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Cibo

Ho scroccato un viaggio su un treno Alta Velocità mangiando nella carrozza ristorante

Ovviamente non rifatelo mai, anche perché è faticosissimo.
Andrea Strafile
come raccontato a Andrea Strafile
Rome, IT
Foto di Jurjen van Enter via Flickr 

L’idea di fondo è: chi si permetterà mai di chiedere il biglietto a uno che lavora nella finanza ben vestito intento a lavorare al pc sorseggiando il loro caffè?

"Sono le 9 di mattina del giorno del mio compleanno e ho l’irrefrenabile desiderio di partire per Milano. Non ho orari, non ho un biglietto e soldi e sicuramente non ho voglia di mettermi su un pullman di nove ore stipato tra famiglie di turisti spiantati e spacciatori di pessima erba. A questo punto mi viene in mente una di quelle leggende metropolitane che senti sviscerare dai tuoi amici la sera davanti a una birra: 'guarda che se il viaggio lo fai nella carrozza ristorante metà delle volte non ti succede nulla anzi: fai un viaggio veloce e senza spendere un euro. O quasi'.

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Mi immagino la scena e penso che possa funzionare. Al massimo mi sbatteranno fuori dal treno ad Alta Velocità con due bei calcioni nelle chiappe alla prima stazione disponibile, ma sarà comunque centinaia d chilometri più vicina alla mia meta. Francamente un pensiero rincuorante.

Metto quattro cose in valigia, il pc nello zaino, mi rado per bene il viso, indosso la mia cravatta migliore, una bella giacca e esco. L’idea di fondo è: chi si permetterà mai di chiedere il biglietto a uno che lavora nella finanza ben vestito intento a lavorare col computer sorseggiando il loro caffè?

Spero nessuno.

Il primo passo è scegliere la stazione giusta, quella senza tornelli. Il secondo aspettare il treno da prendere; che nel mio caso significa stare fermo in una giornata di pioggia e vento per un’ora e quaranta a causa di un misterioso ritardo sui binari dell’Alta Velocità. Se doveste pensarmi come un personaggio, sarebbe Paperino. Lo so, lo accetto e continuo ad aspettare con un’ansia che si fa strada tra lo stomaco e i polmoni sempre più sottilmente.

Dietro di me arriva un signore con la faccia da collezionista di francobolli, inizia a vedere una puntata sul suo computer e ordina subito una piadina. Oh oh, mi sa che non sono l’unico ad avere certe idee.

Quando finalmente arriva sono già pronto a salire nella carrozza giusta: quella più vicina al ristorante, ma non la prima, desterebbe sospetti. Sistemo il bagaglio sulla cappelliera e, preso da un attimo di panico, entro in bagno pensando che in questo modo nessuno sa quale sia il mio vero posto e che una volta partito il treno non potranno buttarmi fuori dal finestrino.
A volte so essere furbo, il problema è che non me ne accorgo.

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Esco dal bagno e inizia lo show. Vado avanti con aria scazzata fino alla carrozza ristorante, il telefono in tasca e gli auricolari appiccicati: un finanziere riceve chiamate in continuazione, credo. Di sicuro ha l’aria scazzata.

“Un caffè, per favore”
“Lungo?”
“Lunghissimo. È il mio compleanno e devo lavorare, mi serve come l’aria”
“Ah, auguri. Allora questo lo offriamo noi”

Bene : )

Tiro fuori la moleskine, la penna di un Hotel lussuoso e il pc, non sapendo bene cosa fare. Lo accendo, trovo il wifi e mi ci attacco. Ho praticamente Spotify e Netflix per diverse ore, le cose stanno andando molto meglio di come pensavo e mi rilasso. Per mostrarmi impegnato faccio scarabocchi sul taccuino e premo tasti a caso su word, il tutto con uno sguardo impegnatissimo come se stessi lavorando per acquistare una multinazionale del tabacco.

I caffè diventano due, poi tre. La transazione per il tabacco pare stia procedendo a gonfie vele.

Dietro di me arriva un signore con la faccia da collezionista di francobolli, inizia a vedere una puntata sul suo computer e ordina subito una piadina. Oh oh, mi sa che non sono l’unico ad avere certe idee.

Il treno procede spedito nei suoi invisibili 300 km orari, i miei scarabocchi assumono un senso e il controllore mi passa accanto salutandomi con un cenno del cappello e sparisce nel tunnel delle carrozze.

Al caffè si è unita una merendina, il signore dei francobolli ordina un altro piatto caldo e capisco che fa un grosso errore. Immaginatela come una partita a scacchi: l’apertura migliore è quella che ti fa vincere sfiancando, non subito. È un bel rischio.

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Insomma: perché devi mangiare due piatti corposi uno dietro l’altro alle 11 di mattina? Perché il miglior modo di nascondersi a volte è mostrarsi. Ma non sempre. E infatti ecco che il controllore torna dalla sua passeggiata costretta e si ferma dal mio amico chiedendo il biglietto. Ovviamente non ce l’ha.

Io sono al bancone e chiacchiero con Domitilla del bar sorseggiando un bicchiere di rosso che a quell’ora va sempre bene, e faccio la mia migliore faccia schifata per la condizione di poraggine del signore, anche se sotto sotto mi sto cacando addosso che venga da me. E invece ricevo un altro cenno del cappello. Sorrido e inclino il capo. L’ultima volta che vedrò l’uomo dei francobolli sarà quando il treno si fermerà a Firenze e mi guarderà sconfitto.

Ogni minuto che passa mi sento più sciolto, i ragazzi del bar chiacchierano con me della loro vita e si lamentano degli stipendi e all’ora di pranzo prendo una lasagna.

Precotta, nel microonde si trasforma in una sorta di vellutata spalmata su un piatto di plastica. Il sapore è boh, credo nullo sia la parola giusta. È la lasagna più inconsistente e spappolata della mia vita e ho una fame che mi mangerei anche il finto marmo del banco.

Al momento ho speso in totale 13 euro.

La seconda ora è la più difficile: si sta in piedi, non ho più molta voglia di scrivere “ajdhaiusdhiuygdauygdua” sul pc, dato che ne ho riempite due pagine, ho sete, fame, dal bagno arriva un penetrante odore di diarrea e le bariste iniziano a insospettirsi. Forse perché non ho ancora ricevuto una chiamata da una holding. E poi l’illuminazione, il culo: due amici arrivano inaspettatamente al ristorante e passiamo scherzosi momenti mangiando lievitati e bevendo una birra artigianale.

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Resto di nuovo solo, ormai manca una sola stazione e poi, qualsiasi cosa succeda, scenderò dove devo scendere. Il treno riparte, mi allento la cravatta e ordino un prosecco per festeggiare. Due prosecchi e un pacchetto di patatine.

Bevo, pago il conto di tutto quanto – che tra cose offerte e non ammonta a 24 euro - e vado nell’unico posto dove può andare un finanziere: in Executive class

Il carrello dei giornali mi passa accanto e chiedo un quotidiano. Non si può avere, è riservato a chi ha la Prima Classe.

“E dove pensa che sia il mio posto, scusi?”

Non manca nemmeno un’ora all’arrivo, una signora di un certo tipo esce dal bagno correndo con la bocca piena di dentifricio e sputa nel lavandino del bar perché dice che non c’era acqua. Penso che avrebbe potuto farlo nel water, no?

La noia mi assale, le chiacchiere con i ragazzi si fanno diradate e le gambe mi cedono, così chiedo l’ultimo goccio prima di andarmi a riposare. Non ho pensato che non avevo un posto per farlo. Bevo, pago il conto di tutto quanto – che tra cose offerte e non ammonta a 24 euro - e vado nell’unico posto dove può andare un finanziere: in Executive class. I sedili sono enormi, fa un freddo cane e penso che sia fatto per permettere alle signore di indossare la pelliccia ancora per gli ultimi giorni.

Accendo una puntata di Mad Men, mi faccio portare una Coca- Cola e mi rilasso fino alla fine del viaggio. Il controllore è a un sedile da me e mi fa un cenno del cappello. Ricambio inclinando il capo.

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All’arrivo prendo le mie cose con faccia stanca, di chi ha appena iniziato la giornata e dovrà fare ancora molte transazioni e mi avvio all’uscita passando di nuovo nel ristorante. Un ultimo caffè.

Le ruote di ferro stridono, la gente aspetta al binario pronta a partire, ad accogliere.

“Buona giornata, signore.”
“Buona giornata anche a lei”.

Mi guardo attorno nella stazione che brulica di gente in attesa, di persone che vanno nei loro posti con aria spedita e mi prende il rimorso etico di chi ha rubato qualcosa. No, non consiglierei a nessuno di provare a rifarlo, anche perché se prendi il biglietto in tempo - molto in tempo - spendi più o meno quello che ho speso io nel vagone ristorante con la speranza di non farmi sgamare dal controllore."

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