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La guida di VICE alle Elezioni

I personaggi più strani della politica italiana che non avete mai sentito

Il parà che sparava in aria ai comizi, l'eroina a Montecitorio, il terrorista candidato con l'MSI.
Collage via Wikimedia Commons/Archivio La Stampa.

Questo articolo fa parte della nostra rubrica sugli anni Settanta in collaborazione con Spazio70, una pagina Facebook di approfondimento sociale, culturale e politico su quel periodo della storia italiana.

Sotto alcuni aspetti, è negli anni Settanta che le campagne elettorali in Italia hanno iniziato a cambiare per somigliare sempre più a quelle a cui siamo abituati oggi.

In quel decennio, per esempio, abbiamo assistito ai primi casi di vip del cinema e della tv che si affacciavano alla politica—come Renato Pozzetto, che nel 1979 provò a candidarsi senza successo nel Partito Repubblicano, Giorgio Albertazzi e Tinto Brass, che correvano per i radicali, o Claudio Villa, chiamato da Bettino Craxi ma che rinunciò perché doveva andare in tour.

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Ma in quegli anni la politica è stata attraversata anche da personaggi oggi dimenticati e con trascorsi particolari, insoliti o direttamente controversi. Abbiamo pensato di raccontare alcune di queste storie degli anni Settanta, quando il clima di tensione, il dilagare del terrorismo politico e l'esplosione dell'eroina erano parte delle elezioni.

ANTONIO CANEPA E L'EROINA

A sinistra, Antonio Canepa (via Camera dei Deputati). A destra, un articolo dell'epoca (via Archivio La Stampa).

Quella di Antonio Canepa è la storia di un giovane e brillante parlamentare socialista, assistente presso la facoltà di scienze politiche dell’Università di Genova e figlio di un combattente antifascista, considerato da molti colleghi una promessa della politica italiana. Nel 1972, quando varca per la prima volta le soglie del parlamento, Canepa ha 32 anni. Non si sa esattamente quando né perché abbia iniziato con l'eroina—c'è chi dice sia successo proprio in concomitanza con l’ingresso nella Camera dei deputati. Ciò che è certo è che ne è già completamente dipendente quando, alle elezioni del 1979, viene presentato come capolista del PSI al posto di Sandro Pertini, ottenendo oltre 20mila preferenze.

"Mi facevo dieci dosi a settimana", dichiarerà qualche anno dopo, "e un grammo di eroina mi costava duecentomila lire." Lo stipendio da parlamentare non gli basta e per comprare droga Canepa arriva a vendere un prezioso quadro di Giorgio de Chirico. È solo nel 1981 che la storia viene alla luce, con grande imbarazzo del suo partito, nell’ambito di un procedimento penale a carico di due spacciatori. In quell'occasione, interrogato come testimone, Canepa è costretto ad ammettere di essere dipendente dall'eroina. Dice di considerare la sua condizione alla stregua di una malattia, dalla quale si ritiene pronto a guarire avendo già intrapreso un arduo percorso di disintossicazione. Purtroppo non sarà così: Antonio Canepa morirà di overdose il 31 marzo 1983, nel bagno della propria casa di Genova, a 43 anni.

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PIERLUIGI CONCUTELLI, IL CANDIDATO LEGATO AL TERRORISMO

A sinistra, Concutelli fa il saluto romano al momento dell'arresto (via Wikimedia Commons). A destra, un articolo dell'epoca sul personaggio (via Archivio La Stampa).

Il 4 aprile del 1975, nel pieno degli anni di piombo, una bomba esplode a Palermo presso la sede del quotidiano L'ora, senza fare vittime. L'attentato viene rivendicato da un volantino firmato da una strana sigla: FULAS, Fronte Unitario di Lotta al Sistema. Si tratta di un'organizzazione neofascista che fa attentati dimostrativi in Calabria e in Sicilia. Il suo membro più di spicco è tale Pierluigi Concutelli, che in seguito diventerà uno dei volti più noti del terrorismo di estrema destra, ma che in quel momento aspira a fare il consigliere comunale a Palermo, dove è candidato per il Movimento Sociale Italiano.

Quando si butta in politica Concutelli è già stato arrestato due volte—prima nel 1969, quando viene sorpreso a esercitarsi con armi da guerra in un accampamento paramilitare assieme ad altri neofascisti, e poi qualche anno dopo per rissa. La sua carriera politica finirà prima di cominciare: prenderà solo un migliaio di voti. Ben maggiori soddisfazioni gli arrivano invece dalla criminalità: nello stesso periodo, oltre a fare campagna elettorale, Concutelli si preoccupa di organizzare la logistica di un sequestro di persona che avverrà in Puglia un mese dopo le elezioni, ai danni di Luigi Mariano, azionista della Banca Agricola Salernitana. Il colpo riuscirà e Concutelli abbandonerà definitivamente la politica per una carriera in clandestinità che—dopo l’assassinio del giudice Vittorio Occorsio e una rapina da mezzo miliardo di lire al Ministero del Lavoro—si concluderà con qualche ergastolo e un paio di omicidi in carcere.

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SANDRO SACCUCCI, CHE SPARAVA IN ARIA AI COMIZI

A sinistra, Sandro Saccucci (via Wikimedia Commons); a destra, articoli di giornale dell'epoca su di lui (via Archivio La Stampa).

Nel 1973 Mario Monicelli porta al cinema Vogliamo i colonnelli, una commedia che ironizza sul recente tentativo di colpo di stato del neofascista Junio Valerio Borghese. Nel film Ugo Tognazzi interpreta l'onorevole Tritone, un personaggio parzialmente inspirato a una figura realmente esistita: quella di Sandro Saccucci, ex tenente della Folgore, entrato in parlamento con l'MSI nel 1972 dopo aver scontato 11 mesi di detenzione per il suo presunto coinvolgimento proprio nel golpe Borghese—accusa dalla quale verrà poi definitivamente prosciolto.

Durante la campagna elettorale per le elezioni politiche del 1976, Saccucci si rende protagonista di una tragica vicenda accaduta a Sezze, un paesino del Lazio. Giunto sul posto per un comizio, il parlamentare si ritrova a dover fronteggiare l’ostilità di un gruppo di attivisti di estrema sinistra: di fronte alle contestazioni scende dal palco, tira fuori la pistola e inizia a sparare in aria. Per alcuni neofascisti che si trovano nei paraggi quei colpi in aria sono come un segnale. Anche loro si mettono a sparare e per strada rimane un morto, il giovane militante di sinistra Luigi Di Rosa. Saccucci sarà rieletto in parlamento ma non ci entrerà mai: condannato a 12 anni di reclusione per concorso morale in omicidio—pena poi ridotta in appello a otto anni—fugge in Argentina, dove verrà arrestato nel 1985, poco prima di venire definitivamente assolto dalla Cassazione, grazie anche alla difesa dell’avvocato Taormina.

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DOMENICO PITTELLA, IL MEDICO IN RAPPORTI CON LE BR

A sinistra, Domenico Pittella (via Wikimedia Commons); a destra, un articolo di giornale dell'epoca (via Archivio La Stampa).

Chi invece in parlamento ci resterà a lungo è Domenico Pittella—padre di Gianni, l'ex candidato alle primarie del PD sconfitto da Matteo Renzi ed ex vicepresidente del Parlamento Europeo—che viene eletto per la prima volta tra le fila del PSI nel 1972 e riconfermato nel 1976.

Medico chirurgo, Pittella è proprietario di una clinica privata in provincia di Potenza, dove opera personalmente: nel giugno del 1981, gli capita come paziente una ragazza di 23 anni con una gamba prossima alla cancrena per una ferita d'arma da fuoco. La opera immediatamente e al termine dell'operazione non rilascia alcun referto. Si tratta di Natalia Ligas, terrorista della Brigate Rosse rimasta ferita in un conflitto a fuoco nel tentativo di uccidere l’avvocato del pentito Patrizio Peci.

La faccenda diviene di dominio pubblico solo due anni dopo. Secondo alcuni collaboratori di giustizia, Pittella avrebbe messo la propria struttura a disposizione delle BR per chiedere un favore ai terroristi: il sequestro del deputato socialista Fernando Schettini. Il medico respinge le accuse, definendole prive di senso, ma viene comunque espulso dal PSI e accusato di banda armata. Finisce a Regina Coeli, dove sconta due anni prima di ottenere la libertà condizionata in attesa della sentenza. La Corte d'Appello lo condanna a 12 anni di carcere, la Cassazione nel 1993 abbrevia la sentenza a dieci anni. Comunque troppi per Pittella, che si dà alla latitanza in Francia: si costituirà nel 1999, un anno prima di venire graziato dal presidente Ciampi.

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