentato da estrazioni sociali diverse.”

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Il Les Halles notturno dell’epoca, ora, non c’è più. Il mercato in sé è stato trasferito a Rungis, vicino all’aeroporto di Orly, negli anni Settanta e, sempre piano piano, questa parte di Parigi è diventata un po’ come tutte le altre. I ristoranti che erano soliti aprire al tramonto e chiudere all’alba ora servono i propri piatti durante il giorno (il Pied de Cochon è stato il primo a iniziare a lavorare al sorgere del sole).

Però, sebbene la natura notturna di questa zona sia andata perduta, la zuppa di cipolle è rimasta uno dei piatti fondanti della cucina, come dimostrato dal menu del Pied de Cochon.

“La zuppa di cipolla gratinata non ha mai lasciato il nostro menù,” rivela sempre Dufour, che mi racconta fieramente come ogni giorno dalla cucina del ristorante escano tra le 150 e le 200 ciotole di zuppa, pronte a soddisfare il palato di svariati clienti.

“I clienti sono davvero diversissimi l’uno dall’altro. C’è chi viene da noi dopo o prima di aver fatto un salto in un nightclub, e c’è chi lavora di notte e sceglie noi per mangiare qualcosa di caldo durante la pausa. C’è chi lavora negli ospedali, nella polizia o per la SNCF. Da noi viene chiunque..

Foto cortesia del Pied de Cochon

Ovviamente in questi “chiunque” dobbiamo includere anche i turisti. Il Pied de Cohon è diventato una delle destinazioni imprescindibili dei visitatori di Parigi, soprattutto di quelli che non vedono l’ora di assaggiare quello che, di fatto, è uno dei piatti più famosi della città (e diciamo pure che, in linea di massima, è assolutamente comprensibile che un piatto così semplice quanto ricco di cipolle caramellate, brodo, crostini di pane e gruviera attragga così tante persone).

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Il Pied de Cochon non dimentica d’includere davvero tutti in questo rito. Da ormai dieci anni, infatti, grazie a una collaborazione con la vicina chiesa di Sant’Eustachio, provvede a distribuire la zuppa di cipolle alle persone meno abbienti della città.

“Durante quello che chiamiamo ‘il giorno della zuppa,’ che occorre la seconda domenica di ogni gennaio, serviamo la zuppa di cipolle nella nostra chiesa,” spiega il presidente della Soupe Saint-Eustache, Gérard Siebel. “Durante quest’occorrenza il Pied de Cochon arriva a preparare fino a 400 zuppe, a volte persino di più.”

Foto cortesia del Pied de Cochon

Il ricordo del vecchio mercato è impercettibile nella moderna Parigi, e permane quasi solo grazie alla fermata della metropolitana che ne riporta il nome. La zuppa di cipolle, invece, rimane l’eco più forte del suo glorioso passato.

“Non la puoi incasellare in una singola categoria sociale,” conclude Dufour. “Non è una questione di ricchi o poveri: la zuppa è per tutti.”

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Quest'articolo è originariamente apparso su Munchies US.